E' USCITO IN QUESTI GIORNI
L'ULTIMO LIBRO
DI SOSTENE SCHENAE' uscito in questi giorno l'ultimo libro del nostro direttore ed è già stata pubblicata la recensione del giornalista Dino Bridda che riportiamo qui sotto.
Il libro è già reperibile nel circuito di Internet (Amazon, Mondadori, Feltrinelli, IBS, ShopLibri, Unilibro, Libreria Universitaria).
FERRAGOSTO A PARADISE ISLAND
Il
titolo del romanzo evoca subito il fascino di lontane spiagge delle Bahamas
dove un rilassante soggiorno è riservato solo a chi comune mortale non è, beato
lui! Infatti, il protagonista è un uomo che per tutta la vita, salvo piccoli
episodi “normali” di dura esistenza, si è portato dietro il peso assai lieve di
un nome - Fortunato - che si è rivelato profetico.
Al
lettore la vita del protagonista è narrata dall’alto di un’età assai avanzata e
di una condizione di assoluto privilegio di chi se ne sta comodamente sdraiato
su un lettino in riva all’oceano, prontamente servito dal waiter, e ha alle spalle nove decenni di vita vissuta
intensamente, senza farsi mancare nulla tra gioie e dolori, amori esaltanti e
amori deludenti, affari e denari, incontri con persone le più diverse, felicità
sfuggenti, momenti appaganti, tristezze e via dicendo.
Nomen omen si dice spesso
per chi ha vissuto in piena sintonia con il proprio nome di battesimo, ma chi
potrebbe immaginare che ciò fosse potuto capitare a un uomo nato in un piccolo
borgo della Valle di Zoldo, nel profondo nord delle Dolomiti, dove il sole
compare poche volte all’anno? E invece, per una volta tanto, la cieca Fortuna
aveva fatto tappa lassù nel suo costante viaggio tra gli umani per distribuire
a caso qualcosa di diverso dalla solita e magra vita del povero montanaro.
Infanzia
e adolescenza di Fortunato parlano di emigrazione come di stimmate che non si
abbandonano mai e restano indelebili per quel popolo storicamente sempre
migrante: genìe intere di peracottari,
gelatieri, zattieri e boscaioli per le strade d’Europa in cerca di fortuna.
Poteva essere questo il suo destino, ma i frangenti della vita non sono
prevedibili se è vero che «Uno su mille ce la fa» come recita una canzone di
Gianni Morandi. E Fortunato ce la fa, mentre nei suoi ricordi i faticosi
sentieri della sua valle si fanno ogni giorno più lontani, sbiaditi e irreali.
Il
Fortunato adulto è un uomo diverso dal giovane montanaro di un tempo. Almeno
così ce lo racconta lui stesso attraverso una miriade di ricordi che il romanzo
riversa al lettore in queste pagine ricche di pensieri, aneddoti, circostanze
di vita turbinose. Quali sono più credibili? I minuziosi ricordi dei tempi più
remoti o quelli più recenti che le sue “Confessioni di un nonagenario”
sciorinano con sicurezza e dovizia di particolari? L’interrogativo si impone,
perché è noto che misteriosi meccanismi psicologici giocano brutti scherzi alla
memoria inducendo ad aggiungere particolari fantasiosi ai propri ricordi. Forse
il nostro nonagenario è caduto nella trappola…
Comunque
sia, considerato che stiamo parlando di un romanzo, glielo si può perdonare. Quanto
ricordato da Fortunato della sua lunga e avventurosa vita deve essere accettato
per più che verosimile, dall’infanzia alla piena maturità e sino alla vecchiaia.
Magari con una punta di invidia che il lettore potrebbe nutrire nei confronti
di Fortunato: chi non desidererebbe starsene comodamente seduto su un lettino
in riva all’oceano, servito di tutto punto, rimuginando nella mente
un’esistenza che, tutto sommato, ha rispettato sino in fondo il significato del
proprio nome?
Perduto
di vista il Fortunato arrancante sui sentieri dolomitici, quasi tutto il
romanzo ci consegna un Fortunato molto più simile ad un personaggio narrato da
Ian Fleming. Però meno spavaldo e cinico. Perché, in fondo, alla bella età di
90 anni Fortunato, a un passo dalla fossa, conclude esclamando: «Ho passato il
più bel Ferragosto della mia vita. Sono stato proprio… fortunato. Nomen omen!». Già, davanti ad un
defibrillatore-salvatore non si può mentire. Fortunato a 90 anni, fortunato
tutta la vita. E in fin dei conti la fortuna non è una colpa, è solo un
privilegio di pochi. Beati loro? Mah…
Dino Bridda
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