Coldiretti: riaprire gli agriturismi
Speriamo sia una provocazione...
Bar e ristoranti resteranno chiusi al pubblico fino all’1 giugno, ma qualcuno vorrebbe riaprire quel tipo di attività per via di caratteristiche ritenute idonee. Un rischio, troppe discriminanti.
Pochi se lo aspettavano così severa e invece la Fase 2 annunciata da Conte lo è anche, forse soprattutto, per bar e ristoranti che potranno iniziare a svolgere attività di take away in aggiunta a quella di delivery, ma che dovranno attendere l’1 giugno per riaprire integralmente i battenti.
Va ribadito che il blocco di queste attività di ristorazione incide non poco anche sul business delle imprese agroalimentari Made in Italy, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco e sui quali gravano anche le difficoltà all’esportazione con molti Paesi stranieri che hanno adottato le stesse misure di blocco alla ristorazione. Da quando è cominciata la pandemia in Italia il 57% delle aziende agricole ha registrato una diminuzione dell’attività - secondo l’indagine Coldiretti/Ixè - con un impatto che varia da settore a settore con picchi anche del 100% come per l’agriturismo dove sono chiuse per le misure anti contagio tutte le 24mila strutture italiane.
Fino a qui tutto chiaro e poco da discutere, almeno per quanto riguarda i numeri. Coldiretti tuttavia auspica un’anticipazione dell’apertura per gli agriturismi che, spesso situati in zone isolate della campagna in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto, sono forse (sempre secondo Coldiretti) i luoghi dove è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche. «Con l’arrivo della bella stagione - prosegue una nota - sostenere il turismo in campagna significa anche evitare il pericoloso rischio di affollamenti al mare e anche per questo le strutture agrituristiche devono poter ripartire all’inizio di maggio riaprendo i cancelli della cascine, i percorsi naturalistici e gli spazi a tavola dove assaggiare le specialità della tradizione contadina dell’enogastronomia Made in Italy».
Il dubbio sorge spontaneo: si tratta di una provocazione o di un’idea scriteriata? Se fosse una provocazione per trascinare l’intero comparto della ristorazione e del turismo si può accettare perché aggiungerebbe un peso in più all’opinione degli addetti ai lavori. Se fosse un’idea reale allora ci sarebbe da preoccuparsi. La discrezionalità generebbe senza dubbio una tensione all’interno del settore non indifferente: perché i ristoranti no, ma gli agriturismi sì? Senza contare che è vero che gli agriturismi sono in zone piuttosto isolate dove regnano gli spazi aperti di convivialità, ma è anche vero che per raggiungerli occorre spostarsi con mezzi propri e percorrere diversi chilometri, generando traffico e tutto ciò che uno spostamento non breve comporta a livello di rischio di assembramenti, contagi, ripresa delle abitudini di sempre che ora non possiamo permetterci. iTALIAATAVOLA
Follia pensare di aprire gli agriturismi
Va ribadito che il blocco di queste attività di ristorazione incide non poco anche sul business delle imprese agroalimentari Made in Italy, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco e sui quali gravano anche le difficoltà all’esportazione con molti Paesi stranieri che hanno adottato le stesse misure di blocco alla ristorazione. Da quando è cominciata la pandemia in Italia il 57% delle aziende agricole ha registrato una diminuzione dell’attività - secondo l’indagine Coldiretti/Ixè - con un impatto che varia da settore a settore con picchi anche del 100% come per l’agriturismo dove sono chiuse per le misure anti contagio tutte le 24mila strutture italiane.
Fino a qui tutto chiaro e poco da discutere, almeno per quanto riguarda i numeri. Coldiretti tuttavia auspica un’anticipazione dell’apertura per gli agriturismi che, spesso situati in zone isolate della campagna in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto, sono forse (sempre secondo Coldiretti) i luoghi dove è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche. «Con l’arrivo della bella stagione - prosegue una nota - sostenere il turismo in campagna significa anche evitare il pericoloso rischio di affollamenti al mare e anche per questo le strutture agrituristiche devono poter ripartire all’inizio di maggio riaprendo i cancelli della cascine, i percorsi naturalistici e gli spazi a tavola dove assaggiare le specialità della tradizione contadina dell’enogastronomia Made in Italy».
Il dubbio sorge spontaneo: si tratta di una provocazione o di un’idea scriteriata? Se fosse una provocazione per trascinare l’intero comparto della ristorazione e del turismo si può accettare perché aggiungerebbe un peso in più all’opinione degli addetti ai lavori. Se fosse un’idea reale allora ci sarebbe da preoccuparsi. La discrezionalità generebbe senza dubbio una tensione all’interno del settore non indifferente: perché i ristoranti no, ma gli agriturismi sì? Senza contare che è vero che gli agriturismi sono in zone piuttosto isolate dove regnano gli spazi aperti di convivialità, ma è anche vero che per raggiungerli occorre spostarsi con mezzi propri e percorrere diversi chilometri, generando traffico e tutto ciò che uno spostamento non breve comporta a livello di rischio di assembramenti, contagi, ripresa delle abitudini di sempre che ora non possiamo permetterci. iTALIAATAVOLA
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