Troppa confusione
sulle riaperture
Classi di rischio,
chi le ha definite?
La task force di Colao fa filtrare indiscrezioni su tabelle di rischio per ogni attività, ma non le spiega e non le conferma. Un comportamento irresponsabile che crea solo equivoci e dubbi. E intanto lascia che si facciano congetture su quando riapriranno i ristoranti, ma non si danno indicazioni su cosa si dovrebbe fare.
Già dalla data indicata ci si può fare l'idea che chi dovrebbe valutare come a quando riaprire ristoranti e bar forse non sa nemmeno bene come funziona il comparto: il 18 maggio, data ipotizzata dai più, è un lunedì. Giusto il giorno della settimana in cui la maggior parte dei locali è chiusa per turno. Ma tant’è, nella task force presieduta da Vittorio Colao non c’è un solo esperto di turismo e di accoglienza e non ci si può aspettare molto di più. A meno che non si tratti di un calcolo bizantino per partire con pochi locali, così da non avere subito l’impressione che molti potrebbero non aprire. Con questa classe dirigente c’è da aspettarsi di tutto…
Ma al di là della data (potrebbe essere anche l'11 maggio o addirittura il 4 in alcune regioni, forse non la Lombardia…), quel che sorprende è l’assoluta superficialità (o disinteresse) con cui, a oggi, i supertecnici sembrano affrontare i problemi di un comparto che rappresenta il 15% del Pil nazionale e dà da vivere a qualche milione di italiani. Fare girare indiscrezioni (solo alla stampa amica) su Tabelle che dovrebbero misurare i livelli di "rischio integrato" delle diverse attività è un nonsense. Tanto più che sulla base di queste tabelle il Governo dovrebbe stabilire calendari di re-start e adempimenti da assolvere.
Peccato che queste pseudo classificazioni al momento generano forse illusioni e falsi ottimismi. Tanto che non sarebbe male se la task force o il Governo ne confermassero l’esistenza o le smentissero. Anche perché così sembrano fatte solo per sondare il terreno, vedere le reazioni della gente. Una logica che dovrebbe preoccupare non poco. Per completezza d’informazione riportiamo questa tabella che peraltro è incompleta e, come detto, al momento priva di ufficialità. La si può consultare in coda all'articolo o nell'allegato pdf.
In base a questa tabella la ristorazione (codice generale Ateco 56) avrebbe un indice “medio-basso” di rischio integrato, così come le attività commerciali (quelle dove può accedere solo un cliente alla volta se ci sono 40metri quadrati…). Certo il ristorante non può essere paragonato all’assistenza sanitaria o al trasporto aereo (con rischio integrato “alto”), ma va detto che medio-basso è anche quello dei trasporti, dello sport, dei servizi sociali, della scuola e delle colf, tutte attività ad alta aggregazione sociale e con livello di aggregazione di 3 su 5, che sono sospese o con grandissime limitazioni.
Ora bisogna prestare attenzione anche alla "classe di aggregazione sociale" che è un'altra novità delle ultime ore, che non ha avuto alcuna ufficialità. Si tratta dell’eventuale apertura al pubblico dell’azienda e terrebbe conto del rischio di essere contagiati mentre si lavora e prevede un maggiore rispetto del distanziamento sociale durante le mansioni svolte. Il documento dovrebbe offrire al Comitato dei 17 esperti guidati da Colao una prima mappa per definire i criteri della riapertura. Ma il lavoro è complesso perché la situazione è fortemente disomogenea. La pandemia ha colpito più duramente alcune aree geografiche e la stessa classificazione in base ai codici Ateco è stata definita «anacronistica» dal neo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, al quale ci associamo per segnalare che costruire ipotesi su situazioni già da tempo considerate vecchie e superate dal mondo dei consulenti del lavoro dovrebbe fare capire come il lavoro di questa task force sembra una navigazione a vista guidata al massimo da burocrati già screditati di loro.
La gran parte delle industrie come degli uffici, dalle banche (praticamente vuote) agli studi professionali, presenterebbe oggi indici di aggregazione 1 e rischi integrato “basso”. Probabilmente perché si pensa che lì sia possibile attuare i provvedimenti di distanziamento sociale e protezioni varie, senza in più il rischio del contatto con utenti o clienti. Ma le banche sono di fatto inattive perche il sindacato ha paura del contagio... Non mancano poi le contraddizioni, come ad esempio quella riferita agli hotel (codice Ateco 55) che pur avendo un livello di aggregazione alto per la commissione avrebbe un rischio di pericolosità basso… Il che francamente ci stupisce un po’ perché l’albergo, al di là che possa avere un ristorante che ha magari è considerato come altra attività, contempla la prima colazione che non può certo essere considerata meno a rischio di un bar o di una trattoria…
Misteri dei super esperti (non di turismo) della task force, dai quali dipenderebbe però la ripartenza. E qui ci permettiamo qualche semplice considerazione, senza illuderci che possano giungere delle risposte.
A) Su che basi sono stati creati questi indici? L’indice di rischio di un’attività esiste da tempo ed ogni codice Ateco ne ha uno fisso che vale in condizioni normali e riguarda i dipendenti nell’esercizio delle loro funzioni. Ora, questi indici sembrerebbero essere stati modificati tenendo conto della possibilità di contagio e, quindi, sono definiti "integrati" ma senza norme attuative rischia solo di creare confusione nella gestione del personale. In tal senso è davvero da irresponsabili diffondere tabelle di presunto rischio senza dare indicazioni precise. A oggi non c’è ancora un solo documento ufficiale che indichi il rischio di contagio che può comportare lo svolgere un’attività invece che un’altra. Eppure questo "rischio integrato" sembra indicare la "pericolosità" di un'attività, ma mischia il dato per i dipendenti con quello degli utenti. E a questo punto è un elemento base per i piani di sicurezza che valgono per ogni azienda, anche del parrucchiere che lavora da solo, o no? Cosa si deve fare? E se in questo caos ci verificano nuovi contagi di chi è la responsabilità?
B) Per la ripartenza delle attività, ciò che purtroppo conta oggi (questo è il punto), è solo il livello di rischio di contagio …e questo, in assenza di altri parametri, secondo gli scienziati (e non gli esperti di Colao) si abbassa tanto più c’è distanziamento sociale e igienizzazione di ambienti e strumenti. Giusto ciò che Italia a Tavola va ripetendo da settimane. E al di là di cosa potrà valutare la commissione Colao, le indicazioni degli epidemiologi sono chiarissime: niente ressa ai banconi del bar, servizio solo ai tavoli (distanziati di 2 metri) e mascherine e guanti per il personale. Tutto il resto sono forse chiacchiere per illudere qualcuno, mentre i soldi promessi per affrontare la crisi non arrivano.
C) Quelle che arriveranno saranno disposizioni solo temporanee, ma che dureranno almeno fino a quando il covid-19 non sarà definitivamente sconfitto. E non c’è da illudersi che sia a breve se troveranno conferma i dati allarmanti della Corea del sud, dove crescerebbe il numero di contagiati per la seconda volta, persone che già erano state malate, e poi guarite, per questo coronavirus. Purtroppo bisogna fare i conti con questa realtà e ci si deve attrezzare per tempo. Il rischio è che, nei tira e molla vergognosi fra Governo e Regioni, senza tanti preavvisi ad un certo punto verrà annunciata una data di riapertura e molti esercizi pubblici potrebbero non essere in grado di riaprire perchè non hanno avuto per tempo indicazioni precise su cosa fare.
Ma al di là della data (potrebbe essere anche l'11 maggio o addirittura il 4 in alcune regioni, forse non la Lombardia…), quel che sorprende è l’assoluta superficialità (o disinteresse) con cui, a oggi, i supertecnici sembrano affrontare i problemi di un comparto che rappresenta il 15% del Pil nazionale e dà da vivere a qualche milione di italiani. Fare girare indiscrezioni (solo alla stampa amica) su Tabelle che dovrebbero misurare i livelli di "rischio integrato" delle diverse attività è un nonsense. Tanto più che sulla base di queste tabelle il Governo dovrebbe stabilire calendari di re-start e adempimenti da assolvere.
Peccato che queste pseudo classificazioni al momento generano forse illusioni e falsi ottimismi. Tanto che non sarebbe male se la task force o il Governo ne confermassero l’esistenza o le smentissero. Anche perché così sembrano fatte solo per sondare il terreno, vedere le reazioni della gente. Una logica che dovrebbe preoccupare non poco. Per completezza d’informazione riportiamo questa tabella che peraltro è incompleta e, come detto, al momento priva di ufficialità. La si può consultare in coda all'articolo o nell'allegato pdf.
In base a questa tabella la ristorazione (codice generale Ateco 56) avrebbe un indice “medio-basso” di rischio integrato, così come le attività commerciali (quelle dove può accedere solo un cliente alla volta se ci sono 40metri quadrati…). Certo il ristorante non può essere paragonato all’assistenza sanitaria o al trasporto aereo (con rischio integrato “alto”), ma va detto che medio-basso è anche quello dei trasporti, dello sport, dei servizi sociali, della scuola e delle colf, tutte attività ad alta aggregazione sociale e con livello di aggregazione di 3 su 5, che sono sospese o con grandissime limitazioni.
Ora bisogna prestare attenzione anche alla "classe di aggregazione sociale" che è un'altra novità delle ultime ore, che non ha avuto alcuna ufficialità. Si tratta dell’eventuale apertura al pubblico dell’azienda e terrebbe conto del rischio di essere contagiati mentre si lavora e prevede un maggiore rispetto del distanziamento sociale durante le mansioni svolte. Il documento dovrebbe offrire al Comitato dei 17 esperti guidati da Colao una prima mappa per definire i criteri della riapertura. Ma il lavoro è complesso perché la situazione è fortemente disomogenea. La pandemia ha colpito più duramente alcune aree geografiche e la stessa classificazione in base ai codici Ateco è stata definita «anacronistica» dal neo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, al quale ci associamo per segnalare che costruire ipotesi su situazioni già da tempo considerate vecchie e superate dal mondo dei consulenti del lavoro dovrebbe fare capire come il lavoro di questa task force sembra una navigazione a vista guidata al massimo da burocrati già screditati di loro.
La gran parte delle industrie come degli uffici, dalle banche (praticamente vuote) agli studi professionali, presenterebbe oggi indici di aggregazione 1 e rischi integrato “basso”. Probabilmente perché si pensa che lì sia possibile attuare i provvedimenti di distanziamento sociale e protezioni varie, senza in più il rischio del contatto con utenti o clienti. Ma le banche sono di fatto inattive perche il sindacato ha paura del contagio... Non mancano poi le contraddizioni, come ad esempio quella riferita agli hotel (codice Ateco 55) che pur avendo un livello di aggregazione alto per la commissione avrebbe un rischio di pericolosità basso… Il che francamente ci stupisce un po’ perché l’albergo, al di là che possa avere un ristorante che ha magari è considerato come altra attività, contempla la prima colazione che non può certo essere considerata meno a rischio di un bar o di una trattoria…
Misteri dei super esperti (non di turismo) della task force, dai quali dipenderebbe però la ripartenza. E qui ci permettiamo qualche semplice considerazione, senza illuderci che possano giungere delle risposte.
A) Su che basi sono stati creati questi indici? L’indice di rischio di un’attività esiste da tempo ed ogni codice Ateco ne ha uno fisso che vale in condizioni normali e riguarda i dipendenti nell’esercizio delle loro funzioni. Ora, questi indici sembrerebbero essere stati modificati tenendo conto della possibilità di contagio e, quindi, sono definiti "integrati" ma senza norme attuative rischia solo di creare confusione nella gestione del personale. In tal senso è davvero da irresponsabili diffondere tabelle di presunto rischio senza dare indicazioni precise. A oggi non c’è ancora un solo documento ufficiale che indichi il rischio di contagio che può comportare lo svolgere un’attività invece che un’altra. Eppure questo "rischio integrato" sembra indicare la "pericolosità" di un'attività, ma mischia il dato per i dipendenti con quello degli utenti. E a questo punto è un elemento base per i piani di sicurezza che valgono per ogni azienda, anche del parrucchiere che lavora da solo, o no? Cosa si deve fare? E se in questo caos ci verificano nuovi contagi di chi è la responsabilità?
B) Per la ripartenza delle attività, ciò che purtroppo conta oggi (questo è il punto), è solo il livello di rischio di contagio …e questo, in assenza di altri parametri, secondo gli scienziati (e non gli esperti di Colao) si abbassa tanto più c’è distanziamento sociale e igienizzazione di ambienti e strumenti. Giusto ciò che Italia a Tavola va ripetendo da settimane. E al di là di cosa potrà valutare la commissione Colao, le indicazioni degli epidemiologi sono chiarissime: niente ressa ai banconi del bar, servizio solo ai tavoli (distanziati di 2 metri) e mascherine e guanti per il personale. Tutto il resto sono forse chiacchiere per illudere qualcuno, mentre i soldi promessi per affrontare la crisi non arrivano.
C) Quelle che arriveranno saranno disposizioni solo temporanee, ma che dureranno almeno fino a quando il covid-19 non sarà definitivamente sconfitto. E non c’è da illudersi che sia a breve se troveranno conferma i dati allarmanti della Corea del sud, dove crescerebbe il numero di contagiati per la seconda volta, persone che già erano state malate, e poi guarite, per questo coronavirus. Purtroppo bisogna fare i conti con questa realtà e ci si deve attrezzare per tempo. Il rischio è che, nei tira e molla vergognosi fra Governo e Regioni, senza tanti preavvisi ad un certo punto verrà annunciata una data di riapertura e molti esercizi pubblici potrebbero non essere in grado di riaprire perchè non hanno avuto per tempo indicazioni precise su cosa fare.
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