martedì 16 giugno 2020

Menu chiari e senza fronzoli Una nuova ricetta per i ristoranti

Menu chiari 

e senza fronzoli
Una nuova ricetta 

per i ristoranti


La sala del Ristorante Umberto di Napoli

Massimo Di Porzio, titolare del Ristorante Umberto di Napoli e presidente di Fipe Campania, parla del futuro della ristorazione in Italia dopo l'emeRgenza coronavirus. Serve puntare su un’offerta più semplice, dice, ma la prima cosa da fare è riacquistare la fiducia dei clienti.

Il piacere di incontrare un amico con il quale il conversare è sempre piacevole. Siamo nel salotto buono di Napoli, nei pressi di piazza dei Martiri, precisamente in via Alabardieri. Patron e direttore di sala del ristorante Umberto, fondato nel 1916 (e difatti siamo alla terza generazione), l’amico Massimo Di Porzio, presidente Fipe Campania e Viceprensidente Avpn (Associazione Verace Pizza Napoletana).

Massimo Di Porzio - Menu chiari e senza fronzoli Una nuova ricetta per i ristoranti
Massimo Di Porzio

Questa situazione a Napoli, tra ordini e contrordini in merito all'occupazione di suolo pubblico per i pubblici esercizi mi fa venire in mente Flaiano con la sua famosa frase "la situazione è grave ma non seria". Tu cosa ne pensi?
Sì, c'è grande confusione. Sull'emergenza sanitaria ed economica si è innestata una lotta politica tra Regione Campania e Comune di Napoli, tra il presidente Vincenzo De Luca e il sindaco Luigi De Magistris, che sta causando un poco commendevole caos normativo. Purtroppo a pagarne le conseguenze sono gli operatori seri, quelli che seguono le norme. Norme che, ti ripeto, sono in questo momento molto confuse e incerte. È questo è un problema grande, caro Vincenzo, perché mai come adesso servono ordine e capacità di programmazione. Altra querelle, diciamo così, tra operatori e residenti. Costoro giustamente, hanno diritto a vivere la quotidianità, senza vedersi il loro lato 'privato' invaso da tavolini e sedie e senza schiamazzi.

Tutti d'accordo che per la ristorazione, ma non solo per essa, siamo in turnaround di scenario, la cosiddetta normalità anteriore al lockdown e adesso il cosiddetto post Covid-19. Quali i cambiamenti più vistosi e più importanti?
Io credo che a parte l'emergenza economica, che richiede come dicevo prima scelte tempestive ed opportune, vista la carenza di liquidità e spesso di clienti, va rimodulata anche l'offerta gastronomica, che secondo me deve essere semplice, chiara, economica e soprattutto deve incontrare la fiducia dei clienti, che in questo momento sono molto impauriti. Si deve assolutamente essere trasparenti per ciò che riguarda le norme di sicurezza sanitaria e bisogna curare molto la freschezza e la qualità dei piatti.

Quindi scenario nuovo, cliente nuovo. Azzardo un paragone, caro Massimo, con il mondo dell’aviazione civile di circa 25 anni fa. Tu ricorderai le prime compagnie aeree low cost. A nessuno venne in mente di pensare che siccome low cost, ergo, poco sicure! Bensì fu chiara la loro politica vincente detta dei no frills, ovvero niente fronzoli. Ecco, possiamo dire che la nuova ristorazione sarà una ristorazione "no frills" ed anche, finalmente, in grado di fruire efficientemente della tecnologia giusta?
Si, no frills e bisogna decisamente puntare sui clienti di prossimità, sui vicini che troppo volte prima erano quasi snobbati. La possibilità di fermarsi e riflettere è sempre importante: sotto le ceneri cova sempre il fuoco (termine molto caro ai pizzaioli!), quindi adesso riaccendiamolo. I nostri locali sono sempre stati soggetti a periodi di crescita e decrescita, che ciclicamente si ripropongono; ricordo fino a qualche anno fa l’atteggiamento ‘scostante’ di tanti esperti, che vedevano la pizza come un fratello minore della cucina italiana, il fratello ‘cadetto’ che non poteva mai ambire alla primogenitura. Adesso bisogna puntare sulla fidelizzazione dei clienti, coccolarli, farli sentire come a casa e quindi grandissima importanza rivestirà il servizio di sala e l'accoglienza

La sala del Ristorante Umberto di Napoli

Esaminiamo due fenomeni emergenti: i menu digitali e la delivery. Cosa ne pensi e come stai agendo tu come ristoratore?
Sicuramente entrambi in questo periodo aiutano, ma non sono la panacea di tutti i mali. Durante il lockdown abbiamo utilizzato molto i supporti digitali, abbiamo imparato a fare le 'call' invece delle riunioni, i webinar invece dei seminari... Ma poi, una volta finito, non vedevamo l'ora di rincontrarci, di fare di nuovo i meeting dal vivo etc. Dico questo perché dopo un po' che sei in solitudine ti accorgi che il rapporto umano, aiuta, tutti ne abbiamo bisogno. Allora va benissimo il menu digitale per esigenze di sicurezza, ma io personalmente non vedo l'ora di ritornare a raccontare il menu e i piatti ai miei clienti personalmente. Per quanto riguarda la delivery, noi abbiamo sempre consegnato cibo a domicilio ai nostri clienti, lo consideravamo un ulteriore servizio a chi magari stava a casa e non poteva venire al locale.

Uno studio della McKinsey afferma che a causa del lockdown, la tecnologia di rete ha generato in otto settimane passi una confidenza verso i nuovi fruitori che altrimenti ci sarebbero voluti cinque anni. Tutto ciò ha modificato anche i rapporti con i fornitori?
Un poco sì. Noi già facevamo gran parte degli ordini via email o mediante whatsapp, ma ripeto, non perdiamo il grande valore del rapporto umano. Io ricordo sempre quando da bambino andavo con mio padre a fare 'la spesa'. Mio padre sceglieva personalmente gli ingredienti e passava molto del suo tempo a girare tra i produttori in cerca dei prodotti migliori. Oggi la tecnologia ci aiuta, riduce i tempi, ma andare a prendere i prodotti direttamente da loro nelle aziende di produzione, in maniera tale da conoscere ancora meglio l’origine, le specificità e gli enormi sacrifici che ci sono dietro alcune produzioni è ancora importante, e lo si può anche raccontare ai propri clienti. Pensa, Vincenzo, che adesso molti mandano le foto dei prodotti, per far presto, ma secondo me andare di persona è un'altra cosa.

Sì, certamente caro Massimo, la filiera corta insieme con trasparenza e tracciabilità è fattore importante ed attuale. Tu stai notando tra la tua clientela una differenza di attenzione verso questi valori in funzione dell'età? I Millennials hanno una maggiore attenzione a questi valori?
I millennials seguono molto le mode, spesso senza approfondire. Io preferisco lo studio e la vera competenza, che puoi acquisire solo dopo tante degustazioni e studi specifici. Per carità, molti influencer muovono grandi interessi e masse di persone, i social sono diventati fondamentali per lo sviluppo delle aziende, ma alla fine secondo me conta quello che si mette nel piatto. Se il prodotto non è buono, se non è preparato bene e di qualità, ogni promozione viene vanificata dall’impatto con la realtà! La Generazione X e la generazione dei Baby Boomers ricordano rispettivamente i sapori dei loro nonni e dei loro genitori, quando c'era ancora la cucina di casa, quando ancora la domenica si pranzava tutti insieme e quindi secondo me, da un punto di vista gastronomico, sono gli appartenenti a queste due generazioni i giudici più severi e più obiettivi. Forse i millennials sono più attenti alla cucina moderna, intesa come cucina che strizza l'occhio al veganismo, al bio e ai trend che fanno moda.

Caro Massimo, a causa del lockdown, tra voi ristoratori ed i produttori di vino, diciamocelo, è un momento brutto. Come vedi la duplice mossa di acquisire il vino in conto vendita, applicare in carta ricarichi molto più contenuti che non nel passato, e vendere anche la bottiglia in asporto al cliente che la desidera?
Sono d'accordo. Bisogna tener presente, come correttamente hai detto tu, che le cantine sono in difficoltà e spesso sono molto tolleranti con i pagamenti. Sui ricarichi, secondo me è giusto ciò che dici. Sì, semplificazione e ricarichi più moderati, che aiutano a vendere più bottiglie. Bisogna sempre pensare che il ricavo è dato da “prezzo x quantità”. Allora se vendo un numero più alto di bottiglie, mi posso permettere anche di avere dei prezzi più moderati.

Caro Massimo, mi rivolgo a te nella tua qualità di Presidente Fipe Campania: quale consiglio erga omnes vuoi dare ai ristoratori della Campania, della regione che in questa imminente estate vedrà un calo vistoso di turismo extra UE e, lo si spera, forse un aumento di turismo italiano?
Il consiglio che posso dare è di tenere duro! Abbiamo attraversato già altri periodi brutti e di grande crisi economica. Io ricordo il dopo ‘torri gemelle’ del 2001 e la crisi innescata dei mutui Sub-prime americani del 2008. Ci siamo sempre rialzati! Bisogna fare quello che sappiamo fare bene e che, non dimentichiamolo mai, è il nostro scopo: 'ristorare i clienti'. Adesso magari sono pochi, ma se li coccoliamo, se sappiamo 'viziarli' cresceranno e rifiorirà presto anche il turismo. La Campania è una terra vocata, sia da un punto di vista di bellezze naturali, sia da un punto di vista enogastronomico. Siamo un territorio di grandi 'giacimenti gastronomici'. Valorizziamoli, senza sprecare troppe energie a pensare a quello che abbiamo perso.

Esatto, si guarda avanti, siamo emigranti di prua!!!
© Riproduzione riservata
di Vincenzo D’Antonio
Vincenzo D’Antonio

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