Boom del Parmigiano Reggiano: una forma
su 4 si compra
in caseificio
Oltre 4 milioni di forme prodotte, la maggior parte vendute nella Gdo. Il consumo al banco vale 2,7 miliardi. Il 45% si vende fuori dall'Italia. Il formaggio Dop più famoso del Bel Paese è di traino al turismo. Dal 2020 è attiva una piattaforma che promuove i caseifici e le visite al territorio: un sistema che funziona come per l'enoturismo
direttore
Il Parmigiano Reggiano ha chiuso il 2021 con il botto. Lo dicono i dati presentati a Milano dal Consorzio. La vendita al consumo ha toccato quota 2,7 miliardi (contro i 2,35 del 2020), grazie anche ad una efficace campagna di valorizzazione dei caseifici, anche in ottica di sviluppo turistico e di valorizzazione del rapporto diretto tra il produttore e il consumatore. Infatti il 25% delle vendite è stata fatta nei caseifici del Consorzio, che in un anno sono passati da 16mila a 18mila tonnellate formaggio venduto direttamente in azienda. L'Horeca resta invece un potenziale canale di sviluppo che cresce di poco a 5.785 mila tonnellate, ed è l'ultimo fra i canali di vendita, dove primeggia ancora la vendita nei supermercati (scesi da 48mila a 45786 tonnellate). Anche le vendite all'estero sono cresciute e corrispondo al 45% della produzione totale.
Forma di Parmigiano ReggianoBoom del Parmigiano Reggiano nel 2021
Il Parmigiano Reggiano chiude il 2021 con dati positivi per quanto riguarda vendite e prezzi, il giro d’affari al consumo tocca come detto il massimo storico di 2,7 miliardi di euro contro i 2,35 miliardi del 2020; al massimo anche il valore generato alla produzione con 1,71 miliardi di euro contro gli 1,52 miliardi del 2020. Il 2021 è stato un anno record pure per la produzione, che cresce complessivamente del 3,9% rispetto all’anno precedente. I 4,09 milioni di forme (circa 163mila tonnellate) rappresentano il livello più elevato mai toccato nella storia del Parmigiano Reggiano e, considerando che una forma resta in stagionatura mediamente 22 mese, forniscono già l'indicazione che questi saranno i volumi di vendita fra il '22 e il '24. Una produzione che spinge il Consorzio a puntare sempre di più verso l’estero: mercati di grandi opportunità di sviluppo per una produzione in continua, ma programmata, espansione. Non dimentichiamo che negli ultimi quattro anni, la produzione è aumentata da 3,7 milioni di forme a 4,09 milioni di forme, registrando una crescita pari al 10,6%.
Le quotazioni di Parmigiano Reggiano sono rimasti stabili, ma i rincari preoccupano
Nei mercati, il Parmigiano Reggiano ha registrato nel 2021 una quotazione positiva e stabile: la media annua è stata di 10,34 euro al chilo (Parmigiano Reggiano 12 mesi da caseificio produttore), con oscillazioni di prezzo contenute tra 10,25 €/kg e 10,40 €/kg. Ricordiamo che nel 2020 la media era stata di 8,57 €/kg e nel 2019, prima dell’inizio della pandemia, di 10,76 €/kg (fonte: Borsa Merci Comprensoriale di Parma).
Nicola Bertinelli (presidente del Consorzio), Dario Donato (TgCom24) e Guglielmo Garagnani (vicepresidente del Consorzio)I problemi potrebbero però nascere quest'anno vista la batosta dei costi energetici alle stelle e dell'inflazione. E proprio sul tema centrale dei rincari che sta coinvolgendo tutti i prodotti alimentari, Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio, non ha nascosto le preoccupazioni e ha ribadito la volontà di non voler scaricare sui soli consumatori l’aumento dei prezzi. «Serve un coinvolgimento di tutta la filiera, a partire dallo stato con una riduzione dell’Iva - ha detto Bertinelli - Servono novità perchè se le cose vanno male, la pasta, che già è in forte rincaro, si può mangiare anche senza formaggio...».
La produzione di Parmigiano Reggiano in Italia è cresciuta
L’Italia, che rappresenta il 55% del mercato, ha registrato un incremento dei consumi pari al +4,5% rispetto ai livelli pre-pandemia: 89.101 tonnellate nel 2021 contro le 85.258 del 2019. Il dato risulta essere in leggera flessione (-1,3%) se comparato a quello del 2020: anno straordinario in cui, a causa del primo lockdown, si registrò un boom dei consumi domestici del prodotto.
Ed è una crescita non solo di numeri ma anche di qualità. Ci sono sempre più varietà che si distinguo prencipalmente per affinamento o zonizzazione. Nel primo caso pensiamo al formaggio stagionato 40 mesi che per Natale di ques'anno dovrebbe arrivare a raggiungere le 40mila forme, per poi passare nel medio periodo ad almeno 100mila. Per le zone, oltre ad un valore distintivo come ad esempio il Parmigiano Reggiano prodotto con vacche rosse, il vicepresidente del Consorzio, Guglielmo Garagnani, ha ricordato la recente strategia di valorizzazione di quello prodotto in montagna, per il quale si sta pensando a promozioni ad hoc, tenendo anche anche che a maggior valore gustativo corrisponde anche un maggior costo di produzione.
Produzioni che potrebbero trovare una destinazione importante in quel mondo della ristorazione che finora solo in minima parte ha saputo sfruttare fino in fondo il valore aggiunto garantito da Parmigiano Reggiano. Anche per questo ci sono molte iniziative promozionali a supporto, fra cui l'iniziativa del parmellier (il sommelier del formaggio) per spingere il carrello dei formaggi al ristorante. Una proposta che da un'indagine piacerebbe al 75% dei clienti che cercherebbero informazioni sui vari prodotti.
Nei canali di vendita, c'è il boom per gli acquisti nei caseifici che ha effetti sul turismo enogastronomico
La Gdo rimane il primo canale distributivo (51%), seguita dalle vendite dirette dei caseifici che registrano un forte aumento e dall’industria (14%), che beneficia della crescente popolarità dei prodotti caratterizzati dalla presenza di Parmigiano Reggiano tra gli ingredienti. Il canale Horeca rimane fanalino di coda, e quindi enorme potenziale di sviluppo, ma recupera volumi e si attesta al 7% del totale rispetto al 2% registrato nel 2020. Il restante 8% è distribuito negli altri canali di vendita.
Proprio la realtà delle vendite dei caseifici è uno dei fenomeni più interressanti perchè attesta del valore anche a livello di richiamo turistico dei 305 caseifici e dei 2373 allevamenti che costituiscono la base di produzione di un formaggio che per disciplinare non usa conservanti ed ha positivi effetti sulla gestione dei territori, per lo più di collina o montagna. La comunità dei 50mila addetti costituisce nei fatti un presidio per la tutela delle zone appenniniche interessate dal Consorzio. Al tempo stesso il richiamo di tanti visitatore rafforza il senso di identità di queste imprese e le potenzia anche sul piano motivazionale, tanto che sono sempre più numerosi i giovani che, con alta formazione, oggi si fermano nelle aziende di famiglia proseguendo un'attività in molti casi secolari. E a supporto di questi progetti c'è anche una piattaforma che mette in collegamento clienti/turisti e caseifici ed è diventata uno dei poli del turismo emiliano, coinvolgendo anche cantine, ristoranti, alberghi e luoghi turistici.
Negli Usa ampi spazi di mercato
La quota export è pari al 45% (+2,9% di crescita a volume rispetto all’anno precedente). Gli Stati Uniti sono il primo mercato (21% dell’export totale), seguito da Francia (19%), Germania (17%), Regno Unito (11%) e Canada (5%).
Nessun commento:
Posta un commento