Senza mangimi gli allevatori abbatteranno le vacche?
Il conflitto in Ucraina ha fatto impennare i prezzi del mangime e ha portato alla penuria crescente di una risorsa fondamentale per chi alleva. Che si trova a lavorare in perdita.Anche perché le alternative sono orzo e sorgo, ma non garantiscono lo stesso apporto di amido e portano alla conseguente riduzione della prodizione di latte. C'è anche un'ipotesi estrema: abbattere gli animali
Il mais, materia prima indispensabile nell'allevamento, sta diventando una risorsa sempre più preziosa. In poche settimane è salita drasticamente di prezzo a causa del conflitto tra Russia e Ucraina, due fra i principali Paesi produttori, che hanno chiuso le frontiere. Ma non solo, le scorte si stanno progressivamente esaurendo. I grandi mangimifici per ora reggono l'urto, mentre quelli più piccoli a breve potrebbero trovarsi in difficoltà. Gli allevatori, invece, sono già in sofferenza. In particolare quelli che allevano mucche da latte. Il mais contiene un'alta percentuale di amido che garantisce alle mucche un'elevata produzione di latte. Esistono in commercio mangimi sostituivi a base di sorgo o di orzo, ma il loro apporto nutritivo di amido è inferiore a quello del mais. Di conseguenza le mucche inevitabilmente produrranno meno latte; un'ulteriore mazzata per gli allevatori che già lamentano di lavorare in perdita (chiedono un prezzo al litro di 50 euro, mentre al momento ne ricevono 41). Ma c'è anche un'ipotesi ancora più estrema, già però paventata da Assalzoo, l'Associazione nazionale dei produttori di alimenti zootecnici. Il rischio è che è che si arrivi a ad abbattere gli animali nelle stalle per non vederli a loro volta morire di stenti.
Il prezzo del mais è salito alle stelle
Fino a qualche mese fa il prezzo del mais oscillava tra i 18 e i 19 euro al quintale. Poi è passato a 25 e nel giro di quindici giorni ha toccato quota 41 euro. La situazione è destinata a diventare sempre più critica, visto che l'Ungheria, terzo paese per la produzione di mais, pur essendo all'interno dell'Unione europea, ha deciso arbitrariamente di chiudere le frontiere, bloccando le esportazioni a vantaggio del mercato interno.
Gli allevatori: «Se cambia l'alimentazione le mucche produrranno meno latte»
Gli allevatori, in particolare quelli di latte, stanno vivendo la situazione con un'apprensione sempre più crescente. «Anzitutto c'è il problema legato al fatto che il costo dei mangimi è salito drasticamente», hanno spiegato Giuliano, Gualtiero e Battista Pagani. La loro azienda, la Società di Pagani Fratelli Erica Canova (situata in provincia di Brescia) possiede un allevamento di mucche da latte che rifornisce di latte fresco il consorzio Sterilgard. «La quotazione del mais è passata da 27 euro a 41 euro al quintale in pochi giorni, mentre la soia è passata da 40 a 65 euro al quintale - hanno spiegato - Per fortuna il prezzo del latte è aumentato leggermente, ma in ogni caso non riusciamo a coprire i costi. Stiamo lavorando in perdita. C'è poi il problema delle scorte. Se il mais alla fine verrà davvero a mancare possiamo anche surrogarlo con altri tipi di mangimi, come la colza. Ma di sicuro verrà a cambiare l'apporto nutritivo alle nostre mucche. Le vacche inevitabilmente produrranno meno latte perché i surrogati del mais non hanno al loro interno la stessa quantità di amido».
L'allevamento di mucche da latte dei fratelli PaganiPer ora reggono l'urto i grandi consorzi agrari
Le aziende del settore, come quella dei fratelli Pagani, si appoggiano a distributori sparsi in tutta Italia. Fra questi c'è il Consorzio Agrario di Cremona, una delle realtà cooperative più grandi del Nord d'Italia, specializzato nella produzione di mangimi e nella commercializzazioni di servizi e mezzi tecnici per l’agricoltura, che sta cercando di tenere botta a una situazione che sta diventando sempre più critica. «Il costo delle materie prime e dell’energia continua a salire da diversi mesi - ha spiegato Sandro Berti vicedirettore della cooperativa cremonese - Ma il Consorzio Agrario di Cremona è strutturato per sopperire ai fabbisogni delle nostre aziende agricole. Nel nostro caso specifico poi possiamo contare oltre che sulle normali dinamiche di acquisto, anche su fonti di approvvigionamento interne, costituite dai conferimenti dei nostri soci che hanno sottoscritto a suo tempo vantaggiosi contratti di filiera. Certo è che, per chi non è adeguatamente strutturato, anche in termini di stoccaggio, la situazione comincia a diventare veramente critica. Lo scenario globale è complicato per tutto il mondo agricolo, di fatto lo era già prima dello scoppio della guerra per problematiche legate ai costi in salita dell’energia e di tutte le materie prime. Per questo monitoriamo costantemente la situazione e facciamo tutto quanto necessario per contenere i rincari, ma diciamo che intravediamo anche dei segnali che fanno presupporre che la situazione possa cambiare. Molti degli aumenti in atto sono frutto di speculazione e questa è destinata ad attenuarsi. Esortiamo dunque allevatori e agricoltori a non mollare anche se sappiamo che il momento è davvero difficile per tutti».
Il mangimificio del Consorzio agrarioLe possibili alternative
Se la situazion legata alla penuria di risorse dovesse peggiorare drasticamente l’unica alternativa per Assalzoo, l'associazione nazionale tra i produttori di alimenti appare quella di rivolgersi al mercato americano con particolare riguardo agli Usa e all’Argentina. «Ma appare evidente che sono notevoli le problematiche di carattere logistico e qualitativo – ha spiegato l'associazione - Occorrono dalle 5 alle 8 settimane per l’arrivo delle navi. Tuttavia questa appare l’unica fonte attraverso la quale tentare di colmare il grave deficit a fronte del fabbisogno nazionale».
L'ipotesi estrema: «Senza scorte dobbiamo abbattere gli animali»
Il rischio estremo è di dover riccorrere agli abbattimenti. «Ad oggi - dichiara Michele Liverini, presidente reggente di Assalzoo - La disponibilità di materie prime agricole per la produzione mangimistica è limitata nella maggior parte dei casi a 20 giorni, massimo un mese. Se non si attivano canali di approvvigionamento alternativo, sarà inevitabile il blocco della produzione mangimistica, con conseguenze devastanti per gli allevamenti, con la necessità di abbattimento degli animali presenti nelle stalle e il crollo delle produzioni alimentari di origine animale, come carni bovine, suine e avicole, latte, burro e formaggi, uova e pesce».ITALIAATAVOLA
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