giovedì 17 maggio 2018

Prosciutti fuori legge, sequestrati e smarchiati

Prosciutti 

fuori legge, 

sequestrati 

e smarchiati

Brutto episodio per la filiera agroalimentare del made in Italy


300 mila cosce sequestrate e smarchiate, coinvolti 140 allevamenti e commissariati gli istituti di certificazione che devono controllare la veridicità delle Dop

I prosciutti italiani Dop sono considerati i migliori al mondo perché i disciplinari prevedono norme severe su tempi di allevamento, livelli di crescita, tipo di alimentazione e impronta genetica. Ma se le scrofe vengono inseminate con un seme non riconosciuto di disciplinari di produzione la cosa è tutt'altro che di poco conto. Ed è ancora peggio se la vendita di cosce provenienti da maiali nati con il seme di Duroc danese, una razza diversa da quelle previste dai consorzi che tutelano i vari marchi dop, interessa i 140 allevamenti italiani ( Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna , Veneto) che diventano protagonisti di un inchiesta della procura di Torino. Che fa scattare anche il sequestro di oltre 300 mila cosce di maiale di cui 220 mila destinate al prosciutto di Parma e le altre al San Daniele. E ancora, la smarchiatura di centinaia di migliaia di prosciutti attraverso l'asportazione del pezzo di cotenna recante l'impressione del marchio che attesta la regolare denominazione.

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Il tutto per un valore di circa 90 milioni di euro, pari a circa il 10 % del prodotto nazionale marchiato e garantito come tale. Anzi nemmeno quello visto che oltre all'inchiesta della procura di Torino sulle aziende e al sequestro dei prosciutti, è scattato pure il commissariamento per i due istituti di certificazione che devono controllare il rispetto dei disciplinari . L'Istituto Parma Qualità e Ifcq Certificazioni che sono stati commissariati per sei mesi dal Ministero delle politiche agricole per gravi irregolarità. Ovvero una sospensione d'autorità nei confronti dei due enti incaricati di sovrintendere al rispetto non solo dei disciplinari dei prosciutti di Parma e di San Daniele, ma di quasi tutte le eccellenze agroalimentari italiane.

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L’elenco cui sovrintendono i due istituti comprende infatti, oltre al Parma e al San Daniele tre referenze per l’Istituto Parma Qualità (Prosciutto di Modena, Culatello di Zibello, Salame di Varzi), e 22 per l’Ifcq Certificazioni . In questo caso si val dal Prosciutto Veneto Berico Euganeo Dop, più noto fino a qualche tempo fa come il “dolce” di Montagnana ma guai a chiamarlo così in quanto denominazione diversa e non conforme a quanto stabilito dal Mipaf ; la Cinta Senese Dop, Stelvio Dop, Fiore Sardo Dop, Speck Alto Adige Igp, Agnello di Sardegna Igp, Kiwi Latina Igp, Pecorino Romano Dop, Pecorino sardo Dop, Valle d’Aosta Jambon de Bosses Dop, Valle d’Aosta Lard D’Arnard Dop, Prosciutto Toscano Dop, Prosciutto di Carpegna Dop, Salamini italiani alla cacciatora Dop, Salame Brianza Dop, Prosciutto di Sauris Igp, Mortadella Bologna Igp, Cotechino Modena Igp, Zampone Modena Igp, Salame Cremona Igp, Finocchiona Igp, Pitina Pnt).

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Insomma tutte, o quasi, quelle eccellenze diventate la bandiera del" Made in Italy"e, per prima, della Coldiretti. Quella che ha scalato e scala le montagne del Brennero per far contro il maiale estero nemico una barriera ma che ora fa procedere muti i suoi fanti. Da codesti impavidi eroi pronti a salire sull'altare dell'italica Patria, se necessario, ora, evidentemente con grande e riflessiva ponderazione, nemmeno un rigo sui maiali italo/danesi, geneticamente non conformi, da passare alle azzimate penne dell'informazione. Orbe, queste ultime, di tanto spiro da rimanere mute e, pare, pure attonite. Anche se, come emerge dalle cronache non pilotate, la storia va avanti dal 2014, pur in assenza dei comunicati stampa multipli dell'associazione degli agricoltori marchiata con la zappa.



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Comunicati stampa farciti  di ogni ben di Dio e ripresi per essere diffusi come assolutismi assoluti che non serve certo verificare. Oltre che dispendiosa, tale prevista pratica professionale del giornalista non giova ne ai professionisti della velina e nemmeno alla grande maggioranza di quanti fanno il loro lavoro di imprenditori agricoli come si deve. Tutti gli altri,come sta accertando la magistratura, sono imputabili di frode che ( per fortuna ? ) in questo caso rimane nell'ambito del commercio e non della frode sanitaria. Oltre all’inchiesta di Torino,va ricordata quella di Pordenone ma, per oggi, di fette di prosciutto sugli occhi ne abbiamo già tolte un paio e forse bastano per non rovinarci l'appetito.

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