“Doggy bag”
e “Byob”
Ristorazione
al passo
con i tempi
Portare via il cibo avanzato dal ristorante o scegliere una bottiglia di vino dalla propria cantina da abbinare fuori casa ai piatti dello chef: queste le abitudini che stanno prendendo piede, anche in Italia
Il
fenomeno “Doggy bag” molto lentamente sta prendendo piede anche nei
ristoranti italiani; il “Byob” invece è quasi ovunque ignorato, tranne
qualche sporadico caso. La “doggy bag” (da “doggy” cane, e “bag” borsa)
è usanza americana arrivata in Italia, ma - nonostante la promozione fatta da cooperative per il riutilizzo di carta e cartone - non viene attuata molto frequentemente.
L’occasione è quando il cliente, evidentemente sazio, lascia nel piatto l’intera o parte di una portata, magari anche costosa. A quel punto perché non suggerire di impacchettare e portare a casa per il consumo in altro momento? Ecco il nomignolo di “pacchetto per il cane”, che invece servirà a soddisfare l’appetito dei cristiani in momento successivo.
“Byob” è acronimo di origine inglese, registrato per la prima volta negli anni Cinquanta del secolo scorso. Contiene le iniziali e quindi contrae le parole “Bring your own bottles”, che letteralmente significa “Porta le tue bottiglie” (di vino… sottinteso).
Ho trovato questo invito sul menu della Trattoria Da Norberto, nell’hinterland di Bergamo, ad Albegno di Treviolo. Succede a tanti appassionati del liquore di Bacco di avere in cantina bottiglie particolarmente pregiate, “scoperte” dal proprio fiuto o pagate a caro prezzo. Volerle degustare al ristorante, in abbinamento ai piatti dello chef di fiducia, con gli amici, può essere una buona idea. La pratica del Byob lo consente. Da Norberto è scritto chiaramente in menu: “Porta la bottiglia di vino da casa. Pratichiamo il Byob. Chiediamo 1 euro a commensale per diritto di tappo e servizio”. Non dico che l’esempio debba essere seguito da tutti, ma il principio mi piace e, se qualche ristoratore ignorava questa possibilità, adesso lo sa.
L’occasione è quando il cliente, evidentemente sazio, lascia nel piatto l’intera o parte di una portata, magari anche costosa. A quel punto perché non suggerire di impacchettare e portare a casa per il consumo in altro momento? Ecco il nomignolo di “pacchetto per il cane”, che invece servirà a soddisfare l’appetito dei cristiani in momento successivo.
“Byob” è acronimo di origine inglese, registrato per la prima volta negli anni Cinquanta del secolo scorso. Contiene le iniziali e quindi contrae le parole “Bring your own bottles”, che letteralmente significa “Porta le tue bottiglie” (di vino… sottinteso).
Ho trovato questo invito sul menu della Trattoria Da Norberto, nell’hinterland di Bergamo, ad Albegno di Treviolo. Succede a tanti appassionati del liquore di Bacco di avere in cantina bottiglie particolarmente pregiate, “scoperte” dal proprio fiuto o pagate a caro prezzo. Volerle degustare al ristorante, in abbinamento ai piatti dello chef di fiducia, con gli amici, può essere una buona idea. La pratica del Byob lo consente. Da Norberto è scritto chiaramente in menu: “Porta la bottiglia di vino da casa. Pratichiamo il Byob. Chiediamo 1 euro a commensale per diritto di tappo e servizio”. Non dico che l’esempio debba essere seguito da tutti, ma il principio mi piace e, se qualche ristoratore ignorava questa possibilità, adesso lo sa.
di Roberto Vitali
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