Cerchi un ristorante?
Ti troveranno prima loro. L’era dei buttadentro: molesti e pure in nero
Con l’arrivo dell’estate e il boom del turismo, tornano i “buttadentro”: promoter che, con modi spesso invadenti, cercano di attirare clienti nei ristoranti dei centri storici. Una pratica sempre più contestata, che crea disagio tra turisti e residenti e mette a rischio l’identità dei luoghi. Tra ordinanze comunali, tensioni sociali e abusi normativi, l’Italia cerca soluzioni concrete
Redattore
Estate, turismo e centri storici italiani sotto assedio: tornano i buttadentro. Giovani promoter, spesso senza contratto, reclutati per intercettare turisti con menu turistici, offerte a voce alta e sconti inventati sul momento. Il risultato? Un assalto urbano mascherato da accoglienza, che in realtà crea disagio tra i residenti, confusione tra i viaggiatori e danneggia l’immagine della ristorazione italiana. Firenze, Roma, Capri, Lucca, Venezia: il fenomeno è ovunque. Si parla di “promozione turistica”, ma il confine con la molestia commerciale è sempre più labile. Tra volantinaggio selvaggio, pressioni invadenti e locale vuoto ma “sconto tipico” garantito, i buttadentro sono tornati. E fanno più male che bene.
Promozione o disturbo? Quando l’accoglienza diventa assalto
Con l’arrivo della stagione estiva e il boom del turismo in città d’arte e località balneari, riemerge con forza il fenomeno dei “buttadentro”, figure incaricate di attirare clienti nei ristoranti, spesso in maniera insistente. Se da un lato rappresentano un canale diretto di promozione commerciale, dall’altro sempre più turisti e residenti li percepiscono come una forma di molestia urbana.
A Capri, Firenze, Lucca e Roma, ma anche in altre località a forte densità turistica, la scena si ripete: giovani - spesso stranieri o studenti in cerca di un impiego stagionale - intercettano i passanti con menu in mano, promesse di sconti o piatti “tipici”. Il problema, segnalano le amministrazioni locali, è che questo tipo di accoglienza ha spesso un effetto opposto, spaventando il visitatore o creando disagio. Ma le ripercussioni si fanno sentire anche per le stesse attività.
Un far west normativo: cosa dice (o non dice) la legge italiana
In Italia non esiste una normativa nazionale specifica che regolamenti i buttadentro. Le pratiche commerciali moleste rientrano genericamente nel Codice del Consumo, ma spetta ai Comuni intervenire con regolamenti locali o ordinanze. In assenza di un quadro unitario, molte città si muovono in ordine sparso, con strumenti amministrativi che vanno dalle multe fino alla sospensione della licenza per i locali più recidivi. Alessandro Klun, autore del libro "A Cena con Diritto" ed esperto in materia giuridica nel campo della ristorazione, sottolinea: «Non esiste una legge nazionale che vieti espressamente questa pratica, questo è certo. Tuttavia, i Comuni possono, attraverso i propri regolamenti, introdurre divieti o limitazioni. Osservando i casi di Como, Lucca, Ischia e Capri, possono farlo proprio perché dispongono di questa potestà regolamentare. Si tratta di regolamenti di polizia urbana, che disciplinano il decoro e la sicurezza, spesso emanati a seguito di lamentele per i disagi causati da queste attività».
«È vero - specifica Klun - che questa pratica non è espressamente vietata a livello nazionale, ma può essere soggetta a specifiche regolamentazioni locali, ad esempio in materia di occupazione del suolo pubblico o di disturbo alla quiete pubblica, e a meno che la condotta non sfoci in reati veri e propri, come molestie o esercizio abusivo di una professione. In certi casi, si può arrivare anche a ipotesi più gravi come minacce o violenza. Dipende chiaramente da come viene esercitata questa attività».
Chi sono i buttadentro: profili, metodi e compensi sottotraccia
In molti casi si tratta di giovani studenti stranieri, lavoratori precari o stagionali, spesso non in regola con i contratti. Il compenso è generalmente a provvigione (1-5 euro a cliente portato), con una bassa soglia di tutele. Alcuni ristoranti utilizzano agenzie esterne, altri si affidano direttamente a personale interno o freelance. I metodi variano: volantini, promesse di sconti, piatti tipici “finti” e una retorica che punta a coinvolgere il passante facendo leva sulla spontaneità.
Il ritorno (molesto) dei buttadentro: da Capri a Lucca, il problema si ripete
A Lucca scatta il divieto per chi, all’esterno di bar e ristoranti, invita attivamente i passanti a entrare e consumare. Con un’ordinanza a effetto immediato, il Comune interviene per regolare le modalità di promozione delle attività commerciali nel centro storico, dichiarando l’obiettivo di «proteggere il decoro e garantire una fruizione serena e autonoma della città». L’iniziativa, annunciata dal sindaco Mario Pardini e dall’assessore alle attività produttive Paola Granucci, arriva in un momento di forte crescita del turismo e si propone di preservare l’immagine culturale e storica di Lucca.
«L’ordinanza non limita l’attività commerciale - precisano sindaco e assessore -. È legittimo promuovere i propri servizi, ma farlo con modi insistenti o invadenti non è compatibile con il contesto urbano che intendiamo tutelare». Il provvedimento sarà accompagnato da un sistema sanzionatorio progressivo: nei casi più gravi o in presenza di recidive, il Comune potrà disporre la decadenza delle concessioni di suolo pubblico o la sospensione dell’attività. L’amministrazione ha già informato le associazioni di categoria sui contenuti dell’ordinanza, che sarà oggetto di controlli da parte della Polizia Municipale e delle forze dell’ordine.
Le ordinanze locali: cosa hanno fatto (o promesso) Firenze, Roma e Venezia
Nel tentativo di arginare il fenomeno, alcuni Comuni hanno adottato misure più incisive. A Firenze, l’ordinanza anti-petulanza è attiva già da giugno e vieta l’attività promozionale aggressiva nei pressi dei monumenti principali. E anche sulle isole campane, Capri e Ischia hanno preso provvedimenti analoghi.A Roma si valuta l’introduzione di badge identificativi per i promoter autorizzati, mentre Venezia ha annunciato controlli specifici lungo le direttrici turistiche principali.
Chi ci guadagna davvero? Non i ristoratori
Aldo Cursano, vicepresidente vicario Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), evidenzia: «Occorre penalizzare e ostacolare in modo efficace questi comportamenti. C’è una clientela che sceglie un locale in base a storie, reputazione e indicazioni affidabili. È comprensibile che ci siano locali pieni, con clienti in attesa, e altri vuoti che tentano di attrarre persone senza però misurarsi sulla qualità dell’offerta. Ma non possiamo accettare scorciatoie. Come siamo contrari a pratiche scorrette nelle recensioni, lo siamo anche verso ogni tentativo di sottrarre la libertà di scelta al consumatore con sconti, offerte o racconti fuorvianti, che spesso non corrispondono alla realtà. I locali che lavorano bene, con una storia e una reputazione, non hanno bisogno di questi metodi. Il problema riguarda chi entra nel mercato cercando di ritagliarsi spazio con pratiche discutibili».
«Chi viene in Italia - ha aggiunto - deve trovare un’accoglienza rispettosa, non un assalto. In un momento già difficile per il comparto, con un calo generalizzato dei consumi, queste pratiche rischiano di allontanare ulteriormente la clientela e di danneggiare l'immagine dell’intero settore. All’opinione pubblica non interessa distinguere tra chi rispetta le regole e chi no: a farne le spese è l’intera categoria. Il nostro è un modello produttivo e di accoglienza che deve valorizzare la storia, la cultura e la qualità. Non è ammissibile cercare di attrarre clienti con sconti ingannevoli o pressioni indebite: ne va dell’immagine del Paese e delle città turistiche».
Buttadentro: turisti tra disagio e confusione, i residenti alzano la voce
Nelle aree più turistiche delle città italiane, cresce il malcontento tra turisti e residenti per il proliferare di attività commerciali che adottano pratiche scorrette o aggressive per attirare clienti, spesso a scapito della qualità e dell’autenticità. Sempre più visitatori raccontano di essersi trovati in locali che, a prima vista, sembravano tipici e accoglienti, salvo poi scoprire di essere finiti in vere e proprie “trappole per turisti”, dove l’esperienza si è rivelata ben lontana dalle aspettative: menu poco chiari, prezzi gonfiati, offerte ingannevoli e un servizio spesso sbrigativo o poco professionale.
Il disagio cresce anche tra i residenti, soprattutto nei centri storici, dove l’identità dei quartieri viene progressivamente snaturata da una presenza eccessiva di attività che puntano solo alla massimizzazione del profitto nel breve periodo, senza alcuna attenzione al contesto urbano e sociale. Il tessuto commerciale si trasforma rapidamente: negozi storici e botteghe tradizionali lasciano il posto a ristoranti fotocopia e attività rivolte esclusivamente al turismo mordi e fuggi. La conseguenza è una sensazione diffusa di perdita di autenticità e di qualità della vita. Molti cittadini lamentano un peggioramento del decoro urbano, con strade sempre più caotiche, affollate da personale che cerca di intercettare i passanti, volantinaggio selvaggio, musica ad alto volume e una generale percezione di disordine.
Soluzioni (serie) possibili: dal badge identificativo alle zone rosse anti-molestie
Tra le proposte sul tavolo, sulla scorta di quanto già proposto e non solo, ci sono proprio l’obbligo di registrazione per chi svolge attività promozionale, l’uso di badge visibili che certifichino l’autorizzazione da parte del Comune e regolamenti per identificare zone “off-limits” nei centri storici. L’idea è quella di distinguere tra promozione legittima e molestia, offrendo spazi di lavoro regolamentati a chi vuole operare nel settore, senza compromettere l’esperienza del visitatore. Nonostante le differenze legate ai singoli contesti territoriali, le ordinanze emanate a Como, Ischia e Capri evidenziano un orientamento condiviso: regolare l’offerta turistica per contenere fenomeni di pressione commerciale e di saturazione degli spazi urbani. Il tradizionale modello di accoglienza fondato su una promozione diretta - spesso percepita come insistente - lascia il posto a modalità più sobrie e strutturate, che tengano conto della qualità dell’esperienza turistica e del benessere della comunità locale.
La figura del buttadentro diventa così il simbolo di un turismo vissuto come invasivo, capace di compromettere l’identità autentica dei luoghi. A ciò si affianca una crescente consapevolezza dei rischi legati all’overtourism: dalla perdita di autenticità al degrado dello spazio pubblico, fino al disagio crescente tra i residenti. Le misure adottate dai Comuni non puntano a ostacolare il settore, ma piuttosto a trovare un equilibrio tra accoglienza e sostenibilità, con l’obiettivo di preservare le specificità culturali e ambientali delle località italiane più frequentate. Un approccio che, in prospettiva, potrebbe segnare un cambiamento stabile nelle politiche turistiche delle destinazioni più esposte alla pressione del turismo di massa.
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