«Io sono di Bergamo»
Guariti,
potremo dirlo
senza timori
La provincia più colpita dal coronavirus è riuscita ad emergere dalla culla nella quale si era sempre chiusa negli ultimi anni grazie a talenti che hanno dato sfoggio di creatività, eccletismo e sfrontatezza.
Un territorio oggi in ginocchio, ma pronto a ripartire con la grinta e l'impegno che da sempre caratterizza i suoi abitanti.
«Di dove sei?». «Bergamo». Silenzio. Imbarazzo. Mio, che ho detto il nome della mia città senza peli sulla lingua, quasi sfrontatamente senza considerare che è solo “una città di provincia”; dell’interlocutore, che per un attimo cerca sulla cartina geografica magari studiata alle elementari il puntino che segna la localizzazione di questa città. «Si trova vicino a Milano. Aeroporto… Atalanta… Città Alta. Comunque Bergamo “de sura”». Rompo il silenzio sempre così per togliere dalla difficoltà chi mi sta di fronte, buttandogli addosso una serie di banalità per risparmiargli le solite domande.
Il dialogo tra un bergamasco all’estero (un po’ di provincialismo ci è rimasto e quando si esce dai confini sembra tutto un po’ “estero”, anche Milano) funzionava così fino a qualche anno fa, senza dubbio. Da qualche tempo a questa parte però qualcosa è cambiato, fino a oggi, fino al baratro del coronavirus che ha attanagliato la città e la provincia. Bergamo è sulla bocca di tutti, della stampa nazionale e di quella internazionale che ha imparato a definire e riconoscere Bergamo in quanto essenza a sé stante e non distaccamento di Milano. E allora sono piovuti a grappoli di luoghi comuni di una città vissuta da un popolo “crapone” che fa del sacrificio, del lavoro, del silenzio, dell’artigianato, della tenacia la sua forza. Tutto vero, tutto intriso nel dna dei nostri avi. Ma c’è di più, onestamente e con un po’ di orgoglio va detto che a Bergamo e nei bergamaschi c’è di più.
La crescita esponenziale del “marketing” che ruota attorno a Bergamo è partita almeno 4 anni fa e si basa su tutto tranne che sulla tesi per i quali i bergamaschi sono introversi, impacciati, “magut”. Sembra buffo e riduttivo dirlo, ma a portare Bergamo sulla bocca di tutti è stata la squadra di calcio della sua città: l’Atalanta. La favola di una squadra di provincia che conquista prima i vertici del campionato italiano e poi di quello europeo hanno consentito a tutti, italiani e cittadini del mondo, di andare a cercare dove si trovasse Bergamo. Un'escalation di successi che si è fondata sull’entusiasmo, sulla creatività, sul voler attaccare sempre, sul divertire, sul puntare forte sui giovani, sul sorridere, sul vincere. Niente, insomma, che abbia a che fare con i luoghi comuni più noti. Primo tassello.
Ma la città di Bergamo è decollata anche - o forse soprattutto - grazie all’aeroporto. Il Caravaggio di Orio al Serio (che ci piacerebbe perdesse l’aggiunta di “Milano” nella denominazione dei gate che recita “Milano-Bergamo”) è il terzo scalo più trafficato d’Italia con 14 milioni di passeggeri. Certo, chi passa di qui è difficile che rimanga a Bergamo, ma basta fare due passi nei luoghi turistici più caldi della città per accorgersi che la cadenza bergamasca si perde di fronte agli idiomi internazionali più diversi. E poi, chiedete alle industrie della provincia (Tenaris, Siad, Radici, Percassi, Brembo, Gewiss, Persico solo per citarne alcune) quanto bene faccia al business offrire ai clienti l’opportunità di atterrare a due passi dalla propria sede.
Ma il lancio di Bergamo a livello turistico è avvenuto nel luglio 2017 anche grazie alla nomina a Patrimonio Unesco delle Mura Veneziane, uno dei simboli più caratterisitici della città. Una promozione a livello internazionale di grande richiamo che ora inizia a dare i propri frutti. Storia, cultura, respiro internazionale e anche in questo caso la voglia di esporsi e promuoversi piuttosto che chiudersi in se stessi e tenere per sé bellezze, emozioni, patrimoni.
Ma non finisce qui la smentita ai luoghi comuni su Bergamo e i bergamaschi. C’è un capitolo, quello della cucina che merita un capitolo a sé. Bergamo vanta uno degli 11 ristoranti tristellati d’Italia, “Da Vittorio” della famiglia Cerea. Non si tratta certo di una realtà nata recentemente, ma di certo il boom dell’enogastronomia figlio degli ultimissimi anni ha contribuito notevolmente ad un richiamo ancor più massiccio verso il locale di Brusaporto. C’è tutta la “bergamaschicità” nella famiglia Cerea, ma c’è una creatività e una voglia di internazionalizzarsi (prova ne sono gli altri locali aperti anche in Cina). E vogliamo parlare di Umberto Bombana? Chef di Clusone che è emigrato ormai anni fa in Cina facendo incetta di stelle Michelin, 7 per la precisione.
Vogliamo parlare della musica? Al di là dell’arci noto Roby Facchinetti (che ha voluto dedicare alla sua città una toccante canzone di incoraggiamento proprio in questi giorni) pensate a chi ha infiammato di più l’ultimo palco dell’Ariston di Sanremo. Ve lo diciamo noi: I Pinguini Tattici Nucleari. Da tempo la loro brace ardeva sotto una coltre di cenere ed era pronta ad esplodere. E così è stato anche grazie ad una canzone dedicata anche da parte loro alla città (nell’era pre-coronavirus). Musica, creatività e - nel loro caso - ben poca “bergamaschicità” perché sono una bomba di vita.
Restando nel campo dell’eccletismo c’è un’altra figura bergamasca che forse ai più può risultare sconosciuta o di poco conto, ma che di questi tempi non può essere trascurata. Siamo nel mondo dei social network dove il nome di Paola Turani, bergamasca doc, è tra i più noti. 1,3 milioni sono i follower che la seguono e non si può parlare certo di una persona introversa, schiva e scontrosa. Ma è bergamasca.
Chiudiamo in bellezza tornando allo sport. Le sorelle della neve, Sofia Goggia e Michela Moioli, sono i fari degli sport invernali italiani negli ultimi anni. Nelle rispettivie discipline - sci alpino e snowboard - hanno acceso i cuori di tutti gli italiani vincendo gare e coppe del mondo, ma si sono consacrate vincendo un oro olimpico a testa alle ultime olimpiadi coreane. Ascoltatele e guardatele correre: hanno la cadenza bergamasca, ma tutto il resto è una bomba di energia, simpatia, eccletismo ed entusiasmo.
L’ultimo pensiero va all’ospedale Papa Giovanni XXIII che porta il nome del personaggio bergamasco forse più celebre nella storia. Ora si parla di eroi, di medici che salvano vite, di strutture che si danno da fare per accogliere tutti e anche di più. Ma l’ospedale, rinnovato nella sua struttura da una decina di anni, è un’eccellenza mondiale su più fronti proprio a livello di capacità, conoscenze, strumentazioni, ricerca.
Quando potrete riaprire gli occhi e pure le braccia, passate da qui. Troverete gente che ha gli occhi altrettanto spalancati e le braccia che si stanno aprendo sempre di più. di Federico Biffignandi
Bergamo e i suoi personaggi
Il dialogo tra un bergamasco all’estero (un po’ di provincialismo ci è rimasto e quando si esce dai confini sembra tutto un po’ “estero”, anche Milano) funzionava così fino a qualche anno fa, senza dubbio. Da qualche tempo a questa parte però qualcosa è cambiato, fino a oggi, fino al baratro del coronavirus che ha attanagliato la città e la provincia. Bergamo è sulla bocca di tutti, della stampa nazionale e di quella internazionale che ha imparato a definire e riconoscere Bergamo in quanto essenza a sé stante e non distaccamento di Milano. E allora sono piovuti a grappoli di luoghi comuni di una città vissuta da un popolo “crapone” che fa del sacrificio, del lavoro, del silenzio, dell’artigianato, della tenacia la sua forza. Tutto vero, tutto intriso nel dna dei nostri avi. Ma c’è di più, onestamente e con un po’ di orgoglio va detto che a Bergamo e nei bergamaschi c’è di più.
La crescita esponenziale del “marketing” che ruota attorno a Bergamo è partita almeno 4 anni fa e si basa su tutto tranne che sulla tesi per i quali i bergamaschi sono introversi, impacciati, “magut”. Sembra buffo e riduttivo dirlo, ma a portare Bergamo sulla bocca di tutti è stata la squadra di calcio della sua città: l’Atalanta. La favola di una squadra di provincia che conquista prima i vertici del campionato italiano e poi di quello europeo hanno consentito a tutti, italiani e cittadini del mondo, di andare a cercare dove si trovasse Bergamo. Un'escalation di successi che si è fondata sull’entusiasmo, sulla creatività, sul voler attaccare sempre, sul divertire, sul puntare forte sui giovani, sul sorridere, sul vincere. Niente, insomma, che abbia a che fare con i luoghi comuni più noti. Primo tassello.
Ma la città di Bergamo è decollata anche - o forse soprattutto - grazie all’aeroporto. Il Caravaggio di Orio al Serio (che ci piacerebbe perdesse l’aggiunta di “Milano” nella denominazione dei gate che recita “Milano-Bergamo”) è il terzo scalo più trafficato d’Italia con 14 milioni di passeggeri. Certo, chi passa di qui è difficile che rimanga a Bergamo, ma basta fare due passi nei luoghi turistici più caldi della città per accorgersi che la cadenza bergamasca si perde di fronte agli idiomi internazionali più diversi. E poi, chiedete alle industrie della provincia (Tenaris, Siad, Radici, Percassi, Brembo, Gewiss, Persico solo per citarne alcune) quanto bene faccia al business offrire ai clienti l’opportunità di atterrare a due passi dalla propria sede.
Ma il lancio di Bergamo a livello turistico è avvenuto nel luglio 2017 anche grazie alla nomina a Patrimonio Unesco delle Mura Veneziane, uno dei simboli più caratterisitici della città. Una promozione a livello internazionale di grande richiamo che ora inizia a dare i propri frutti. Storia, cultura, respiro internazionale e anche in questo caso la voglia di esporsi e promuoversi piuttosto che chiudersi in se stessi e tenere per sé bellezze, emozioni, patrimoni.
Ma non finisce qui la smentita ai luoghi comuni su Bergamo e i bergamaschi. C’è un capitolo, quello della cucina che merita un capitolo a sé. Bergamo vanta uno degli 11 ristoranti tristellati d’Italia, “Da Vittorio” della famiglia Cerea. Non si tratta certo di una realtà nata recentemente, ma di certo il boom dell’enogastronomia figlio degli ultimissimi anni ha contribuito notevolmente ad un richiamo ancor più massiccio verso il locale di Brusaporto. C’è tutta la “bergamaschicità” nella famiglia Cerea, ma c’è una creatività e una voglia di internazionalizzarsi (prova ne sono gli altri locali aperti anche in Cina). E vogliamo parlare di Umberto Bombana? Chef di Clusone che è emigrato ormai anni fa in Cina facendo incetta di stelle Michelin, 7 per la precisione.
Vogliamo parlare della musica? Al di là dell’arci noto Roby Facchinetti (che ha voluto dedicare alla sua città una toccante canzone di incoraggiamento proprio in questi giorni) pensate a chi ha infiammato di più l’ultimo palco dell’Ariston di Sanremo. Ve lo diciamo noi: I Pinguini Tattici Nucleari. Da tempo la loro brace ardeva sotto una coltre di cenere ed era pronta ad esplodere. E così è stato anche grazie ad una canzone dedicata anche da parte loro alla città (nell’era pre-coronavirus). Musica, creatività e - nel loro caso - ben poca “bergamaschicità” perché sono una bomba di vita.
Restando nel campo dell’eccletismo c’è un’altra figura bergamasca che forse ai più può risultare sconosciuta o di poco conto, ma che di questi tempi non può essere trascurata. Siamo nel mondo dei social network dove il nome di Paola Turani, bergamasca doc, è tra i più noti. 1,3 milioni sono i follower che la seguono e non si può parlare certo di una persona introversa, schiva e scontrosa. Ma è bergamasca.
Chiudiamo in bellezza tornando allo sport. Le sorelle della neve, Sofia Goggia e Michela Moioli, sono i fari degli sport invernali italiani negli ultimi anni. Nelle rispettivie discipline - sci alpino e snowboard - hanno acceso i cuori di tutti gli italiani vincendo gare e coppe del mondo, ma si sono consacrate vincendo un oro olimpico a testa alle ultime olimpiadi coreane. Ascoltatele e guardatele correre: hanno la cadenza bergamasca, ma tutto il resto è una bomba di energia, simpatia, eccletismo ed entusiasmo.
L’ultimo pensiero va all’ospedale Papa Giovanni XXIII che porta il nome del personaggio bergamasco forse più celebre nella storia. Ora si parla di eroi, di medici che salvano vite, di strutture che si danno da fare per accogliere tutti e anche di più. Ma l’ospedale, rinnovato nella sua struttura da una decina di anni, è un’eccellenza mondiale su più fronti proprio a livello di capacità, conoscenze, strumentazioni, ricerca.
Quando potrete riaprire gli occhi e pure le braccia, passate da qui. Troverete gente che ha gli occhi altrettanto spalancati e le braccia che si stanno aprendo sempre di più. di Federico Biffignandi
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