domenica 6 settembre 2020

Discoteche, dubbi sulla riapertura Tutti a ballare a S.Marino? Lì si può

Discoteche, dubbi 

sulla riapertura
Tutti a ballare 

a S.Marino? 

Lì si può


Il sindacato dei locali da ballo dell'Emilia Romagna solleva il paradosso di San Marino dove le disco potrebbero funzionare regolarmente e speculare sulle chiusure del governo italiano. Il tutto alla luce di una riapertura che difficilmente avverrà il 7. Troppi i nodi economici e di responsabilità. Spunta l'ipotesi degli ausiliari delle mascherine.

Il buio sulle discoteche italiane continua ad imperversare. Anche guardando all’orizzonte non compare nulla di buono per i gestori dei locali da ballo. Il 7 settembre scadrà l’ordinanza di chiusura di tutti i locali italiani, ma il “lockdown” è destinato ad essere prolungato. Perché non si sono ancora trovate le contromisure per riaprire in sicurezza, perché i gestori lamentano trattamenti iniqui con altri settori, perché c’è il grosso problema dei controlli e delle responsabilità. E, come se non bastasse, ci sono anche quei paradossi tutti italiani: nella patria del divertimento, l’Emilia-Romagna, le disco restano chiuse, ma potrebbe bastare spostarsi di due passi e arrivare nella Repubblica di San Marino per potersi divertire come se nulla fosse.

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San Marino potrebbe essere un'oasi felice per il divertimento

A sollevare la questione è Gianni Indino, nelle vesti di presidente regionale del Silb, il sindacato dei locali da ballo. «Non si vede l’alba in queste condizioni - spiega - perché troppe sono le questioni da risolvere. Noi abbiamo questo problema di San Marino che stiamo evidenziando in questi giorni. Lì si può ballare, mentre a pochi passi - sul territorio di competenza del Governo italiano - no. Oltre al paradosso c’è anche il fatto che i locali che potrebbero aprire a San Marino sono vetusti e andrebbero ristrutturati a dovere per allinearsi alle esigenze del giorno d’oggi e, ancora di più, alle esigenze dettate dall’emergenza covid. Il rischio è che ci siano speculatori pronti ad aprire a San Marino mettendo a repentaglio l’incolumità dei clienti. Ci sono incongruenze da risolvere. Sappiamo che i due Governi si sono incontrati per trovare un accordo, ma non ci sono accordi già presi».
Ma questa è una questione tutta emiliana. Nel resto d’Italia sussistono problemi comuni di tipo economico e di gestione delle dinamiche che si creano nei locali. Primo, come sempre, le tasse. Proprio nelle scorse ore nella Commissione Turismo della Camera, gli addetti ai lavori del mondo delle discoteche hanno presentato alcune proposte per riaprire e riaprire con la speranza di non farlo in perdita. Quanto alle tasse, due sono le questioni. Da una parte le imposte applicate sui biglietti d’ingresso: si paga il 22% di Iva e poi un 10% di “tassa dello spettacolo”. «Una tassa sulla tassa inconcepibile e inaccettabile», l’ha definita lo stesso Indino.

E sempre sulle tasse, c'è la questione della somministrazione di cibo e bevande. «Perché noi paghiamo il 22% - si chiede Indino - mentre i ristoranti solo il 10%? Chiediamo che le tariffe vengano rese eque». Quindi, il grande problema della gestione dei controlli. Se ne è discusso tanto per la questione Sardegna e se ne continuerà a discutere. Governo e Regioni si rimbalzano l’impegno e le responsabilità senza forse considerare che si tratta di un punto focale non solo delle discoteche, ma dell’intero tessuto sociale.

«Io credo - dice Indino - che se si punissero i clienti che non rispettano le norme invece dei gestori dei locali le cose cambierebbero. Se si iniziassero a infliggere multe da 400€ a clienti senza mascherina tutti diventerebbero più ligi al rispetto delle regole. E a questo proposito, aggiungo che il monitoraggio non può spettare al locale stesso. Come esistono gli ausiliari del traffico le istituzioni predispongano anche gli ausiliari delle mascherine e diano a loro il compito di vigilare e multare se necessario».

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Gianni Indino

Infine le proposte più “tradizionali” avanzate alla Commissione che si riferiscono all’esenzione dell’Imu anche per le imprese del turismo e dello spettacolo e prestiti garantiti dallo Stato che sostengano le aziende con liquidità disponibile nell’immediato. Le soluzioni dunque sembrano esserci, ma trovare un accordo su di esse appare una battaglia ancora lunga. E intanto i bilanci crollano e le saracinesche di molti locali sono destinate a non rialzarsi più.

Così i giovani si attrezzano in altro modo, qualche volta edificante, altre volte molto meno. Spesso, purtroppo, le discoteche vengono associate allo sballo eccessivo e la chiusura di queste sposta solo il problema altrove. Una ricerca firmata da scienziati della New York University svela un mondo inedito racchiuso in una stanza, pur superando i confini delle 4 mura di casa attraverso connessioni virtuali. E molti partecipanti usano droghe in queste situazioni socialmente distanti, spiegano gli autori, ricercatori della Nyu Grossman School of Medicine e del Center for Drug Use and Hiv/Hcv Research operativo nella Nyu School of Global Public Health. Pubblicato sulla rivista 'International Journal of Drug Policy', il lavoro del team statunitense è il primo a esaminare il consumo di sostanze durante i rave e gli happy hour virtuali.

C'è la formula rave virtuale: i partecipanti assistono a spettacoli di Dj dal vivo trasmessi a migliaia o anche milioni di persone. E' successo per esempio con l'Electric Daisy Carnival, il più grande festival Edm negli Stati Uniti, ha tenuto un evento virtuale definito 'rave-a-thon', una sorta di 'maratona' con molti famosi Dj a maggio. E poi ci sono gli happy hour: incontri sociali online. Entrambe queste modalità sono popolari fra i frequentatori di feste Edm. Il 55,5% degli intervistati ha partecipato a rave virtuali e il 69,5% ha partecipato a happy hour virtuali. Più di un terzo dei festaioli digitali ha riferito di aver utilizzato droghe illegali (il 40,8% dei partecipanti ai rave virtuali e il 33,7% dei partecipanti agli happy hour virtuali).

L'alcol è stato utilizzato dalla maggior parte dei partecipanti (70%) durante entrambi i tipi di eventi, seguito dalla marijuana (quasi il 30% dei partecipanti). Per i rave virtuali è stato segnalato l'uso di ecstasy, Mdma e Molly (8,5%), Lsd (7%) e cocaina (4,2%), mentre alcuni partecipanti agli happy hour virtuali usavano cocaina (3,4%) e ketamina (3,4%). «Sebbene l'uso di droghe possa essere considerato "più sicuro" in un ambiente domestico, può anche introdurre diversi rischi, come l'uso in solitaria», ha affermato Joseph Palamar che ha condotto lo studio. «La mia preoccupazione sono anche i potenziali effetti sociali negativi di questo consumo davanti alla telecamera».
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