domenica 25 luglio 2021

Farmers Market, unitevi! Contro la fame una rete mondiale

 

Farmers Market, unitevi! 

Contro la fame 

una rete mondiale


Al via la prima Coalizione Mondiale dei Farmers Market per rispondere alla richiesta di cibi sani e locali da parte dei consumatori e alla necessità di garantire gli approvvigionamenti alimentari in tutto il mondo dove la povertà alimentare cresce del 15% a causa dell’emergenza sanitaria. 

Lo rende noto la Coldiretti in occasione del mercato “glocal” promosso da Campagna Amica per l’avvio inaugurale del pre-summit dell’Onu, con la presenza della vice segretaria Amina J. Mohammed, che stima in 2,37 miliardi le persone che non hanno avuto accesso a un'alimentazione sana nel 2020, in aumento di quasi 320 milioni in un anno. Si tratta  di circa una persona su tre al mondo dove quasi l’80% di quanto viene consumato è il frutto del lavoro dell’agricoltura familiare che nel sud del pianeta è la più vulnerabile.

La vendita diretta nei mercati contadini  sostiene i redditi degli agricoltori che sono tra le categorie più povere del pianeta e garantisce ai consumatori la possibilità di acquistare al giusto prezzo cibo sano riducendo gli sprechi e difendendo la biodiversità in un circuito etico virtuoso con una giusta distribuzione del valore dal campo alla tavola. Senza dimenticare l’impatto positivo sul clima con il consumo di prodotti a chilometri zero che non devono percorrere grandi distanze con mezzi inquinanti.


A livello globale già un Paese su cinque (20%) può contare su sistemi di vendita diretta che possono trovare nella nuova “World Farmers Market Coalition” un punto di riferimento per crescere. Tra i promotori della Coalizione Mondiale dei Farmers Markets, insieme all’Italia ci sono Usa, Norvegia, Australia, Danimarca, Giappone, Canada, Cile, Ghana, Sud Africa, Georgia, Inghilterra e altri hanno già dichiarato il loro interesse ad aderire.


Supportata dalla Fao, la coalizione è uno strumento per la diffusione dei mercati contadini nel mondo con particolare riguardo ai Paesi in via di sviluppo, accompagnando da una parte i governi verso l’adozione di un quadro normativo specifico e dall’altra assistendo le associazioni locali degli agricoltori nello sviluppo di reti come quella di Campagna Amica in Italia, della Farmers Market Coalition negli Stati Uniti o in Canada, con supporto a livello tecnico-legale, di comunicazione e di formazione per manager e agricoltori. I ritmi di crescita dei mercati contadini sono davvero importanti.


Dall’analisi del Centro Studi Divulga si evince che le aziende agricole che svolgono attività di vendita diretta hanno visto più che duplicare, ed in alcuni casi triplicare, il fatturato.


Negli Stati Uniti negli ultimi 20 anni il numero dei farmers markets è passato dai 1.755 nel 1994 agli attuali 8.755, con un incremento di quasi il 400% e il fatturato che ha superato i 12 miliardi di dollari. Un successo che si accompagna ad una rapida diffusione in tutto il pianeta. Basti pensare ai ritmi di crescita registrati in alcuni Paesi europei, come quelli scandinavi. In Norvegia i tassi di sviluppo sono pari al 20% annuo dal 2003 ad oggi, mentre in Estremo Oriente, come in Giappone, lo sviluppo delle filiere corte ha consentito agli agricoltori di registrare margini di redditività più elevati rispetto alle filiere convenzionali.


E poi ci sono la Danimarca, il Regno Unito, dove i mercati contadini – spiega Coldiretti - sono considerati complementari o alternativi ai sistemi di distribuzione alimentare tradizionali. Ma la realtà delle filiere corte inizia a prendere forma anche nei Paesi in via di sviluppo, come testimoniano diversi progetti che puntano proprio sulla riconnessione tra produttori e consumatori. In Ghana, partner del progetto di lancio della Coalizione mondiale dei Farmers Markets, sempre più agricoltori privilegiano strategie di vendita che puntano sul tradizionale rapporto diretto fra agricoltori e famiglie ma con uno sguardo rivolto al futuro.


L’affermazione dei mercati degli agricoltori nelle metropoli ha consentito di ridurre la distanza tra produttore e consumatore rafforzando il legame tra aree rurali e aree urbane con un importante patrimonio di biodiversità che dalle campagne si trasferisce in città. Anche nei pesanti tempi del Covid i mercati contadini hanno offerto un contributo fondamentale, garantendo alla popolazione cibo sicuro e approvvigionamenti costanti nonostante le difficoltà legate alla pandemia riuscendo anche a rendere più trasparente per il consumatore il prodotto acquistato, tutelando la biodiversità, le specificità locali e valorizzando la custodia dei territori.


Dal Dulse canadese al Cocoyam del Ghana, dalla carne di capra salata norvegese alle bacche di Karitè africane, dalla frutta del Caucaso al bitter di rafano statunitense sono alcuni dei curiosi prodotti salvati dall’estinzione grazie al lavoro di generazioni di contadini in mostra al primo mercato glocal, inaugurato dalla Coldiretti a Campagna Amica in via San Teodoro 74 nella Capitale con il via alla prima Coalizione Mondiale dei Farmers Market.
Le specialità che i contadini vendono nei mercati locali del mondo hanno tutti delle caratteristiche assolutamente preziose, sapientemente custodite contro l’omologazione e la banalizzazione alimentare, come la gelatina e la marmellata di tarassaco interamente realizzate a mano secondo la tradizione Amish che rifiutano le moderne tecnologie di lavorazione e conservazione. Ma questi prodotti svolgono anche una funzione ambientale come il miele city bee danese che nasce sui tetti di Copenaghen, aiuta il verde urbano e la biodiversità con la vitale azione impollinatrice delle api ed è un miele assolutamente privo di contaminanti, naturale al 100% oppure come il sidro danese di Ørbæk, detto anche sidro antispreco perché ottenuto da ben 5 milioni di chili di mele che cadono dagli alberi e vengono abbandonate.


Sull'isola di Funen in Danimarca, infatti, esiste una lunga tradizione di consegna della frutta in eccesso, che altrimenti andrebbe persa, presso un’azienda che la trasforma in sidro. E se il Dulse canadese è un'alga secca venduta secondo l’antica usanza dell’onore in cui il consumatore si fida della bontà del prodotto e il venditore della somma lasciata direttamente al punto vendita il Cocoyam del Ghana è un grande tubero di cui si consumano anche le foglie che vengono bollite, fritte o arrostite. E c’è la carne di capra salata norvegese spesso servita con porridge di panna acida che rappresenta lo spuntino estivo perfetto per gli abitanti del posto.


Dal Canada arriva anche il Vino Tiday bay, il cui nome è stato ispirato dalla Baia di Fundy, sede delle più alte maree del mondo, il vino vivace e aromatico ha tutte le caratteristiche tipiche del clima fresco che si abbina perfettamente ai frutti di mare locali. Tra in prodotti più curiosi del Ghana, invece, ci sono le bacche di Karitè da cui si ricava un prezioso grasso vegetale. Gli alberi autoctoni di karitè inoltre forniscono fiori commestibili e foraggio per le api e parti dell'albero possono essere utilizzate anche in medicina tradizionale. Ancora i ghanesi hanno fatto conoscere ai consumatori italiani la noce di Tigre, un tubero sferico dalla caratteristica colorazione che va dall’arancione più chiaro a quello più scuro conosciuto e apprezzato per la sua dolcezza. Il prodotto – informa la Coldiretti – viene consumato a crudo e da esso si ricavano anche farina senza glutine e un estratto per preparare il gelato. E’ anche una preziosa fonte di oli vegetali con benefici per la salute. Sempre in Ghana si trova il Gari una farina granulare bianco-crema dal sapore leggermente fermentato ed aspro ottenuta da tuberi di manioca che è ampiamente conosciuta e consumata anche in tutti gli altri paesi dell'Africa occidentale.


Dalla Danimarca arrivano poi molti tuberi, si va da quelli piccoli gialli irregolari dal gusto e consistenza delicati a quelli chiamati mandorla rossa, patata oblunga con un gusto intenso usata principalmente bollita e ancora la patata asparagi, un'antica varietà dal colore giallo intenso e un sapore molto forte, quasi di nocciola che viene cotta con la buccia e spellata al momento per preservare i sapori e consumata principalmente in insalata. Sempre dalla Danimarca arriva il formaggio di capra aromatizzato con fiori locali ricavato dal latte di capre Landrance, una razza caprina autoctona in via di estinzione che pascola all'aperto e si nutre solo con erba e fiori naturali. I caprini freschi vengono stagionati e decorati con fiori locali come tarassaco, fiordaliso, calendula e lavanda. Molto interessanti sono anche le tisane di erbe spontanee che gli autoctoni chiamano Tè selvatico che viene raccolto a mano e mixato con piante autoctone e fiori più comuni che crescono in abbondanza intorno a Copenaghen.


Dagli Stati Uniti arriva invece il horseradish, bitter di rafano, prodotto in gran parte con frutti e radici locali utilizzati anche per produrre aceto e altri tonici utili alla salute. Sono specialità realizzate con antiche tecniche artigianali di conservazione della frutta sotto aceto che sono tornate prepotentemente di moda anche nei cocktail rurali. Ma non poteva mancare il miele open source del Mississippi meridionale dove i mercati contadini hanno incoraggiato gli agricoltori ad entrare nel mercato del miele, per il crescente interesse dei consumatori verso i mieli locali ad alto contenuto di antiossidanti. Iat 

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