sabato 21 agosto 2021

Il diavolo veste Blumenthal... e la divina carbonara inorridisce

 

Il diavolo veste Blumenthal... 

e la divina carbonara 

inorridisce

Il celebre chef tristellato ha proposto una versione di uno dei piatti icona della cucina italiana molto discutibile. Nessuno mette in dubbio che sia buonissima, ma abbia almeno la decenza di cambiarle il nome

di Vincenzo D’Antonio

La prima considerazione, in questo scorcio dell’estate post Ferragosto, è: beati voi! Voi chi? Voi che adesso si amplia al noi. Voi e noi, quindi tutti, che vogliamo riprenderci un po’ di spensieratezza alla quale abbiamo sacrosanto diritto e quindi legittimamente accantoniamo pandemia e talebani e diveniamo affardellati da problema grave. Esso, espresso con la domanda diretta, è il seguente: Caro chef Heston Blumenthal, con tutto il rispetto che si deve ad un tristellato di fama mondiale, e chiedendo scusa per l’ardire, ma tu ci sei o ci fai?” Tertium non datur! 

La carbonara per gli italiani

La carbonara è soggetto vivente! Vive in tutti noi che la sappiamo fare nella modesta versione casalinga, e la sappiamo chiedere in comanda ai ristoranti (tantissimi in Italia) che la eseguono a regola d’arte. In definitiva, nel nostro piccolo, avendo per tetto un cielo non stellato, noi la carbonara sappiamo cos’è e ce la sappiamo godere: voluttà agli occhi, con l’abbraccio sensuale di pasta (quale pasta?), uovo, pepe nero, guanciale e Pecorino Romano Dop? Voluttà alle narici, con pizzicorino dovuto al pepe nero e profumo dell’unto grasso del guanciale, voluttà al palato e qui le parole non sono bastevoli a dire quale ghiotto coacervo di sapori riempie la bocca masticante.

Una buona carbonara è semplice a farsi. Una carbonara ottima, ancor più un’eccellente carbonara è difficile a farsi per quanto al suo compimento concorrono dettagli di cottura e qualità somma di tutti gli ingredienti. Difficile a farsi, ma semplice sempre e comunque la lista degli ingredienti. La carbonara è l’elogio del togliere, non del mettere.

Cosa ha combinato Blumenthal?

Ecco, l’esimio chef Blumenthal, questa lezione bimillenaria della nostra cucina proprio non l’ha ancora imparata. Allievo discolo che comunque oggi e sempre sia perdonato (!). La nostra cucina invita al togliere piuttosto che al mettere, così insegnandoci che è vincente, riferendoci agli ingredienti in ricetta, il “pochi ma buoni” che poi nell’empireo delle risultanze diviene il “pochi ma eccellenti”. E invece Blumenthal cosa fa ? Lavora per aggiunte.

La cipolla nella ricetta originale della carbonara brilla per la sua virtuosa assenza. Il prode Heston pontifica che ce ne vogliono ben tre ogni quattro porzioni. Mica, un mezzo spicchio, macché!  Tre cipolle per ogni quattro porzioni. Secondo me ha visto giusto, il prode Heston, si è mica tristellati per nulla. Però questo suo nuovo signature dish che piacerà in tutto il mondo, chiamiamolo pasta alla cipollara!

Un momento, e mica aggiungiamo solo la cipolla. Vorremmo mica essere tacciati di tirchieria nella declaratoria degli ingredienti ? Ma come non inserire, tanto stanno sempre bene ovunque, anche due spicchi d’aglio? Heston docet. E che anche aglio sia, oltre che cipolla.

Il guanciale ce lo riserviamo per i placidi sonni che speriamo non includano gli incubi della carbonara secondo Blumenthal, ed invece al suo posto inseriamo il bacon. Al posto del pepe nero ci mettiamo il peperoncino verde fresco e poi, che si fa, non si onora una locuzione ben nota secondo cui il prezzemolo sta bene ovunque? E allora, omaggio alla tradizione delle locuzioni popolari (la tradizione culinaria può attendere!) e aggiungiamo il prezzemolo. Rinsavimento last minute induce lo chef a suggerire cottura al dente della pasta e uovo a crudo (solo tuorlo, anche albume; frazione di albume ogni tot tuorli?). IAT

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