Contaminazione alimentare: l'Italia
di fronte
a un'emergenza silenziosa
La contaminazione alimentare è un rischio crescente e spesso sottovalutato. Sostanze chimiche come Pfas e Nias possono infiltrarsi nella catena alimentare, minacciando la salute pubblica attraverso l'acqua, i terreni agricoli e i prodotti di uso quotidiano. L'Italia si trova al centro di una delle situazioni più gravi d'Europa, con casi allarmanti registrati in Veneto, Piemonte e Lombardia
Responsabile scientifico di Italia a Tavola
Iniziamo, con questo articolo, un'indagine su temi spesso trascurati nel mondo del food, un comparto in cui, troppo spesso, ci si rifugia dietro grandi concetti e valori etici, storici e culturali. La parola "sostenibilità" domina il dibattito, usata a volte fino a diventare una sorta di ubriacatura collettiva. Forse, però, è giunto il momento di affrontare questioni più scomode, spesso evitate per timore di addentrarsi in ambiti scientifici complessi e di non facile interpretazione. Tra queste, l'inquinamento e la contaminazione degli alimenti rappresentano un rischio sempre più concreto, tanto da far temere di aver raggiunto un punto di non ritorno.
Pfas e Nias: le sostanze che minacciano la nostra salute alimentare
Per cominciare, è utile dare uno sguardo a due sigle ormai al centro dell'attenzione internazionale: Pfas e Nias, acronimi di termini tecnici in inglese. I Pfas, ossia le "perfluorinated alkylated substances", sono sostanze chimiche di sintesi che analizzeremo in dettaglio, mentre con il termine Nias, ovvero "Non Intentionally Added Substances", ci si riferisce a contaminazioni alimentari non intenzionali. Negli ultimi anni, il dibattito sull'inquinamento delle acque, dei terreni agricoli e sulla contaminazione di sostanze potenzialmente pericolose è diventato sempre più acceso. Queste sostanze possono infatti arrivare sulle nostre tavole, rappresentando un rischio concreto per la salute, non solo attraverso il cibo, ma anche tramite oggetti di uso quotidiano, come le padelle antiaderenti che molti di noi utilizzano in cucina. L'Italia, purtroppo, è al centro del più grave caso di contaminazione da Pfas in Europa, come denunciato da Greenpeace.
L'associazione ambientalista ha condotto indagini approfondite in Veneto, supportate dalle ricerche avviate già nel 2013 dall'Arpa, l'Agenzia regionale per la prevenzione ambientale del Veneto, con studi sul fiume Po. Anche altre regioni non sono esenti: in Piemonte, l'Unione tutela dei consumatori di Novara denuncia da anni l'inquinamento delle acque locali, mentre in Lombardia, la rispettiva Arpa ha avviato indagini analoghe. A queste iniziative si aggiungono gli studi del Dipartimento di ambiente e salute dell'Irccs Mario Negri di Milano.
Cosa sono i Pfas? E come entrano nella catena alimentare?
Ma cosa sono esattamente i Pfas e perché rappresentano un rischio così serio per l'uomo e per l'ambiente? Nati negli anni Quaranta come composti chimici di sintesi, i Pfas comprendono oggi oltre 4mila sostanze utilizzate principalmente in ambito industriale. La loro forza risiede nella resistenza ai processi naturali di degradazione, dovuta ai solidi legami tra atomi di fluoro e carbonio: una caratteristica che li rende particolarmente apprezzati in diversi contesti industriali per la loro capacità di respingere sia l'acqua sia i grassi.
I Pfas sono presenti in numerosi prodotti di uso quotidiano: si trovano nelle superfici antiaderenti delle pentole, nei detergenti, nei lucidanti per pavimenti e nelle vernici al lattice, dove svolgono il ruolo di emulsionanti o tensioattivi. Vengono impiegati anche nel trattamento di tessuti, tappeti, pelli e rivestimenti per renderli impermeabili e resistenti alle macchie. Inoltre, trovano applicazione nel settore medico per la produzione di teli e camici chirurgici, nella placcatura dei metalli, nella lavorazione del petrolio, nella produzione mineraria e nella realizzazione di imballaggi alimentari resistenti a olio e acqua. Il loro impiego si estende poi anche all'edilizia, all'elettronica e al settore energetico, grazie alle proprietà dielettriche e idrorepellenti.
Il vero problema è che queste sostanze possono infiltrarsi nelle acque sotterranee e, se non gestite correttamente durante i processi industriali, accumularsi nelle piante e finire nella catena alimentare. Le conseguenze, secondo gli studi dell'Irccs Mario Negri di Milano, sono preoccupanti: i Pfas possono essere assorbiti dal sangue umano e causare gravi danni alla salute. L'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha indicato un possibile aumento dei livelli di colesterolo, mentre altri studi hanno riscontrato effetti negativi su fegato, tiroide, sistema immunitario, sistema riproduttivo e un aumento del rischio di alcune forme di cancro. L'esposizione maggiore, secondo gli esperti, avviene principalmente attraverso ciò che mangiamo e beviamo.
Quindi, cosa si può fare per contrastare questo rischio? Le Arpa regionali e le autorità sanitarie locali dovrebbero intensificare le ricerche e monitorare con maggiore attenzione le aziende potenzialmente pericolose sul territorio. Anche i sindaci, in quanto garanti della salute pubblica, dovrebbero impegnarsi ad avviare indagini specifiche, così come le aziende responsabili della distribuzione dell'acqua potabile, che hanno il dovere di garantire la sicurezza degli acquedotti.
Nias: cosa sono e perché sono un rischio nascosto?
Per quanto riguarda i Nias, le "sostanze non intenzionalmente aggiunte" nei materiali a contatto con gli alimenti, la questione, pur essendo meno complessa da interpretare, non è meno rilevante. Queste sostanze possono formarsi nei materiali destinati al contatto alimentare, come il packaging, a causa di processi chimici imprevisti o incontrollabili. Tra le cause più comuni troviamo la degradazione dei materiali, i processi di irradiazione, le impurità presenti nelle materie prime o negli additivi, e i contaminanti che possono penetrare durante il ciclo produttivo. Anche reazioni chimiche non intenzionali tra le materie prime possono dare origine a queste sostanze.
Un esempio concreto riguarda gli alimenti confezionati in plastica o conservati in vaschette ricoperte di pellicola: questi materiali, a contatto con il cibo, possono rilasciare particelle dannose. Lo stesso rischio vale per le bottiglie di plastica utilizzate per l'acqua minerale, tanto che l'Ue sta valutando l'introduzione di misure volte a ridurre questo pericolo, incentivando l'uso del vetro e il ritorno al sistema del vuoto a rendere, con possibile attuazione già dal 2026.
Anche gli adesivi utilizzati per le etichette alimentari sono sotto esame, in quanto potenzialmente capaci di rilasciare sostanze indesiderate. Gli esperti raccomandano quindi maggiore attenzione negli acquisti, privilegiando alimenti confezionati in vetro, soprattutto quelli con un contenuto acido elevato. Anche i contenitori in metallo rivestiti internamente per evitare il contatto diretto con il metallo sono oggetto di studio, ma al momento i vasetti di vetro restano la scelta più sicura per conserve come sott'oli e sottaceti.
Detto ciò, questi sono temi di grande rilevanza per la salute di tutti. Le autorità, pur temendo possibili allarmismi nella popolazione, dovrebbero prestare maggiore attenzione al problema e agire con maggiore decisione. Torneremo presto a occuparci di queste questioni con ricerche più approfondite e nuove riflessioni.
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