CHEF CIRO DI MAIO DEDICA LA MARGHERITA FOJUTA A TOTÒ Nuova versione della tradizione napoletana, anche l’acqua della mozzarella nell’impasto che “nasconde” gli ingredienti della Margherita ispirandosi al leggendario “spaghetto alle vongole fojute”. Lo chef napoletano: “Un omaggio alla tradizione della cucina povera, al teatro e a Totò” Preparare una ricetta senza il suo ingrediente principale è un'esigenza che nella tradizione culinaria napoletana ha generato un piatto iconico, gli spaghetti alle vongole fujute. Stando alla narrazione popolare, l’epifania del piatto nasce da un’idea del grande autore teatrale Eduardo De Filippo, era il 1947. Si narra che al termine di uno spettacolo si trovò con la dispensa vuota e lui improvvisò un piatto di spaghetti, aglio, peperoncino e pomodorini; non c’erano le vongole, il profumo di mare arrivava dall’illusione dell’uso eccessivo del prezzemolo. Il piatto divenne iconico grazie alla battuta che il giorno dopo De Filippo fece alla sorella: “Ho preparato gli spaghetti con le vongole, che però erano fujute (scappate in dialetto napoletano, ndr). Ne seguirono il successo popolare e le mille interpretazioni: in alcuni casi si cucinavano persino i sassi di mare. Ispirandosi a questa tradizione della cucina povera napoletana, chef Ciro di Maio, che a Brescia gestisce San Ciro, ha deciso di proporre la sua “Margherita Fojuta”. Lo chef napoletano, noto per i suoi video su TikTok ma anche per le sue iniziative solidali (ricordiamo che ha insegnato l’arte della pizza ai detenuti del carcere di Brescia e che porta al canile locale l’acqua avanzata ai tavoli del proprio ristorante), ha raccolto tutti gli ingredienti della pizza Margherita e li ha fusi nell’impasto: ci sono ma non si possono vedere. Sono fojuti, ossia scappati. Farina, sale, olio, lievito, basilico, pomodoro, ma persino la mozzarella e la sua “acqua”. Tutto viene impastato assieme e ne nasce una sorta di focaccia molto gustosa, che ha dentro di sé i sapori antichi della Margherita e si erge a modello di risparmio in cucina: nulla viene sprecato, neppure la parte della mozzarella che di solito viene buttata. “Totò diceva sempre che a Milano la nebbia c’è, ma non si vede, e adesso nasce in Lombardia anche la Margherita che c’è, ma non si vede”, dice chef Ciro di Maio, che spesso torna a Napoli per iniziative di beneficenza, come il recente convegno nelle scuole dei quartieri periferici con annessa l’apertura di una maxi pizzeria all’aperto che ha cotto cinquecento pizze per tutti. “Abbiamo voluto rendere omaggio alla Margherita, il suo sapore e la sua bellezza ha stupito anche noi. L’unico fattore che non “scappa” è quello del gusto, è una pizza davvero semplice e buona”. Ma il suo significato va oltre, riporta in auge quella freddura (“A Milano, quando c'è la nebbia, non si vede…”) che gli italiani impararono ad amare con la pellicola “Totò, Peppino e la... malafemmina”; alla regia c’era Camillo Mastrocinque e correva l’anno 1956. Chissà se la Margherita Fojuta di chef Ciro potrà essere anche un modo per rendere più serene le persone, considerato che è stato dimostrato che la Margherita rende felici. La conferma scientifica è arrivata da recenti studi. In una Margherita c’è il triptofano, un amminoacido essenziale presente nella mozzarella e nell’impasto: tale sostanza viene utilizzata dal corpo per produrre serotonina, “l’ormone della felicità”. E la Margherita, che nel 2025 festeggia i suoi 136 anni, rende ancora più felici. I pomodori sono ricchi di licopene, un potente antiossidante della famiglia dei carotenoidi che conferisce loro il caratteristico colore rosso, quindi apporta ulteriori benefici per la salute. Anche il basilico, utilizzato come condimento, è noto per le sue proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e digestive. “La pizza, se preparata con ingredienti di prima qualità e con olio extravergine di oliva, apporta benefici salutistici ai suoi amanti”, conclude lo chef Ciro di Maio. “I benefici derivano prevalentemente dalla presenza di composti antiossidanti, largamente rappresentati a partire dal selenio, dalla vitamina C, ai carotenoidi, alla vitamina E, ai polifenoli fino ai bioflavonoidi”. Per chi volesse assaggiare la ricetta di Ciro, “San Ciro” si trova a Brescia (vicino al multisala Oz, in via Sorbanella).
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO SCHEDA SAN CIRO Ciro Di Maio nasce a Frattamaggiore, un comune del Napoletano, nel 1990. Mamma casalinga, papà dal passato burrascoso. Le sue prime esperienze nel lavoro sono a 14 anni, poi si iscrive all’Alberghiero, ma a 18 anni lascia gli studi e inizia a lavorare. Nel 2015, la svolta: trova un lavoro da pizzaiolo per una grossa catena in Lombardia, poi riesce a rilevare quella pizzeria assieme a sei soci, infine diventa titolare unico. È così che è iniziata l’avventura “San Ciro”, il suo locale a Brescia (vicino al multisala Oz, in via Sorbanella) che oggi impiega una quindicina di persone ed è noto per la veracità delle sue pizze, ma anche per il suo menù alla carta di alta cucina. Un locale amato perché rappresenta la tradizione napoletana, a partire dagli ingredienti: olio dop, mozzarella di bufala campana dop, pomodorino del Piennolo, ricotta di bufala omogeneizzata e porchetta di Ariccia Igp. Fondamentale è la pasta: ogni giorno viene scelto il livello esatto di idratazione, in base all’umidità di giornata. In menù ha la pizza verace, ma anche il battilocchio, la pizza fatta da un impasto fritto nell’olio bollente e subito servito avvolto in carta paglia. Le pizze sono tutte diverse, sono fatte artigianalmente. Ciro lo ripete spesso. “Mi piace tirare le orecchie alle pizze, ognuna ha il suo carattere e deve mostrarlo, odio le pizze perfettamente rotonde e se c’è più pomodoro da una parte rispetto ad un’altra è perché usiamo pomodori veri”. Molti i vip che lo amano, le pareti del suo ristorante sono piene di fotografie. Tra le altre anche Eva Henger, che è stata a cucinare pizze una sera da lui. Senza dimenticare i giocatori del Brescia Calcio e del Germani Brescia, che quando possono, anche dopo le partite, lo passano a salutare. Ciro ama le iniziative benefiche. Oltre al lavoro in carcere per formare i detenuti a diventar pizzaioli, Ciro si è dedicato anche alla formazione nel Rione Sanità di Napoli, un quartiere che gli ricorda la strada in cui è cresciuto, via Rossini a Frattamaggiore. L'istituto che ha accolto il suo progetto è stato l'Istituto alberghiero D'Este Caracciolo, ha portato a termine delle lezioni online a dei ragazzi che seguono l’indirizzo enogastronomico e l’indirizzo sala e accoglienza. |
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