L’alimentazione
può aiutare a migliorare
le capacità intellettive?
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Problemi etici
(e giuridici) sollevati dall’uso di potenziatori riguardano
fondamentalmente
la sicurezza, la libertà personale e l’equità. Il futuro èin mano nostra e
cerchiamo di utilizzare ciò che la scienza ci potrà offrire con oculatezza.
Come ho
sottolineato nel pezzo precedente, le persone dalle elevate capacità
intellettive sono sempre
state molto apprezzate nelle società del passato e del presente e in fin dei conti dobbiamo
proprio a queste ed al loro intelletto le grandi scoperte scientifiche, le
grandi opere
letterarie ed artistiche ed il progresso tecnologico e culturale in generale.
Sappiamo però
che dall’altra parte esistono delle persone che hanno delle capacità intellettive
scarse, come pure che diverse patologie di tipo degenerativo portano ad una progressiva
perdita delle facoltà intellettive quali memoria ed intelligenza.
Se in un passato
non lontano poteva sembrare fantascienza, oggi, oltre alle classiche sostanze
stimolanti contenute in diverse piante e note per la loro capacità di renderci più svegli e più
capaci di mantenere la concentrazione per tempi più lunghi, come le diffusissime
caffeina e teobromina, perfettamente legali ed onnipresenti, o l’illegale cocaina, abbiamo
veramente a disposizione delle sostanze farmaceutiche capaci di potenziare le
attività cerebrali.
Restare svegli e
concentrati per ore e ore, giorno e notte, migliorare le proprie capacità
di memoria e non
sentire la fatica non è più soltanto un desiderio, ma è ormai una realtà.
È il
neuroenhancement, o potenziamento cognitivo. Si definisce come un aumento
delle prestazioni
intellettive principalmente grazie all’assunzione di alcuni farmaci
oppure a stimolazioni
transcraniche (elettriche o magnetiche).
Droghe
intelligenti
Alcuni chiamano
questi farmaci smart drugs (droghe intelligenti), ma in effetti si tratta
di farmaci
perfettamente legali studiati ed usati per attenuare gli effetti sulle capacità
intellettive di
disturbi o malattie come la sindrome da deficit attenzionale ed
iperattività oppure il morbo
di Alzheimer o di Parkinson o problemi del sonno, che se
somministratialle persone
sane possono ottenere come effetto un potenziamento delle
capacitàintellettive più o meno lungo. Tali farmaci sono chiamati anche nootropi.
capacitàintellettive più o meno lungo. Tali farmaci sono chiamati anche nootropi.
“Nel mondo
anglosassone l’utilizzo di questo genere di farmaci da parte di studenti è
risaputo e i
giornali ne parlano spesso. Nell’Europa continentale, invece, l’impressione
nell’opinione
pubblica è che si tratti di uno scenario futuribile. Non è così”, dice Agnes
Allansdottir,
psicologa sociale che lavora al progetto europeo NERRI (Neuro-
Enhancement
Responsible Research and Innovation), il cui obiettivo è facilitare il
dialogo sociale
sul potenziamento cognitivo e elaborare una serie di linee guida per i
legislatori
europei. Sono stati proprio numerosi scienziati, interpellati dalla prestigiosa
rivista
“Nature”, ad ammettere, in un sondaggio anonimo online, che non solo
ritengono lecite queste sostanze (l’80% dei quasi 1500 che hanno risposto), ma di farne
ritengono lecite queste sostanze (l’80% dei quasi 1500 che hanno risposto), ma di farne
personalmente
uso (il 20%). Questi farmaci agiscono sui processi di eurotrasmissione,
ovvero nel
passaggio degi impulsi nervosi da un neurone all’altro.
Il farmaco più
usato a questo scopo è il metilfenidato, indicato solo per la sindrome da
deficit di
attenzione e iperattività dei bambini, ma in realtà diffuso nei college
americani
per facilitare gli
studi. Ci sono, poi, il modafinil (approvato per alcuni disturbi del sonno,
assunto invece
per restare svegli notti intere), o i classici beta bloccanti, prescritti
comunemente per
patologie cardiovascolari, ma ai quali si ricorre per tenere a bada il
batticuore
scatenato da una prestazione importante o da un esame. Oltre a migliorare
la memoria, si
cerca anche come poterla modificare, a esempio cancellando ricordi
spiacevoli, il
che potrebbe servire a prevenire sindromi post traumatiche.
Ma oggi i
farmaci sembrano non essere l’unica possibilità. Esiste, ad esempio, una mole sempre più
considerevole di studi (circa 200 fino ad oggi) che suggerisce l’efficacia
dellastimolazione
cerebrale transcranica (attraverso elettrodi posti sul cuoio capelluto che danno un impulso
magnetico o elettrico) per migliorare le capacità cognitive. Anche il
mercato sembra
non aver tardato ad approfittarne producendo stimolatori “casalinghi” di dubbia
efficacia.
Questa
metodologia, utilizzata a fini terapeutici in casi di depressione, Adhd, e
riabilitazione
di deficit motori o cognitivi dopo un ictus, nei soggetti sani sembra
determinare un
miglioramento della memoria verbale e visivo-spaziale, dell’attenzione,
delle abilità numeriche.
Ma le previsioni si spingono ancora più in là. C’è chi valuta (perora a livello
teorico) l’impiego cerebrale delle cellule staminali per accrescere capacità evelocità delle
funzioni mnemoniche e di apprendimento e chi, in futuro, vede lapossibilità di
far ricorso anche alla chirurgia ed agli impianti.
Dov’è il limite,
dunque? Qual è la differenza con il comunissimo caffè che beviamo quotidianamente?
Problemi etici (e giuridici) sollevati dall’uso di potenziatori riguardanofondamentalmente
la sicurezza, la libertà personale e l’equità. Nel primo caso è una questione di
rapporto tra rischi e benefici. Gli effetti collaterali o la possibilità di
gravi
reazioni avverse
a questi farmaci possono essere giustificati per curare una malattia,
ma non per
migliorare le proprie prestazioni. Ben vengano questi farmaci se riescono a sopperire a
deficit cognitivi per aiutare le persone che hanno dei problemi, cautela invece se si
vuole potenziare le proprie capacità.
Per la questione
della libertà personale intendo che nessuno dovrebbe mai essere
obbligato ad
assumere delle sostanze che non vuole, il che è una regola universale, ma
dall’altra parte
ritengo che in casi particolari, posso fare l’esempio di un chirurgo
ingaggiato in un
complicato intervento che dura diverse ore, oppure di una squadra di
scienziati
ingaggiati per la soluzione rapida di qualche grave problema, sia lecito
assumere dei
potenziatori cognitivi.
L’equità invece
si riferisce all’accessibilità di questi farmaci, in modo che possano averli a disposizione
tutti, e non solo delle elites di privilegiati. Se così non fosse si verrebbe a creare una
disparità di fondo finendo per non premiare coloro che invece sono meritevoli per il loro lavoro
e le loro capacità innate.
Che dire? Il
futuro è in mano nostra: cerchiamo di utilizzare ciò che la scienza ci potrà
offrire con culatezza.
(2, fine)
(2, fine)
(di Denis
Stefan)
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