Il segreto della felicità?
Essere ignoranti!
La ricerca: «È ciò che ci rende davvero liberi». Ma la medaglia, come sempre, ha due facce...
L’ignoranza logora chi non ce l’ha.
E gli altri?
Sono
felici, oltre che beati. Uno studio condotto dalla Australian National
University offre fondamento scientifico a uno dei luoghi comuni più
citati e conosciuti.
Il non sapere, l’ignoto, sarebbe il segreto
della felicità. “Solo l’ignoranza ci dona la vera libertà”, assicura
Michael Smithson, professore della Research School of Psychology.
L’esercizio
costante e quotidiano di raccolta di informazioni, analisi e previsioni
di possibili scenari futuri, che molti di noi fanno quasi in
automatico, in realtà avrebbe l’effetto di tarparci le ali.
“Serve
non conoscere alcune parti della tua vita presente e futura per
assaporare l’autentica libertà personale”, spiega lo studioso.
“Se
tutto è già scritto per te, se sai già come andrà a finire, sei meno
libero quando prendi decisioni”. Secondo Smithson l’ignoranza è alla
base della creatività, concetto che dovrebbe far riflettere artisti,
imprenditori e anche gli scienziati.
“Devi non sapere, altrimenti non ci sarebbe nulla da scoprire e niente di nuovo da inventare”.
Il
professore non sottovaluta il “lato oscuro” dell’ignoranza, con i
problemi sociali che da essa derivano. Dai pregiudizi di ogni specie, al
razzismo.
L’ignoranza diffusa, per Smithson, sarebbe anche una
minaccia per la democrazia. “Churchill in persona sosteneva che il
miglior argomento contro la democrazia fossero 5 minuti di conversazione
con l’elettore medio”. Insomma, beati quelli ignoranti e felici. Basta
che non siano troppi. Un’élite.
Pensare troppo fa male.
La
vita dell’uomo è come un vaso troppo pieno. Troppe informazioni da
immagazzinare ci rendono schiavi e suscettibili al caos. Pensare troppo
fa male, al cuore alla mente.
La chiave della felicità è lasciare andare, dimenticare o, meglio, non sapere
La verità ci renderà liberi, diceva qualcuno. Ma è davvero così?
Lo
spasmodico bisogno (tutto moderno) di sapere sempre di più, di
conoscere cosa accadrà domani, e il bombardamento quotidiano di
informazioni da immagazzinare infine ci rendono schiavi, anzichenò. E
allora “solo l’ignoranza ci dona la vera libertà”, parola di Michael
Smithson.
Preoccupati
Il principale
problema dell’essere umano è l’essere sempre proiettato in altri tempi
che non siano quello presente: ci si lambicca il cervello crogiolandosi
nel passato o pontificando il futuro. Mai che ci si concentri sul
momento presente. Questo è uno dei motivi per cui si è spesso
preoccupati e infelici. Ma, secondo gli scienziati australiani, il vero
segreto della felicità è svuotarsi, sapere il meno possibile e
arrendersi all’ignoto.
Sfera di cristallo addio
“Per
assaporare l’autentica libertà personale hai bisogno di non conoscere
alcune parti della tua vita presente e futura – spiega il prof. Michael
Smithson – Se tutto è già scritto per te, se sai già come andrà a
finire, sei meno libero di compiere delle scelte e di prendere
decisioni”. E poi, sapere già tutto è di una noia terribile. Far posto
al vuoto, invece stimola la curiosità e la creatività. “C’è sempre
qualcosa che ignoriamo, altrimenti non avremo nulla da scoprire –
prosegue Smithson – L’ignoranza è in ognuno di noi. È rilevante in ogni
disciplina e professione, nella vita di tutti i giorni. Immaginate di
sapere la trama e il finale del vostro libro prima di leggerlo. O di
sapere già quale sarà il vostro regalo di compleanno o di Natale…”. Be’,
chi vorrebbe davvero tutto ciò?
Ignorante è bello
Sull’aria
dello slogan che essere ignoranti è bello e non un difetto, il
professore ha dato il via a un corso gratuito online dal titolo
”Ignorance!”, che ha per sottotitolo
“Scoprite cosa è l’ignoranza, come
nasce, cosa ci si può fare e il suo ruolo nella società e nella
cultura”. Smithson, con questo corso vuole condurre le persone a
riscoprirsi ignoranti, ma felici. In più intende combattere i pregiudizi
e gli stereotipi che vogliono la persona definita “ignorante” essere
discriminata.
Cos’è l’ignoranza
Socrate
affermava che, essendo conscio della propria ignoranza, egli era più
saggio di coloro che, essendo ignoranti, continuavano a professare la
propria sapienza.
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