Dal sale alla birra:
le monete
che non ti aspetti
che non ti aspetti
Prima
dell’arrivo delle monete si pagava in natura, è una delle prime nozioni che si
imparano durante le ore di storia, alle elementari. Meno noto è il fatto che
svariati cibi sono stati usati come moneta di scambio fino ai nostri giorni.
Una
volta si faceva proprio così, si scambiavano le merci al posto di utilizzare il
denaro. Ma sapete che ancora oggi talvolta si adotta questa pratica? Certo non
è frequente, ma da qualche parte ancora accade. In pratica si barattano i
prodotti equiparandone il valore monetario, in poche parole si paga in natura.
UN
CONTO SALATO
Ai
tempi dei romani i legionari potevano essere pagati in “sale”, il che spiega
anche l’origine della parola salario che deriva da ”salarium”, che i romani
traducevano con “razione di sale”. L’usanza di pagare con il sale era in voga
anche nell’antica Cina; in Africa orientale nel Medioevo, il sale era la
principale forma di valuta. In tempi più recenti il sale è stato usato come
moneta nelle tribù remote dell’Etiopia, per una sorta di tradizione: già nel
XVI secolo, visitando il paese africano, gli esploratori europei notarono l’uso
dei bianchi granelli come denaro. Le barre di sale usate per pagare, erano
chiamate “amole”, dopo che la tribù Amole ne aveva introdotto l’uso.
GIALLO
ORO O GIALLO BIRRA?
Nell’antico
Egitto, la birra era utilizzata come moneta per pagare schiavi, commercianti, sacerdoti e funzionari
pubblici: il salario base standard era costituito da dieci pezzi di pane e da
una quota di birra, che andava da un terzo di brocca a due brocche piene (al
giorno). Una prassi che è tornata utile agli abitanti dell’Angola, alla fine
degli anni ‘80 del ‘900, quando si sono trovati costretti a usare la birra come
valuta in un periodo di iper inflazione. I lavoratori statali utilizzavano
buoni del governo per acquistare birra straniera, che vendevano sul mercato
nero fino a guadagnare i soldi necessari per acquistare un biglietto aereo. La
svalutazione è finita nel 1999 e oggi l’Angola è il secondo produttore di
petrolio dell’Africa e la terza economia più grande, ma si sta ancora
riprendendo dalla guerra civile durata 27 anni e conclusasi nel 2002.
QUANTO
PARMIGIANO VALE?
Tra le
notizie italiane che nel 2009 hanno colpito il New York Times ce n’era anche
una sull’uso di Parmigiano Reggiano come “valuta” o meglio come “garanzia”. “Le
banca (il Credito Emiliano) - scriveva il quotidiano - accetta il parmigiano
come garanzia per i prestiti, aiutando a finanziare i produttori di formaggio
in Italia del Nord durante la peggiore recessione dalla Seconda Guerra
Mondiale. I due magazzini controllati dal Credito Emiliano dispongono di circa
440.000 forme del valore di 132 milioni di euro”.
TI
PAGO COL TÈ
Blocchi
(o “mattoni”) di tè sono stati usati per secoli al posto delle monete in Cina, Siberia, Tibet,
Turkmenistan,
Russia e Mongolia, dove l’uso del tè come moneta corrente è durato fino alla
seconda guerra mondiale circa. L’imperatore cinese aveva il monopolio della
produzione di tè come mezzo di pagamento. Quello della migliore qualità era
marrone scuro e conteneva esclusivamente foglie di tè fermentato. I mattoni di
qualità più povera erano di colore giallo scuro e contenevano rami, trucioli e
fuliggine.
SOLDI
IN FUMO
Nel 1612 John Rolfe ebbe il merito di capire che il
tabacco poteva essere coltivato con successo in Virginia, una delle prime
colonie europee in Nord America. Coltivato ovunque con ottime rese veniva
venduto con profitto in Inghilterra. In breve tempo divenne il pilastro
dell’economia dello Stato al punto che quando oro e l’argento cominciarono a
scarseggiare, le colonie di Chesapeake cominciarono a usare il tabacco come
mezzo di valuta, dando origine a un’usanza di lunga durata: le sigarette sono
state utilizzate come moneta in qua
si tutte le guerre dal 1700 a oggi.
si tutte le guerre dal 1700 a oggi.
VEDERE
CACAO,
DARE TACCHINO
DARE TACCHINO
Nella lista delle monete commestibili non poteva certo
mancare il cacao. Nel 1545, il valore di scambio del cacao per prodotti vari
tra gli Aztechi, nel Messico del sud, era il seguente: 1 tacchino = 100 fagioli
di cacao; 1 uovo di tacchino = 3 fagioli di cacao; 1 avocado completamente
maturo = 1 fagiolo di cacao; 1 grande pomodoro = 1 fagiolo di cacao. Lo
sappiamo grazie al Codex Mendoza (1541), conservato presso la Biblioteca
Bodleiana dell’Università di Oxford.
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