lunedì 7 maggio 2018

SOS CACAO SI CORRE AI RIPARI


SOS CACAO
SI CORRE 
AI RIPARI
Gli esperti mettono in guardia: la pianta potrebbe estinguersi a causa delle avverse condizioni climatiche. Gli scienziati, e i golosi di tutto il mondo, affidano le loro speranze alla genetica

Il cioccolato potrebbe scomparire definitivamente nel giro di pochi decenni, tre per la precisione, come affermato dagli esperti del National Oceanic and Atmospheric Administration, l’agenzia federale statunitense che si interessa di meteorologia. Il cambiamento climatico, infatti, sta incidendo notevolmente sulla vita e sullo sviluppo delle piante di cacao, a cui si aggiunge anche una richiesta di cioccolato sempre più pressante da parte dei paesi asiatici.
Le piante di cacao crescono in determinate zone del pianeta, tra i 20°a nord e a sud dell’equatore, zone in cui sussistono le condizioni adatte alla loro produzione: pioggia abbondante e un alto tasso di umidità. 



Condizioni che, però, potrebbero, da qui al 2050, essere vanificate dall’aumento previsto della temperatura del globo, pari a 2,1°C, che andrà a distruggere l’equilibrio di quelle zone, avendo anche grosse ripercussioni sul mondo dell’industria del cioccolato. La prima conseguenza diretta dell’aumento di temperatura sarà quella di far evaporare l’acqua dal suolo e dalle piante molto più velocemente del normale, un “prosciugamento” che non verrà riequilibrato dalle abbondanti piogge equatoriali, che si verificheranno sempre meno.
Una situazione che sta costringendo paesi come Costa d’Avorio, Ghana, Camerun e Nigeria (i maggiori produttori di cacao al mondo) a cercare nuove zone di coltivazione per salvare la loro economia. Entro il 2050, infatti, l’89,5% delle 294 zone studiate dal Noaa, dove si produce il cacao, sarà pressoché inutilizzabile, costringendo così i governi a trasferire le piantagioni a oltre 500 metri sul livello del mare nel tentativo di preservare le piante.
Al cambiamento climatico, poi, si aggiunge anche un altro fattore: l’enorme domanda del “cibo degli dei” da paesi come Cina, Indonesia, Brasile e Russia, entrati prepotentemente nel mercato del cacao. In media, il tipico consumatore di cioccolato occidentale mangia 286 barrette all’anno. 286 barrette equivalgono a circa dieci piante di cacao. Basta dare un’occhiata a questi numeri per capire in quanto poco tempo il cioccolato diventerà un alimento estremamente raro. Una domanda sempre più crescente a cui però non si accompagna un proporzionato aumento della produzione, che, anzi, sta registrando un notevole calo, soprattutto nel quantitativo delle scorte accumulate negli anni. Una produzione che, come affermato da Doug Hawkins ricercatore della Hardman Agribusiness, non si è mai evoluta nel corso dei secoli: “A differenza di altre colture arboree che hanno beneficiato dello sviluppo di moderne tecniche di coltivazione ad alto rendimento per aumentarne il potenziale genetico, il 90 per cento del raccolto globale di cacao è ancora prodotto da piccoli proprietari in fattorie di sussistenza con tecniche ormai obsolete”. “In base ai dati raccolti - ha spiegato Hawkins - la perdita di cioccolato, entro i prossimi anni, sarà pari a 100mila tonnellate all’anno”.
I produttori di cacao sono dovuti scendere a compromessi con la loro coscienza, in particolare in Costa d’Avorio, in quanto per salvare il salvabile hanno dovuto scegliere tra i loro profitti e la salvaguardia dell’ecosistema. Hanno optato per la prima opzione, piantando semi di cacao in alcune aree protette dove i governi ne avevano vietato la coltivazione. Un espediente estremo per cercare di rispondere all’enorme richiesta di cacao proveniente da tutto il mondo, ma che ha trovato solo la dura risposta da parte dei governi, che hanno addirittura messo in campo l’esercito.
Coltivare sotto vetro
All’Università della California le speranze crescono, letteralmente, sotto vetro. È quello delle pareti trasparenti dell’edificio di bioscienze, dove una fila di piantine verdi in serre refrigerate attendono un brusco cambio di temperatura. Sotto la stretta osservazione di Myeong-Je Cho, direttore del dipartimento di genomica vegetale, saranno presto in grado non solo di sopravvivere ma di prosperare nell’essiccatore, con un clima ben più caldo. Questo perché sono state fortificate con l’immissione di geni CRISPR perché possano resistere e adattarsi alle nuove sfide climatiche.
Il team di Myeong-Je Cho sta quindi creando alcune modifiche nel Dna di alcune varietà di cacao (una tecnologia simile è già stata utilizzata per rendere le colture più economiche e affidabili, ed è molto apprezzata dai governi dei paesi in via di sviluppo, dove molte persone si affidano all’agricoltura per vivere e dove le conseguenze dei cambiamenti climatici sono percepite in modo più acuto).
Non mancano i precedenti: l’Innovative Genomics Institute della UC Berkeley ha già sperimentato CRISPR per favorire la crescita della manioca, una coltura molto usata nel sud del mondo. Per questa ricerca Mars ha investito 1 miliardo di dollari nell’ambito del progetto “Sostenibilità in una generazione” che si prefigge di ridurre l’impronta di carbonio delle sue attività (inclusa la catena di fornitura) di oltre il 60% entro il 2050.
Se la nuova tecnologia genetica dovesse funzionare sulle colture di cacao, molte industrie avranno salve le loro materie prime per il futuro e, sottolineano i vertici di Mars Company, eviteranno di spendere soldi e sforzi per delocalizzare.

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