Dazi, chi è dentro
e chi è fuori
Baldrighi:
«Serve pressione
sulla Ue»
Rincari del 25% e non, come temuto, del 100%. Colpiranno, tra gli altri, tanti formaggi, la carne di maiale e i liquori, ma non pasta, prosciutti crudi, Prosecco e olio extravergine d'oliva. Il presidente del Consorzio del Grana Padano: «Dall’Unione europea partano iniziative per favorire le aziende produttrici» .
Dentro tanti formaggi e i liquori, ma anche cozze e vongole, tanta frutta e alcuni tipi di succo. Fuori la mozzarella di Bufala, il prosciutto crudo, il Prosecco e l’olio extravergine. I dazi americani colpiranno una larga parte del settore agroalimentare, ma non tutto. E soprattutto non al 100%, come temuto nei giorni scorsi. Gli aumenti doganali saranno del 25%, un quarto di ciò che era stato ventilato prima del pronunciamento del Wto.
La stangata sui prodotti del Made in Italy c’è ed è pesante, ma non sarà tale da mettere completamente in ginocchio l’intero settore. Nel frattempo però bisognerà tenere duro, almeno fino a quando questi dazi dureranno. Forse un anno, forse qualcosa in più; di certo fino a che gli Usa avranno recuperato i 7,5 miliardi di dollari di cui hanno diritto, per via della querelle che ha interessato Boeing e Airbus.
«Il dazio c’è ed è comunque significativo - spiega Nicola Baldrighi, presidente Consorzio Grana Padano - però la situazione non è così difficile come si è temuto nei giorni passati. Il periodo per il quale verranno applicato ancora non è conosciuto ed è di difficile valutazione. Tuttavia ho già sentito confortanti dichiarazioni sia del premier Giuseppe Conte che del ministro dell’Agricoltura per mettere pressione sulla Comunità europea affinché prenda qualche contromisura che vada incontro alle aziende che esportano negli Stati Uniti, consentendo di alleggerire un po’ il costo di questo dazio».
In particolare, il Ministro Teresa Bellanova ha chiesto l’istituzione di un fondo europeo per azzerare l'effetto degli eventuali dazi americani sui prodotti agroalimentari. «Mettere a rischio le eccellenze che rappresentano la cultura e l'identità dei nostri territori - ha detto - è inaccettabile. Ora è il momento della diplomazia, bisogna trovare un accordo con l'Amministrazione Trump, perché una guerra commerciale con l'Europa la pagherebbero solo cittadini e imprese. Ma credo sia arrivato il momento per l'Europa di anticipare i problemi, perché fino ad oggi siamo arrivati a intervenire con due o tre anni di ritardo. Quando magari le aziende avevano chiuso. Ecco perché ho scritto al Commissario Hogan per prevedere in ogni caso la creazione di un Fondo Azzeradazi e di valutare ogni azione necessaria anche sulle restituzioni all'esportazione. Siamo davanti a una fase nuova delle relazioni internazionali, non possiamo usare strumenti inadeguati. Servono risposte immediate, perché il rischio è altissimo».
Intanto si comincia a fare qualche conto, in attesa che i dazi partano davvero, presumibilmente il 18 ottobre.
«Valgono - riprende Baldrighi - più o meno 3 euro al chilo, con un effetto moltiplicatore per 3 una volta che arrivano a destinazione. Il che significa che sul prezzo finale, dai 30 euro di oggi, potremmo raggiungere i 40 euro». Tanto, ma comunque una cifra lontana dai 70 euro paventati fino a qualche ora fa. Ma il problema è anche un altro: «Se questi dazi dovessero compromettere seriamente le vendite - conclude il presidente del Consorzio del Grana Padano - creerebbero un aumento dell’offerta sui mercati tradizionali, che porterebbe a un abbassamento dei prezzi su tutta l’intera produzione». Con rischi per tutta la filiera.
Questa, infine, la lista ufficiale dei prodotti italiani inseriti nei dazi:
Pasta e olio non rientrano tra i dazi, molti formaggi sì
La stangata sui prodotti del Made in Italy c’è ed è pesante, ma non sarà tale da mettere completamente in ginocchio l’intero settore. Nel frattempo però bisognerà tenere duro, almeno fino a quando questi dazi dureranno. Forse un anno, forse qualcosa in più; di certo fino a che gli Usa avranno recuperato i 7,5 miliardi di dollari di cui hanno diritto, per via della querelle che ha interessato Boeing e Airbus.
«Il dazio c’è ed è comunque significativo - spiega Nicola Baldrighi, presidente Consorzio Grana Padano - però la situazione non è così difficile come si è temuto nei giorni passati. Il periodo per il quale verranno applicato ancora non è conosciuto ed è di difficile valutazione. Tuttavia ho già sentito confortanti dichiarazioni sia del premier Giuseppe Conte che del ministro dell’Agricoltura per mettere pressione sulla Comunità europea affinché prenda qualche contromisura che vada incontro alle aziende che esportano negli Stati Uniti, consentendo di alleggerire un po’ il costo di questo dazio».
Nicola Baldrighi
In particolare, il Ministro Teresa Bellanova ha chiesto l’istituzione di un fondo europeo per azzerare l'effetto degli eventuali dazi americani sui prodotti agroalimentari. «Mettere a rischio le eccellenze che rappresentano la cultura e l'identità dei nostri territori - ha detto - è inaccettabile. Ora è il momento della diplomazia, bisogna trovare un accordo con l'Amministrazione Trump, perché una guerra commerciale con l'Europa la pagherebbero solo cittadini e imprese. Ma credo sia arrivato il momento per l'Europa di anticipare i problemi, perché fino ad oggi siamo arrivati a intervenire con due o tre anni di ritardo. Quando magari le aziende avevano chiuso. Ecco perché ho scritto al Commissario Hogan per prevedere in ogni caso la creazione di un Fondo Azzeradazi e di valutare ogni azione necessaria anche sulle restituzioni all'esportazione. Siamo davanti a una fase nuova delle relazioni internazionali, non possiamo usare strumenti inadeguati. Servono risposte immediate, perché il rischio è altissimo».
Intanto si comincia a fare qualche conto, in attesa che i dazi partano davvero, presumibilmente il 18 ottobre.
«Valgono - riprende Baldrighi - più o meno 3 euro al chilo, con un effetto moltiplicatore per 3 una volta che arrivano a destinazione. Il che significa che sul prezzo finale, dai 30 euro di oggi, potremmo raggiungere i 40 euro». Tanto, ma comunque una cifra lontana dai 70 euro paventati fino a qualche ora fa. Ma il problema è anche un altro: «Se questi dazi dovessero compromettere seriamente le vendite - conclude il presidente del Consorzio del Grana Padano - creerebbero un aumento dell’offerta sui mercati tradizionali, che porterebbe a un abbassamento dei prezzi su tutta l’intera produzione». Con rischi per tutta la filiera.
Questa, infine, la lista ufficiale dei prodotti italiani inseriti nei dazi:
- Liquori e amari;
- Formaggi di latte vaccino;
- Formaggi di tipo svizzero, emmental e con conformazioni a buchi;
- Formaggi a pasta erborinata, tipo gorgonzola;
- Formaggi tipo groviera;
- Formaggi cheddar;
- Formaggi di latte ovino, eccetto quelli da grattugiare;
- Formaggi tipo romano, reggiano, parmigiano, provoloni e provole;
- Formaggi freschi, incluse mozzarelle;
- Yogurt;
- Burro;
- Altri derivati del latte;
- Frutta congelata;
- Carne di maiale;
- Prosciutti di maiale;
- Spalle di maiale;
- Preparati di carne suina;
- Salsicce di maiale e prodotti simili;
- Frattaglie di maiale;
- Cozze, vongole e molluschi vari;
- Ciliegie;
- Pesche, escluse le nettarine;
- Miscele di frutta o di altre parti commestibili delle piante;
- Arance, mandarini e clementine;
- Limoni;
- Gelatine di ribes o frutti di bosco;
- Pere;
- Succhi di pera o di prugna.
«Illegali i dazi sul Pecorino»
Battaglia in Usa per il ConsorzioPrimo Piano del 03 Ottobre 2019 | 10:17Dopo il via libera del Wto, c’è incertezza sul futuro di tanti prodotti del Made in Italy. Il presidente del Consorzio, Salvatore Palitta, annuncia un ricorso alla magistratura americana. Ogni anno per gli Stati Uniti partono oltre 130mila quintali di Pecorino Romano, che oggi arriva sulle coste americane a 7,20 euro al chilo.
«I dazi americani sul Pecorino, se applicati, rappresentano una chiara violazione delle norme sul commercio. Per questo andremo avanti fino in fondo per far valere le nostre ragioni davanti alla giustizia ordinaria americana».
Ogni anno in Usa vengono esportati 130mila quintali di Pecorino romano
Il presidente del Consorzio del Pecorino Romano, Salvatore Palitta, non ha dubbi: il Pecorino non è un prodotto in concorrenza con altri tipi di formaggio americani e, soprattutto, l’Italia non fa parte del consorzio legato a Airbus, l’azienda che ha ricevuto sostegni di stato in Europa e per cui si è aperto questo contenzioso tra i Paesi dell’Unione e gli Stati Uniti. Ragioni per cui il Consorzio del Pecorino Romano è deciso a dare battaglia contro la decisione (tuttavia non ancora ufficiale) di applicare nuovi dazi sulla Dop.
Salvatore Palitta
«Noi siamo fiduciosi - dice Palitta - anzi, siamo talmente fiduciosi e sicuri della nostra posizione che andremo oltre, anche una volta che sarà decisa l’applicazione del dazio. Il nostro obiettivo è di contrastarli proprio là, dove avviene la violazione». Al momento si parla solo di ipotesi; l’entità della nuova tassa da pagare non è ancora stata svelata e da questo punto di vista il clima è di attesa: «Nell’elenco di prodotti da colpire - dice ancora Palitta - ci sono alcune indicazioni, ma il nostro codice doganale più importante non ha ancora un’indicazione di dazi. Dobbiamo aspettare una decisione finale, con la percentuale di dazi da applicare ai prodotti indicati in elenco e finché le cose non saranno chiare e definitive, è difficile che si possa avere un’idea di quale sarà l’impatto».
Di Pecorino romano ne partono tutti gli anni per il mercato Usa circa 130mila quintali, al prezzo d’arrivo sulle coste americane di 7,20 euro al chilo. Si parla di dazi al 25%, ma - come detto - al momento non ci sono conferme. Le trattative tra Amministrazione Usa e Unione europea sono ancora in corso, mentre sembrano esserci notizie positive per il vino italiano (in particolare per il Prosecco) e per l’olio, che dovrebbero essere risparmiati dai rincari.- di Sergio Cotti
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