Ristoranti e indotto
A loro chi ci pensa?
C’è un settore che sta soffrendo più di altri: quello della ristorazione. Un settore che «vive una situazione surreale» secondo lo chef Gianni Dezio, che «vive senza una data», per lo chef Arcangelo Tinari.
C’è una parola che più di altre mi viene in mente in questo periodo, resilienza, “la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà”. Il coronavirus sta piegando l’intero pianeta e i suoi abitanti stanno cercando di reagire, ognuno come può, con le proprie forze.
Chiarendo che ovviamente al primo posto c’è l’emergenza sanitaria da risolvere e ci sono vite umane da salvare, non possiamo trascurare l’emergenza economica. Da più di un mese oramai tutti i ristoranti hanno chiuso i battenti. La ristorazione, ha stimato la Confcommercio, ha perso 9 miliardi di euro per l'impatto dell'epidemia covid-19 sull'economia italiana. In attesa di un secondo decreto che potrebbe raddoppiare le risorse sul tavolo, sempre la Confcommercio stima che i settori che saranno più colpiti sono: alberghi e ristorazione (-23,4 mld di consumi nel 2020), trasporti e acquisto autoveicoli (-16,5 mld), cultura e tempo libero (-8,2 mld), abbigliamento (-6,6 mld). È l'elenco solo parziale di un totale di 52 miliardi di consumi che mancheranno alle attività italiane, chiuse a causa Coronavirus che ipotizza una reale ripresa italiana soltanto ad ottobre.
Dati preoccupanti che rischiano di peggiorare nei prossimi mesi. Le misure di Governo attuali nei riguardi di questo settore non sono sufficienti a salvaguardarlo e il timore è che molti ristoranti rischino di non aprire più. L’auspicio è che nel mese di maggio qualcosa se pur lentamente possa ripartire.
In questi giorni abbiamo assistito da parte dei cuochi a un proliferare di ricette, consigli culinari, dirette su Instagram o Facebook per aiutare a trascorrere il tempo ai cittadini. C’è chi si è spinto oltre, come il super pizzaiolo campano Franco Pepe con un bel gesto di solidarietà, continuando ad accendere il suo forno tutti i giorni per offrire le sue pizze ai senza tetto e ai più bisognosi. Da questa crisi economica non tutti ne usciranno indenni purtroppo, gli imprenditori più strutturati e solidi come lui sicuramente sì, ma c’è una fetta di piccoli ristoratori che già con fatica riusciva a pagare spese vive e stipendi ai collaboratori. Bene, molti di questi probabilmente non apriranno più.
Nella mia regione, l’Abruzzo, tutti i cuochi stanno vivendo questa preoccupazione. I pizzaioli o chi fa il sushi ha optato per la consegna a casa, ma l’incasso è davvero minimo. E ad essere in ginocchio non è solo il ristorante ma tutto l’indotto che crea. Insieme ad esso sono fermi: i vignaioli che producono poche bottiglie e non lavorano nella Gdo, i produttori del territorio, i pasticceri che gli fornivano i dolci, i distributori di prodotti alimentari, i pescatori che consegnavano il pescato fresco, e con loro anche tutti coloro che producono servizi in questo mondo: fotografi, grafici, organizzatori di eventi, giornalisti enogastronomici e progettisti e architetti specializzati. Accanto a loro a soffrire ci sono i bar, i cocktail bar, le enoteche, le pasticcerie. È un intero comparto ad essere fermo, non dimentichiamolo.
«Siamo nella situazione più surreale – ha raccontato Gianni Dezio, chef e proprietario del ristorante di Atri (Te) Tosto - che il mondo della ristorazione moderna abbia mai vissuto. Lo Stato è ancora carente con gli aiuti per il nostro settore e c’è troppa disinformazione. Ora più che mai bisogna ripensare al futuro. Quello prossimo. Probabilmente cambierà anche lo scenario del fine dining. A sopravvivere saranno solo quelle attività che sapranno e potranno adattarsi velocemente a questo nuovo scenario mondiale. Per quanto riguarda “le tendenze”, credo ci sarà di sicuro un ritorno a tutto ciò che dona sicurezza al cliente, dai prezzi ai piatti proposti. E pensando a noi, speriamo di avere la forza per tornare il prima possibile. Ci manca il calore dei fornelli accesi».
Abbiamo sentito anche Arcangelo Tinari, chef insieme alla famiglia del ristorante 1 stella Michelin Villa Maiella a Guardiagrele (Ch). «Vivere senza una data – ci ha detto - che ci dica quando tutto questo finirà è molto complesso in chiave imprenditoriale, a questo si aggiunge che quando ripartiremo non sapremo se ci potrà essere una ricaduta o ne saremo completamente usciti. Mi auguro che il Governo per le nuove regole che i ristoranti dovranno seguire si confronterà con le più grandi associazioni del mondo del food che conoscono bene le nostre esigenze. In questi giorni mi sono sentito spesso con i colleghi che lavorano in Francia e in Giappone, e quello che noto è una gran voglia di ripartire, su tutti i fronti, ma ci accumuna la preoccupazione per l’aspetto piscologico delle persone quando torneranno a sedersi nei nostri ristoranti».
È possibile immaginare che infatti verrà imposta una limitazione di coperti per ridurre la vicinanza delle persone e il numero complessivo dei presenti nella sala con una conseguente riduzione delle ipotetiche entrate.
«Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo. La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso». La frase dello scienziato Albert Einstein è un po’ un mantra da seguire nei momenti di crisi e lo è anche questa volta. Prendendo spunto dall'iniziativa lanciata negli Stati Uniti dalla James Beard Foundation, #saverestaurants #toosmalltofail, Gugsto.it ha lanciato la campagna italiana #SOSristoranti perché molti locali e ristoranti sono il cuore e l'anima delle nostre comunità.
La ristorazione non è solo patrimonio del nostro Paese, cultura, tradizione ma è anche economia, crea posti di lavoro e fa crescere il Pil, e credo fortemente che questi temi meritino la stessa attenzione che si pone alla grande industria. Diventa così necessario sensibilizzare le istituzioni a dare maggiore sostegno a un comparto che rischia di uscire decimato dall'emergenza Covid-19.
Alla riflessione degli chef si aggiunge quella di uno dei più grandi artigiani del vino in Italia, Francesco Paolo Valentini, produttore di Loreto Aprutino (Pe) che ci ha detto: «La gente sta morendo. Le aziende, con tempo e sacrifici si possono rimettere in piedi, le persone morte no. Pur non essendo un economista, sono convinto, da semplice imprenditore, che avremo un drastico cambiamento se non uno sconvolgimento dell'economia come la intendiamo ora. Purtroppo dopo un lungo periodo di inattività lavorativa si andrà inevitabilmente verso una recessione globale. A questo si aggiunga la difficoltà nel far ripartire le attività. È come un ciclista che si ferma lungo una salita molto ripida. Ripartire in salita è difficilissimo. Ci vogliono muscoli forti e allenati. Per le aziende sarà un qualcosa di analogo. Probabilmente ripartiranno le aziende solide. Per quanto riguarda il mondo della ristorazione, le difficoltà saranno le stesse. Inoltre c’è anche la problematica di comprare prodotti senza avere poi la certezza di venderli. Per il settore enologico il danno, a parte le mancate vendite, dovrebbe essere più contenuto perché il vino è un alimento a lunga conservazione».
La ripresa sarà difficile per tutti, ma i ristoratori sicuramente, come dice lo chef Tinari, dovranno fare i conti più degli altri, con le paure delle persone che continueranno a temere il contagio per almeno un po’ di tempo.
Ricordando una novella di Luigi Pirandello il giornalista Stefano Massini ha detto qualche tempo fa in tv: «Dobbiamo fare una promessa: quando ne usciremo, vivi, faremo di tutto per vivere, non come prima, ma più di prima». E allora in attesa che il Governo ponga più attenzione su questo comparto, occorre che tutti gli attori prendano coscienza del cambiamento che a breve avverrà. È necessario ora più che mai fare rete, ma farla davvero, confrontarsi, condividere nuovi idee e progetti e mettere da parte vecchie logiche, rivalità e campanilismi che hanno logorato il nostro Belpaese per anni. È il momento di ridare il giusto valore all’uomo, è anche la natura a chiedercelo. Facciamo che la vicinanza scoperta nella lontananza di questi giorni non passi più. Ridisegneremo il nostro tempo, oltrepassando le logiche del singolo a privilegio del bene comune. Questo è l’auspicio.
Chiarendo che ovviamente al primo posto c’è l’emergenza sanitaria da risolvere e ci sono vite umane da salvare, non possiamo trascurare l’emergenza economica. Da più di un mese oramai tutti i ristoranti hanno chiuso i battenti. La ristorazione, ha stimato la Confcommercio, ha perso 9 miliardi di euro per l'impatto dell'epidemia covid-19 sull'economia italiana. In attesa di un secondo decreto che potrebbe raddoppiare le risorse sul tavolo, sempre la Confcommercio stima che i settori che saranno più colpiti sono: alberghi e ristorazione (-23,4 mld di consumi nel 2020), trasporti e acquisto autoveicoli (-16,5 mld), cultura e tempo libero (-8,2 mld), abbigliamento (-6,6 mld). È l'elenco solo parziale di un totale di 52 miliardi di consumi che mancheranno alle attività italiane, chiuse a causa Coronavirus che ipotizza una reale ripresa italiana soltanto ad ottobre.
Dati preoccupanti che rischiano di peggiorare nei prossimi mesi. Le misure di Governo attuali nei riguardi di questo settore non sono sufficienti a salvaguardarlo e il timore è che molti ristoranti rischino di non aprire più. L’auspicio è che nel mese di maggio qualcosa se pur lentamente possa ripartire.
In questi giorni abbiamo assistito da parte dei cuochi a un proliferare di ricette, consigli culinari, dirette su Instagram o Facebook per aiutare a trascorrere il tempo ai cittadini. C’è chi si è spinto oltre, come il super pizzaiolo campano Franco Pepe con un bel gesto di solidarietà, continuando ad accendere il suo forno tutti i giorni per offrire le sue pizze ai senza tetto e ai più bisognosi. Da questa crisi economica non tutti ne usciranno indenni purtroppo, gli imprenditori più strutturati e solidi come lui sicuramente sì, ma c’è una fetta di piccoli ristoratori che già con fatica riusciva a pagare spese vive e stipendi ai collaboratori. Bene, molti di questi probabilmente non apriranno più.
Nella mia regione, l’Abruzzo, tutti i cuochi stanno vivendo questa preoccupazione. I pizzaioli o chi fa il sushi ha optato per la consegna a casa, ma l’incasso è davvero minimo. E ad essere in ginocchio non è solo il ristorante ma tutto l’indotto che crea. Insieme ad esso sono fermi: i vignaioli che producono poche bottiglie e non lavorano nella Gdo, i produttori del territorio, i pasticceri che gli fornivano i dolci, i distributori di prodotti alimentari, i pescatori che consegnavano il pescato fresco, e con loro anche tutti coloro che producono servizi in questo mondo: fotografi, grafici, organizzatori di eventi, giornalisti enogastronomici e progettisti e architetti specializzati. Accanto a loro a soffrire ci sono i bar, i cocktail bar, le enoteche, le pasticcerie. È un intero comparto ad essere fermo, non dimentichiamolo.
Gianni Dezio
«Siamo nella situazione più surreale – ha raccontato Gianni Dezio, chef e proprietario del ristorante di Atri (Te) Tosto - che il mondo della ristorazione moderna abbia mai vissuto. Lo Stato è ancora carente con gli aiuti per il nostro settore e c’è troppa disinformazione. Ora più che mai bisogna ripensare al futuro. Quello prossimo. Probabilmente cambierà anche lo scenario del fine dining. A sopravvivere saranno solo quelle attività che sapranno e potranno adattarsi velocemente a questo nuovo scenario mondiale. Per quanto riguarda “le tendenze”, credo ci sarà di sicuro un ritorno a tutto ciò che dona sicurezza al cliente, dai prezzi ai piatti proposti. E pensando a noi, speriamo di avere la forza per tornare il prima possibile. Ci manca il calore dei fornelli accesi».
Arcangelo Tinari (foto: Raffaele Rotondo)
Abbiamo sentito anche Arcangelo Tinari, chef insieme alla famiglia del ristorante 1 stella Michelin Villa Maiella a Guardiagrele (Ch). «Vivere senza una data – ci ha detto - che ci dica quando tutto questo finirà è molto complesso in chiave imprenditoriale, a questo si aggiunge che quando ripartiremo non sapremo se ci potrà essere una ricaduta o ne saremo completamente usciti. Mi auguro che il Governo per le nuove regole che i ristoranti dovranno seguire si confronterà con le più grandi associazioni del mondo del food che conoscono bene le nostre esigenze. In questi giorni mi sono sentito spesso con i colleghi che lavorano in Francia e in Giappone, e quello che noto è una gran voglia di ripartire, su tutti i fronti, ma ci accumuna la preoccupazione per l’aspetto piscologico delle persone quando torneranno a sedersi nei nostri ristoranti».
È possibile immaginare che infatti verrà imposta una limitazione di coperti per ridurre la vicinanza delle persone e il numero complessivo dei presenti nella sala con una conseguente riduzione delle ipotetiche entrate.
«Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo. La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso». La frase dello scienziato Albert Einstein è un po’ un mantra da seguire nei momenti di crisi e lo è anche questa volta. Prendendo spunto dall'iniziativa lanciata negli Stati Uniti dalla James Beard Foundation, #saverestaurants #toosmalltofail, Gugsto.it ha lanciato la campagna italiana #SOSristoranti perché molti locali e ristoranti sono il cuore e l'anima delle nostre comunità.
La ristorazione non è solo patrimonio del nostro Paese, cultura, tradizione ma è anche economia, crea posti di lavoro e fa crescere il Pil, e credo fortemente che questi temi meritino la stessa attenzione che si pone alla grande industria. Diventa così necessario sensibilizzare le istituzioni a dare maggiore sostegno a un comparto che rischia di uscire decimato dall'emergenza Covid-19.
Francesco Paolo Valentini
Alla riflessione degli chef si aggiunge quella di uno dei più grandi artigiani del vino in Italia, Francesco Paolo Valentini, produttore di Loreto Aprutino (Pe) che ci ha detto: «La gente sta morendo. Le aziende, con tempo e sacrifici si possono rimettere in piedi, le persone morte no. Pur non essendo un economista, sono convinto, da semplice imprenditore, che avremo un drastico cambiamento se non uno sconvolgimento dell'economia come la intendiamo ora. Purtroppo dopo un lungo periodo di inattività lavorativa si andrà inevitabilmente verso una recessione globale. A questo si aggiunga la difficoltà nel far ripartire le attività. È come un ciclista che si ferma lungo una salita molto ripida. Ripartire in salita è difficilissimo. Ci vogliono muscoli forti e allenati. Per le aziende sarà un qualcosa di analogo. Probabilmente ripartiranno le aziende solide. Per quanto riguarda il mondo della ristorazione, le difficoltà saranno le stesse. Inoltre c’è anche la problematica di comprare prodotti senza avere poi la certezza di venderli. Per il settore enologico il danno, a parte le mancate vendite, dovrebbe essere più contenuto perché il vino è un alimento a lunga conservazione».
La ripresa sarà difficile per tutti, ma i ristoratori sicuramente, come dice lo chef Tinari, dovranno fare i conti più degli altri, con le paure delle persone che continueranno a temere il contagio per almeno un po’ di tempo.
Ricordando una novella di Luigi Pirandello il giornalista Stefano Massini ha detto qualche tempo fa in tv: «Dobbiamo fare una promessa: quando ne usciremo, vivi, faremo di tutto per vivere, non come prima, ma più di prima». E allora in attesa che il Governo ponga più attenzione su questo comparto, occorre che tutti gli attori prendano coscienza del cambiamento che a breve avverrà. È necessario ora più che mai fare rete, ma farla davvero, confrontarsi, condividere nuovi idee e progetti e mettere da parte vecchie logiche, rivalità e campanilismi che hanno logorato il nostro Belpaese per anni. È il momento di ridare il giusto valore all’uomo, è anche la natura a chiedercelo. Facciamo che la vicinanza scoperta nella lontananza di questi giorni non passi più. Ridisegneremo il nostro tempo, oltrepassando le logiche del singolo a privilegio del bene comune. Questo è l’auspicio.
i Eleonora Lopes
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