Un'altra vittima
del Coronavirus
Tripadvisor
in terapia
intensiva
Cambieranno le motivazioni per il fuori casa (si tornerà al piacere del cibo). Distanziamento sociale e igienizzazione imporrano riorganizzazioni nei locali. Niente home restaurant. Un locale su 10 protrebbe non riaprire. All'inizio a rischio agriturismi, locali in deroga negli edifici storici e mense.
Ve lo ricordate TripAdvisor? In tempi di quarantena e chiusura di hotel e ristoranti sembra scomparso dai radar. Chi lo sta seguendo in queste settimane? E già solo l’immaginare qualche recensione, postata in tempi di inedia e irritabilità da distanziamento sociale, significherebbe avere la conferma della connotazione di portale di fake news…
Ma evitiamo polemiche inutili. Tutti sanno la nostra posizione rispetto agli enormi danni fatti dal portale americano alla ristorazione italiana inventando classifiche di valore false e immettendo una dose di concorrenza sleale che non c’era mai stata.
Si dirà che l’assenza di recensioni oggi scaturisce dall’impossibilità di frequentare i ristoranti, tutti chiusi a causa del Covid-19. E ciò è oggettivamente un fatto. Ma a quel punto nasce una domanda: con il nuovo scenario vi sarà ancora humus fertile per TripAdvisor?.
Secondo alcune indiscrezioni le riaperture dei ristoranti (pizzerie incluse) potrebbero avvenire fra metà e fine maggio (magari con tempi diversi fra le varie regioni), ma noi temiamo che almeno in alcuni posti (magari in Lombardia) si dovrò saltare anche il ponte del 2 giugno. In ogni caso cambia poco. Per giugno tutti i locali attivi avanti Coronavirus potrebbero essere finalmente riaperti e, con tutti gli accorgimenti del caso, offrire lo spunto per i leoni da tastiera finora reclusi, per scatenarsi nelle loro sospese attività di recensione. Con in più la possibilità di valutare, tutti novelli epidemiologi, anche le misure di sicurezza dottate (la gran parte delle quali non saranno nemmeno visibili al cliente).
Ma TripAdvisor avrà ancora questa capacità di richiamo? Sarà ancora lo strumento per sporcare e imbrattare un comparto che in questi mesi ha già sofferto più di altri?
Per una volta siamo forse fiduciosi, non proprio ottimisti, che il Gufo con la riapertura potrebbe trovarsi un po’ spennato e con utenti molto più responsabili e attenti.
In proposito abbiamo azzardato 5 considerazioni su come potrebbe essere diverso il mercato che si offre ai tanti recensori autodidatti, almeno nel primo periodo. Con un dato indiscutibile: ci saranno meno locali e meno disponibilità a spendere.
1) Ci fa male scriverlo, ma è ragionevole ipotizzare che per almeno il 10% dei ristoranti (ma negli Stati Uniti si ipotizza addirittura del 20%), non ci sarà una riapertura. Rischiano di restare chiusi quelli affetti da eccessiva debolezza strutturale, di riapertura neanche si parla. E che dire di quelli che già “ieri” non rispettavano le regole dell’Hccp o quelle basiche per l’igiene come una porta di uscita per i piatti da consumare e una di ingresso per i piatti sporchi? Praticamente la gran parte agriturismi dovrebbe restare chiuso. Al pari dei locali con licenze “in deroga” perchè magari in edifici storici (urgono interventi di ristrutturazione con licenze immediate). Chiuse anche la gran parte delle mense, che non potranno garantire alcun distanziamento sociale. E per gli home restaurant non se ne dovrebbe nemmeno parlare, salvo fare partire immediate denunce per procurata epidemia… Come dire, la platea dei luoghi dove si può mangiare in Italia, oltre 300mila in Italia, dovrebbe sfoltirsi sensibilmente, con un vantaggio di chi la ristorazione seria (e magari ha anche spazi ampi) l’ha sempre fatta. Negli States c'è uno studio che fa discutere: su 100 locali aperti ante coronavirus, nel dopo coronavirus ne riaprirebbero solo 80. Dopo 6 mesi ne resterebbero aperti 60 e dopo un anno 50. Nel semestre successivo si tornerebbe a 55 e poi .... si pensa ad una lenta ricrescita. Contiamo che non sia così drastico anche da noi, ma per evitare quel rischio è utile prepararsi per tempo.
2) Cambierà il modo con cui si accosta ad un ristorante o a una pizzeria. La crisi economica imporrà una maggiore attenzione al “portafoglio”. Si tornerà al valore vero dei soldi e l’andare al ristorante per molte famiglie sarà come il gelatino della domenica. Si programma, si pianifica, ci si concerta e si va. La propensione, pertanto, sarà molto più da avventore in cerca di svago ed ore liete, piuttosto che da giudice in trasferta che non ha problemi economici e va al ristorante come se andasse allo stadio per tifare.
3) Al ristorante, finalmente ritrovato e sognato, ci si andrà per una più serena convivialità e in pochi. Chi pranzerà o cenerà fuori casa, almeno nei primi tempi, lo farà come atto liberatorio, per mangiare e bere bene, e non certo perché vuole fotografare e poi recensire. Prevarrà probabilmente la presunzione d’innocenza del gestore rispetto all’inappellabile sentenza di condanna. L’essere in pochi la tavolo farà anche venire meno la perversa gara di emulazione a chi è più ipercritico. Magari si riscoprirà come può essere rasserenante dedicarsi al cibo e dismettere la compulsione del fotografare o farsi i selfie. Anche perchè i cellulari serviranno a ben altro. Magari a proteggerci da eventuali rischi, più che a fare del male in modo gratuito a qualche ristoratore!
4) I ristoratori attivi e “superstiti” si sentiranno un po’ meno concorrenti e un (bel) po’ più colleghi. Si sentiranno quasi “combattenti e reduci” della situazione, come del dopoguerra. Sapranno giovarsi, se finalmente vorranno capirlo, di quel comportamento efficace quale la cooperazione e l’attività con un’associazione di categoria che li può rappresenta in modo concreto (praticamente al momento una sola, la Fipe). In altre parole la competizione sarà fatta con altre modalità, e saranno davvero pochi quelli che sfrutteranno lo sputtanamento del concorrente attraverso le recensioni negative pilotate su TripAdvisor. E poi c’è da augurarci che saranno proprio quelli più abituati alla scorrettezze delle recensioni negative quelli che avranno più difficoltà a riaprire o restare sul mercato. Chi in passato avrà lavorato bene nonostante le bordate negative di TripAdvisor, oggi potrebbe avere dei vantaggi di non poco conto. La qualità alla fine paga.
5) E alla fine, dopo tutte le bugie e le fantasie che abbiamo sentito sul covid-19, in tanti si saranno pure accorti che sul web bisogna più che mai cercare la verità in mezzo a tante fake news. Chi potrà credere più ormai a TripAdvisor? Le troppe nefandezze di cui il portale è stato vittima, quando non complice, veicolando giudizi palesemente lontani dal vero, non possono certo renderlo oggi più credibile che in passato.
E quindi, ci chiediamo, lo scenario del dopo coronavirus, sarà più bello o meno bello senza TripAdvisor così onnipresente?
Una cosa è certa. Nella società digitale, dove parliamo di app economy e di reputation economy, perché mai non dovremmo avvalerci di strumenti per avere informazioni e orientarci nelle nostre scelte di acquisto di beni e di fruizione di servizi? Su queste basi è logico aspettarsi che se il Gufo andrà in corso ad una caduta a picco (del resto già anticipata dal tracolo del suo titolo in Borsa), qualcuno dotato magari di un po’ più di apparente veridicità, potrà prenderne il posto.
E qui ancora una volta bisogna fare i conti con la tecnologia, ed in particolare con quella sulla tracciabilità dei nostri spostamenti. Già, perché almeno in una prima fase, una volta deciso dove andare a mangiare, bisognerà sapere per tempo se ci si potrà accedere, o se invece il locale è già saturo per i pochi coperti disponibili per il distanziamento sociale, o a che turno orario c’è posto. Se magari in quella zona ci sono rischi di contagio. Ecc.
E qui casca l’asino. Queste informazioni le potremo avere solo se il gestore del locale collabora. Ci si deve fidare di lui e di cosa ha attivato per farci sapere la situazione e magari che proposta ha. Tutto il contrario di quel che avveniva con TripAdvisor dove il gestore era vittima di commenti falsi e non riusciva nemmeno a rettificare informazioni assurde, tipo la qualità di una pizza in un locale senza forni per pizza. Per non parlare poi della impossibilità di non essere proprio recensito e uscire da quelle immonde classifiche farlocche.
Ora i gestori avranno la necessità di essere attivi nel dare quante più informazioni possibili per agevolare l’arrivo di clienti, anche con prenotazioni immediate e senza costi aggiuntivi (per gestore e cliente). E c’è chi su queste opportunità è quasi pronto e decisamente in campo eliminando quasi ogni tipo di concorrenza. L’alleanza Google-Apple per offrire sistemi di monitoraggio mondiale sui contagiati potrebbe infatti dare vita ad un nuovo strumento che con poche varianti potrebbe diventare la chiave di accesso al ristorante.
Una delle tecnologie utilizzabili è poi quella del blockchain, adesso agli albori sebbene i suoi primi frutti (costosi) si vedano nell’agroalimentare. È uno strumento che rischia però di essere più individuale (del singolo ristorante) che non l’unico portale che li raggruppa tutti.
Trasversalmente a tutto ciò, vale in ogni caso la pena di riflettere in ogni caso su come si presenterà il ristorante “riaperto”.
Una cosa è certa, almeno nella fase transitoria, sarà molto diverso da “prima”.
Se partiamo dalla sala avremo:
• prenotazione praticamente obbligatoria a fronte di servizi effettuati su più turni;
• per accedere bisognerà sottoporsi al controllo della temperatura (bandito chi ha più di 37,5°) come nei supermercati;
• tavoli ben distanziati (si parla di 2 metri fra uno e l’altro) e camerieri in guanti e mascherine;
• presenza ad igienizzanti sui tavoli (al posto delle oliere), all’ingresso e in bagno;
Sostanzialmente diverso da “prima” anche in cucina:
• menù più essenziali, ma ghiotti, con spazio alla filiera corta o vera;
• forte attenzione ad evitare sprechi:.
• attenzione all’asporto (take away), grande professionalità con ausilio di terze parti per la delivery e magari vendita di prodotti alimentari.
In pratica appena si riaprirà, si tornerà a danzare, ma con nuovi gli spartiti e orchestrali e ballerini pronti alla nuova musica.
Ma evitiamo polemiche inutili. Tutti sanno la nostra posizione rispetto agli enormi danni fatti dal portale americano alla ristorazione italiana inventando classifiche di valore false e immettendo una dose di concorrenza sleale che non c’era mai stata.
Si dirà che l’assenza di recensioni oggi scaturisce dall’impossibilità di frequentare i ristoranti, tutti chiusi a causa del Covid-19. E ciò è oggettivamente un fatto. Ma a quel punto nasce una domanda: con il nuovo scenario vi sarà ancora humus fertile per TripAdvisor?.
Secondo alcune indiscrezioni le riaperture dei ristoranti (pizzerie incluse) potrebbero avvenire fra metà e fine maggio (magari con tempi diversi fra le varie regioni), ma noi temiamo che almeno in alcuni posti (magari in Lombardia) si dovrò saltare anche il ponte del 2 giugno. In ogni caso cambia poco. Per giugno tutti i locali attivi avanti Coronavirus potrebbero essere finalmente riaperti e, con tutti gli accorgimenti del caso, offrire lo spunto per i leoni da tastiera finora reclusi, per scatenarsi nelle loro sospese attività di recensione. Con in più la possibilità di valutare, tutti novelli epidemiologi, anche le misure di sicurezza dottate (la gran parte delle quali non saranno nemmeno visibili al cliente).
Ma TripAdvisor avrà ancora questa capacità di richiamo? Sarà ancora lo strumento per sporcare e imbrattare un comparto che in questi mesi ha già sofferto più di altri?
Per una volta siamo forse fiduciosi, non proprio ottimisti, che il Gufo con la riapertura potrebbe trovarsi un po’ spennato e con utenti molto più responsabili e attenti.
In proposito abbiamo azzardato 5 considerazioni su come potrebbe essere diverso il mercato che si offre ai tanti recensori autodidatti, almeno nel primo periodo. Con un dato indiscutibile: ci saranno meno locali e meno disponibilità a spendere.
1) Ci fa male scriverlo, ma è ragionevole ipotizzare che per almeno il 10% dei ristoranti (ma negli Stati Uniti si ipotizza addirittura del 20%), non ci sarà una riapertura. Rischiano di restare chiusi quelli affetti da eccessiva debolezza strutturale, di riapertura neanche si parla. E che dire di quelli che già “ieri” non rispettavano le regole dell’Hccp o quelle basiche per l’igiene come una porta di uscita per i piatti da consumare e una di ingresso per i piatti sporchi? Praticamente la gran parte agriturismi dovrebbe restare chiuso. Al pari dei locali con licenze “in deroga” perchè magari in edifici storici (urgono interventi di ristrutturazione con licenze immediate). Chiuse anche la gran parte delle mense, che non potranno garantire alcun distanziamento sociale. E per gli home restaurant non se ne dovrebbe nemmeno parlare, salvo fare partire immediate denunce per procurata epidemia… Come dire, la platea dei luoghi dove si può mangiare in Italia, oltre 300mila in Italia, dovrebbe sfoltirsi sensibilmente, con un vantaggio di chi la ristorazione seria (e magari ha anche spazi ampi) l’ha sempre fatta. Negli States c'è uno studio che fa discutere: su 100 locali aperti ante coronavirus, nel dopo coronavirus ne riaprirebbero solo 80. Dopo 6 mesi ne resterebbero aperti 60 e dopo un anno 50. Nel semestre successivo si tornerebbe a 55 e poi .... si pensa ad una lenta ricrescita. Contiamo che non sia così drastico anche da noi, ma per evitare quel rischio è utile prepararsi per tempo.
2) Cambierà il modo con cui si accosta ad un ristorante o a una pizzeria. La crisi economica imporrà una maggiore attenzione al “portafoglio”. Si tornerà al valore vero dei soldi e l’andare al ristorante per molte famiglie sarà come il gelatino della domenica. Si programma, si pianifica, ci si concerta e si va. La propensione, pertanto, sarà molto più da avventore in cerca di svago ed ore liete, piuttosto che da giudice in trasferta che non ha problemi economici e va al ristorante come se andasse allo stadio per tifare.
3) Al ristorante, finalmente ritrovato e sognato, ci si andrà per una più serena convivialità e in pochi. Chi pranzerà o cenerà fuori casa, almeno nei primi tempi, lo farà come atto liberatorio, per mangiare e bere bene, e non certo perché vuole fotografare e poi recensire. Prevarrà probabilmente la presunzione d’innocenza del gestore rispetto all’inappellabile sentenza di condanna. L’essere in pochi la tavolo farà anche venire meno la perversa gara di emulazione a chi è più ipercritico. Magari si riscoprirà come può essere rasserenante dedicarsi al cibo e dismettere la compulsione del fotografare o farsi i selfie. Anche perchè i cellulari serviranno a ben altro. Magari a proteggerci da eventuali rischi, più che a fare del male in modo gratuito a qualche ristoratore!
4) I ristoratori attivi e “superstiti” si sentiranno un po’ meno concorrenti e un (bel) po’ più colleghi. Si sentiranno quasi “combattenti e reduci” della situazione, come del dopoguerra. Sapranno giovarsi, se finalmente vorranno capirlo, di quel comportamento efficace quale la cooperazione e l’attività con un’associazione di categoria che li può rappresenta in modo concreto (praticamente al momento una sola, la Fipe). In altre parole la competizione sarà fatta con altre modalità, e saranno davvero pochi quelli che sfrutteranno lo sputtanamento del concorrente attraverso le recensioni negative pilotate su TripAdvisor. E poi c’è da augurarci che saranno proprio quelli più abituati alla scorrettezze delle recensioni negative quelli che avranno più difficoltà a riaprire o restare sul mercato. Chi in passato avrà lavorato bene nonostante le bordate negative di TripAdvisor, oggi potrebbe avere dei vantaggi di non poco conto. La qualità alla fine paga.
5) E alla fine, dopo tutte le bugie e le fantasie che abbiamo sentito sul covid-19, in tanti si saranno pure accorti che sul web bisogna più che mai cercare la verità in mezzo a tante fake news. Chi potrà credere più ormai a TripAdvisor? Le troppe nefandezze di cui il portale è stato vittima, quando non complice, veicolando giudizi palesemente lontani dal vero, non possono certo renderlo oggi più credibile che in passato.
E quindi, ci chiediamo, lo scenario del dopo coronavirus, sarà più bello o meno bello senza TripAdvisor così onnipresente?
Una cosa è certa. Nella società digitale, dove parliamo di app economy e di reputation economy, perché mai non dovremmo avvalerci di strumenti per avere informazioni e orientarci nelle nostre scelte di acquisto di beni e di fruizione di servizi? Su queste basi è logico aspettarsi che se il Gufo andrà in corso ad una caduta a picco (del resto già anticipata dal tracolo del suo titolo in Borsa), qualcuno dotato magari di un po’ più di apparente veridicità, potrà prenderne il posto.
E qui ancora una volta bisogna fare i conti con la tecnologia, ed in particolare con quella sulla tracciabilità dei nostri spostamenti. Già, perché almeno in una prima fase, una volta deciso dove andare a mangiare, bisognerà sapere per tempo se ci si potrà accedere, o se invece il locale è già saturo per i pochi coperti disponibili per il distanziamento sociale, o a che turno orario c’è posto. Se magari in quella zona ci sono rischi di contagio. Ecc.
E qui casca l’asino. Queste informazioni le potremo avere solo se il gestore del locale collabora. Ci si deve fidare di lui e di cosa ha attivato per farci sapere la situazione e magari che proposta ha. Tutto il contrario di quel che avveniva con TripAdvisor dove il gestore era vittima di commenti falsi e non riusciva nemmeno a rettificare informazioni assurde, tipo la qualità di una pizza in un locale senza forni per pizza. Per non parlare poi della impossibilità di non essere proprio recensito e uscire da quelle immonde classifiche farlocche.
Ora i gestori avranno la necessità di essere attivi nel dare quante più informazioni possibili per agevolare l’arrivo di clienti, anche con prenotazioni immediate e senza costi aggiuntivi (per gestore e cliente). E c’è chi su queste opportunità è quasi pronto e decisamente in campo eliminando quasi ogni tipo di concorrenza. L’alleanza Google-Apple per offrire sistemi di monitoraggio mondiale sui contagiati potrebbe infatti dare vita ad un nuovo strumento che con poche varianti potrebbe diventare la chiave di accesso al ristorante.
Una delle tecnologie utilizzabili è poi quella del blockchain, adesso agli albori sebbene i suoi primi frutti (costosi) si vedano nell’agroalimentare. È uno strumento che rischia però di essere più individuale (del singolo ristorante) che non l’unico portale che li raggruppa tutti.
Trasversalmente a tutto ciò, vale in ogni caso la pena di riflettere in ogni caso su come si presenterà il ristorante “riaperto”.
Una cosa è certa, almeno nella fase transitoria, sarà molto diverso da “prima”.
Se partiamo dalla sala avremo:
• prenotazione praticamente obbligatoria a fronte di servizi effettuati su più turni;
• per accedere bisognerà sottoporsi al controllo della temperatura (bandito chi ha più di 37,5°) come nei supermercati;
• tavoli ben distanziati (si parla di 2 metri fra uno e l’altro) e camerieri in guanti e mascherine;
• presenza ad igienizzanti sui tavoli (al posto delle oliere), all’ingresso e in bagno;
Sostanzialmente diverso da “prima” anche in cucina:
• menù più essenziali, ma ghiotti, con spazio alla filiera corta o vera;
• forte attenzione ad evitare sprechi:.
• attenzione all’asporto (take away), grande professionalità con ausilio di terze parti per la delivery e magari vendita di prodotti alimentari.
In pratica appena si riaprirà, si tornerà a danzare, ma con nuovi gli spartiti e orchestrali e ballerini pronti alla nuova musica.
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