La scienza
«riabilita»
la pasta
Uno studio conferma che non fa ingrassare. Il segreto è assumerla con moderazione ed equilibrio, come insegna la Dieta mediterranea
Non è vero che fa ingrassare e, dopotutto, non è poi così dannosa come hanno cercato di farci credere. Negli Stati Uniti, ad esempio, la pasta è caduta in disgrazia e i consumi sono diminuiti, in tutto il Nord America, del 6 per cento dal 2009. Un destino peggiore è toccato a questo prelibato primo piatto in Germania, dove le vendite sono scese del 12% e in Italia si stima addirittura del 25 per cento. Ma è proprio dal Bel Paese che arrivano nuove prove a favore dell’(ingiustamente) incriminato alimento. In effetti la nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Nutrition and Diabetes e sviluppata nel Dipartimento di Epidemiologia dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli (Isernia), riabilita il cibo italiano per antonomasia e sfata il mito della pasta che fa ingrassare e suggerisce che mangiarla tranquillamente, in quantità controllate, significa condurre uno stile di vita sano. In altre parole, l’assunzione di carboidrati – la pasta, il pane, i cereali –, ma anche legumi, carni, frutta e verdure permette all’organismo un accesso immediato alle riserve di energia. Il segreto sta nell’assumerli in maniera equilibrata e con moderazione.
Secondo la ricerca, la pasta non solo non fa male (come più volte dimostrato) ma aiuta anche a tenere sotto controllo il peso, dal momento che il suo consumo è associato a un indice di massa corporea più basso e a una circonferenza addominale minore. La professoressa Licia Iacoviello, capo del laboratorio di epidemiologia molecolare e nutrizionale del Neuromed, spiega che sbaglia chi non mangia la pasta affatto per non mettere su qualche chilo di troppo. “L’errore che si fa spesso è quello di fare di tutta l’erba un fascio”, precisa la professoressa. “Esistono diversi tipi di carboidrati: c’è una tipologia buona, quella dei carboidrati complessi come la pasta, che non possiamo eliminare del tutto dalla dieta e che, anzi, è essenziale al buon funzionamento del nostro corpo, e i carboidrati cattivi”.
È sbagliato, inoltre, abolire totalmente la pasta dalla propria dieta, magari preferendo carne rossa o insaccati. Perché se è vero un abuso di carboidrati può comportare l’insorgenza di svariate patologie – tra le quali spiccano per pericolosità il diabete e l’obesità –, è anche vero una carenza degli stessi pone comunque l’organismo a rischio, poiché favorisce un eccesso di proteine e grassi responsabili dell’ipercolesterolemia; facilita la comparsa di patologie renali, epatiche e lo sviluppo di cellule cancerose. Infine in caso di insufficienti riserve di carboidrati è addirittura possibile la formazione di corpi chetonici, i quali comporterebbero l’acidificazione del sangue con conseguente possibilità di coma.
Quindi sì a spaghetti e penne, no agli zuccheri semplici, come bevande gassate, succhi di frutta o caramelle. “Se noi aggiungessimo alla pasta che mangiamo di solito cucchiaini di zucchero semplice come si fa per il caffè o per il cappuccino (e come fanno in altri Paesi del mondo, ndr), questo renderebbe la pasta dannosa”, aggiunge Iacovello. “Ma, tenendo conto di come siamo abituati a mangiarla e a cucinarla qui in Italia, non rappresenta alcun rischio. La pasta si può e si deve mangiare, ma, come insegna la dieta mediterranea, con moderazione ed equilibrio”, assicura l’esperta, “È normale che nutrendosi solo di pasta, si ingrassi. Bisognerebbe assumerne in quantità tale da soddisfare circa il 10% del fabbisogno calorico giornaliero: in media, 55 grammi al giorno per le donne e 70 per gli uomini”. E non solo: “La pasta di semola di grano duro, se cotta al dente, presenterà un indice glicemico più basso rispetto a una cottura più prolungata, la pasta lunga avrà un indice glicemico leggermente più basso della pasta corta, così come l’abbinamento con alcuni grassi come l’olio d’oliva inibirà l’assorbimento di zuccheri e quindi contribuirà a ridurre, anch’esso, l’indice glicemico”.
Lo studio ha preso in esame ben 23.366 tra uomini e donne con età superiore ai 18 anni e ne ha analizzato le misure corporee e le abitudini alimentari. Per tutti gli individui analizzati è emerso che l’adesione di un campione di essi alla Dieta mediterranea ha avuto un ruolo protettivo sul sovrappeso e l’obesità, in parallelo con importanti benefici per la salute contro le malattie croniche. Inoltre è stato evidenziato che il consumo di pasta non è associato a un alto indice di massa corporea (IMC). Al contrario, i soggetti con IMC nella norma mantenevano un apporto di carboidrati costante nella propria dieta quotidiana. PANORAMA EDIT
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