lunedì 28 dicembre 2020

Pochi hotel in vendita. Federalberghi: «Il mercato è svalutato»

 

Pochi hotel in vendita. Federalberghi: 

«Il mercato 

è svalutato»


Le strutture alberghiere sul mercato sono circa le stesse di febbraio 2020: non perché non ci siano diverse necessità di vendita, ma perché ora comporterebbe una riduzione del valore della struttura anche del 50%.

Con la pandemia in corso e il turismo in ginocchio, operatori "opportunisti" sono pronti ad investire in situazioni lesionate dalla crisi. Tuttavia, emerge da una ricerca di We-Wealth su dati raccolti dall'ufficio Studi di idealista, il numero di strutture in vendita nel settore alberghiero è stabile, in linea rispetto all'inizio dell'anno (quindi, prima della crisi del settore). Attualmente sono 586 le strutture in vendita, appena l'1% in meno rispetto a febbraio, quando il numero di hotel alla ricerca di un nuovo proprietario ammontava a 591. Una spiegazione è fornita da Roberto Necci, presidente del centro studi di Federalberghi Roma: «Oggi le aziende non hanno la convenienza a essere valorizzate perché il mercato guarda tutto ciò che ha per oggetto il prodotto turistico con estremo scetticismo, e quindi si rischierebbe di venderle a prezzo di sconto. A differenza di un anno fa, le strutture sono valutate anche il 50% in meno».

Il numero di alberghi in vendita da febbraio è quasi invariato - Hotel in vendita, Federalberghi: Pochi perché il mercato è svalutato
Il numero di alberghi in vendita da febbraio è quasi invariato

Al momento quindi non c'è convenienza a procedere con la vendita, è meglio attendere tempi migliori. Dopo aver provato a dismettere le strutture (quindi, a venderle sul mercato) ci si è resi conto della staticità di questo, e le aziende hanno subito ritirato le loro proposte di vendita.

Attualmente le regioni dove si concentrano maggiormente le strutture in vendita sono il Veneto (79), la Toscana (76) e il Lazio (71), poi l'Emilia Romagna (67) e la Lombardia (54), per un valore complessivo che supera i 2,3 miliardi di euro.

«In assenza di aiuti e di interventi da parte dello Stato, difficilmente molte aziende potranno comunque riaprire - spiega Necci, commentando la situazione del settore turistico-alberghiero, fra i vari comparti dell'economia quello più colpito dalla crisi - Del resto nelle principali città d'arte italiane l'incidenza dei flussi turistici internazionali sul fatturato super abbondantemente il 70%, con picchi intorno al 90% in alcuni mesi dell'anno. Flussi totalmente azzerati da marzo 2020: dalle rilevazioni dell'Ebtl riprese dalla Banca d'Italia si sono riscontrate diminuzioni di arrivi internazionali superiori al 90%. Diminuzioni che hanno riguardato i bacini a più alta capacità di spesa (americani, giapponesi, tedeschi e inglesi)».

«Un vero dramma per le aziende - prosegue il presidente del centro studi di Federalberghi in una dichiarazione a We-Wealth - e conseguentemente per i lavoratori, che da sempre dipendono dai flussi che il nostro Paese è in grado di intercettare dall'estero».

A completare questo drammatico caso ci sono le aziende ferme da quasi un anno e i lavoratori assistiti da ammortizzatori sociali che vengono erogati in misura decisamente limitata rispetto alle normali retribuzioni, e con scadenze non sempre puntuali. italiaatavola

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