lunedì 28 dicembre 2020

Nel 2020 300mila imprese in meno, chiude il 14,4% di bar e ristoranti

 

Nel 2020 300mila 

imprese in meno, 

chiude il 14,4% 

di bar e ristoranti


Le stime di Confcommercio attribuiscono il calo drammatico del numero di imprese per l’80% al Covid e agli effetti della pandemia. Tra i settori più colpiti tempo libero, viaggi, abbigliamento e ristorazione. È allarme rosso per il comparto del turismo mentre si teme adesso l'ondata di chi non riaprirà a gennaio: fallimenti e disoccupati.

Bilancio 2020 drammatico per le imprese italiane. Le stime dell’Ufficio studi Confcommercio sulla nati-mortalità delle imprese, sulla base dei dati Movimprese Unioncamere, parlano di un calo di oltre 300mila unità rispetto all’anno precedente. Chiuse definitivamente circa 390mila imprese del commercio a fronte di 85mila nuove aperture: il calo complessivo si attesterebbe dunque intorno a 305mila (-11,3%). Per l’80% (240mila imprese) il calo sarebbe da attribuire alla pandemia di Covid-19 e al crollo dei consumi che si è attestato al 10,8%, pari ad una perdita di 120 miliardi di euro.

Nel 2020 300mila imprese in meno Calo del 14,4% per bar e ristoranti

Tra i settori più colpiti ci sono bar e ristoranti, con un calo del 14,4%. Quello dell’accoglienza è stato tra i primi comparti a fermarsi a causa dell’emergenza sanitaria. Lo stop del turismo straniero, il lockdown e lo smartworking hanno di fatto azzerato la clientela dei locali, che hanno iniziato a soccombere a causa delle difficoltà economiche e della mancanza di adeguate compensazioni e aiuti da parte del governo. È l'ennesimo allarme rosso per il comparto del turismo mentre si teme adesso l'ondata di chi non riaprirà a gennaio: fallimenti e disoccupati record in vista. E il Governo non ha predisposto ancora un piano di salvataggio per evitare conseguenze sociali gravissime.

Secondo l'Ufficio studi di Confcommercio, delle 240mila imprese sparite dal mercato a causa della pandemia, 225mila sono da attribuire ad un eccesso di “mortalità” e 15mila a un deficit di “natalità”. Una riduzione del tessuto produttivo che risulta particolarmente accentuata tra i servizi di mercato, che si riducono del 13,8% rispetto al 2019, mentre nel commercio rimane più contenuta, ma comunque elevata, pari all'8,3%. Tra i settori più colpiti nell'ambito del commercio troviamo abbigliamento e calzature (-17,1%), ambulanti (-11,8%) e distributori di carburante (-10,1%); nei servizi di mercato le maggiori perdite di imprese si registrano, invece, per agenzie di viaggio (-21,7%), bar e ristoranti (-14,4%) e trasporti (-14,2%). C'è poi tutta la filiera del tempo libero che, tra attività artistiche, sportive e di intrattenimento, fa registrare complessivamente un vero e proprio crollo con la sparizione di un'impresa su tre.

Alla perdita di imprese, sottolinea Confcommercio, va poi aggiunta anche quella relativa ai lavoratori autonomi, ovvero quei soggetti titolari di partita Iva operanti senza alcun tipo di organizzazione societaria. Si stima la chiusura per circa 200mila professionisti tra ordinistici e non ordinistici, operanti nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e servizi, attività artistiche, di intrattenimento e divertimento e altro.
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