Risotto perfetto: segreti, tecniche e ingredienti per un piatto gustoso
Dalle regole fondamentali alla libertà creativa, esploriamo l'arte di realizzare un risotto perfetto, un piatto che racconta la storia, la passione e la tecnica di ogni cuoco. Scopriamo insieme come la scelta del riso, la tostatura, il brodo e la mantecatura possano trasformare un semplice piatto in un'esperienza sensoriale unica
Parlare di risotto nella cucina moderna non è mai semplice, ci si trova spesso di fronte a opinioni e tesi diverse, spesso contrastanti, che molti chef “comunicano” al mondo esterno in maniera forzata, sostenendo che il “loro modo di fare il risotto”, dalla scelta del riso, alla mantecatura, passando per il tipo di brodo e gli ingredienti chiave usati, non solo è alla fine quello più veritiero, ma è anche l'unico possibile.
Il risotto è il piatto d'eccellenza della cucina italiana
È innegabile che qualunque sia il nostro modo di fare il risotto, qualunque sia il modus operandi nel trasformare un buon riso in un buon risotto, o in un risotto straordinario, siamo di fronte a un piatto che non ha termini di paragone, perché non è una pasta, non può essere paragonato a uno spaghetto, con tutto il rispetto per lo spaghetto, veloce, straordinario ma meno “contemplativo”. E rispetto a uno spaghetto o un pacchero ai frutti di mare o al pomodoro, seppur conditi con il miglior accostamento di ingredienti, il riso che diventa risotto ci regala una sazietà diversa, e poi profumo, colore, intensità alla bocca, soprattutto calore.
Siamo di fronte a connubio di sensazioni incredibili. Un piatto, ma non solo un semplice piatto, il risotto è, ieri e oggi, e sarà sempre una delle pietre miliari della gloriosa e lunga storia della cucina italiana, simbolo di eleganza, versatilità, capacità di conquistare il palato dei commensali, manifestazione lampante di sazietà e sapore. Nei momenti importanti c'è sempre un risotto. Nelle cene, nei matrimoni, nei catering, nei cooking show dal vivo. Il risotto, se fatto bene, è sempre un piatto giusto al momento giusto. Il risotto è… IL piatto.
Una ricetta incredibile, dai mille volti, dalle mille sfaccettature, dalle mille possibilità, capace di tirare fuori il meglio del nostro essere creativi, del nostro essere cuochi. Il risotto per un milanese come per un pavese è convivio, famiglia, cucina intramontabile simbolo di qualità e tradizione, ma per il milanese il risotto è ossobuco e zafferano prima di tutto, anche se non solo. Così come per un veneto può essere allo stesso tempo radicchio e formaggi di qualità, ma anche mare, un mare straordinario, quello del mercato ittico di Chioggia, se ci troviamo ad esempio sul litorale di Jesolo. E poi per un piemontese il risotto è più che mai rapporto d'amore con la carne… ma il risotto è arrivato anche al Sud, dove i cuochi lo fanno alla loro maniera, più tirato, più cremoso, più al dente, e lo legano ad una storia di cucina che racconta di pesce, pomodoro, mozzarella, scarola, capperi, acciughe, pinoli, ortaggi di qualità… e dove il burro lascia spesso il posto all'olio evo migliore.
Ovunque decidiamo di soffermarci dal punto di vista conoscitivo, qualunque sia il territorio che andiamo ad analizzare, da cui partiamo, ci troveremo sempre di fronte a tanti modi di fare un risotto, ma anche a delle regole da cui non si prescinde. E in questo percorso capiremo quali regole fare nostre, quali rafforzare e rendere ancora più parte del nostro patrimonio tecnico e conoscitivo, senza smettere di ragionare, di far vincere la nostra personalità, e di creare una cucina che sia connubio perfetto tra esigenze del territorio, qualità della materia prima, target del pubblico, amore per il nostro lavoro ma anche “comunicazione” diretta della nostra personalità. E il nostro risotto deve parlare di noi, di quello che siamo, del nostro pathos e del nostro “trasporto” emotivo nei confronti di un piatto straordinario che non smetteremo mai di voler realizzare. Costruendo l'emozione sul passato che guarda anche al presente e al futuro prendendoli per mano, perché la cucina non è mai una separazione netta, come un muro di cemento armato, tra quello che eravamo e quello che saremo.
Un buon risotto è frutto di una scelta di un buon riso
Non smetteremo mai di dire che la modernità, l'evoluzione sono spesso figli della tradizione “abbracciata” però con un'analisi profonda e intensa. Qualunque risotto deciderai di fare, sarai tu a renderlo un piatto ancora più straordinario. Anche con ingredienti poveri. Perché l'equilibrio e l'intensità degli accostamenti, la forza della valorizzazione della qualità della materie prime che avrai inserito, renderanno il “viaggio” del tuo riso verso “il divenire” un risotto, un viaggio unico. E il tuo risotto, che parlerà di te, sarà più che mai simbolo di alta cucina. Che è prima nella mente, e poi nella tecnica di un cuoco. Prima di tutto partiamo come sempre dalla “coscienza del cuoco”. Indispensabile, fondamentale, partire dalla conoscenza, dall'amore, dalla corretta manipolazione della materia prima. Dal grande ragionamento.
Un buona tipologia di riso adatto ai risotti diventerà sempre un buon risotto. E siamo alla base. Come indossare un buon paio di scarpe comode per una lunga passeggiata. Prima di tutto serve un buon brodo cucinato ad arte, “figlio” legittimo degli ingredienti principali del piatto che andiamo a realizzare, figli legittimi del nostro “progetto”, ad esso legati da un filo conduttore indissolubile: ecco abbiamo individuato e intrapreso la strada da percorrere. Il brodo deve rappresentare “il disegno” del piatto. E deve contenere le essenze di quello che assaporeremo al palato. Siamo partiti, il nostro percorso è iniziato. Siamo in cammino. Strada facendo ci rendiamo conto che devono esserci sempre i giusti accostamenti, l'equilibrio dei “gusti” nato dalla “logica” unione delle materie prime “in gioco”, quelle che devono regalarci agli occhi e al palato il ruolo prima di tutto del protagonista, e poi dei suoi “compagni di avventura”. Ingredienti chiave che devono esaltare il senso di tutto quello che abbiamo creato e pensato, “progettato”, partendo dal riso, nel momento in cui si crea l'imprinting tra commensale e piatto, con lo sguardo e l'olfatto, seguiti dall'assaggio, dalla masticazione.
Il risotto è “nelle mani” e nel palato di chi siede alla nostra tavola. E noi attendiamo trepidamente il suo giudizio. La nostra massima soddisfazione sarebbe sapere, subito, che il nostro risotto sia stato in grado di regalare al nostro commensale sensazioni incredibili. Un ricordo indelebile. E ci riusciremo. Se non abbiamo trascurato nulla. Perché vedremo che il risotto è come un figlio, la cui “crescita” è da custodire. Non va perso mai di vista. Va seguito, con amore e dedizione. Ma come un buon padre dovrebbe fare, a quel figlio “va fatto fare il suo percorso”. Lo possiamo guidare ma non tarpargli le ali. Solo così il riso diventerà un risotto straordinario. Perché nulla va lasciato al caso: ci sono gli aromi, le spezie, le erbe vive, “gli effetti sorpresa” da regalare al palato, e i passaggi inevitabili come la giusta cottura del riso, la temperatura di servizio, la cremosità finale, il rapporto perfetto tra le consistenze in gioco. Le tecniche figlie dell'esperienza e della conoscenza. Tutto questo e molto altro è il viaggio straordinario che stiamo per intraprendere nel mondo dei risotti.
Risotto, il ruolo del brodo: altro che acqua e sale...
Rivalutiamo in primis il ruolo fondamentale del brodo. Altro che acqua calda e sale nei risotti. Il 70% della cremosità finale e del sapore del risotto è merito di un buon brodo. Il brodo non è solo il viatico del sapore, non indica soltanto l'identità del percorso del nostro risotto, ma conferisce anche struttura al nostro riso. Un risotto di pesce o di crostacei non avrà mai la sua identità con un'acqua calda salata o con un brodo di pollo. Ma nascerà al meglio con un brodo realizzato con gli scarti dei crostacei, protagonisti del piatto.
Il burro? Struttura e sapore per il risotto
Il burro in mantecatura è struttura, ma perché? Quando si manteca, lo shock termico tra il riso caldo e il burro freddo aiuterà il rilascio del cosiddetto latticello che concorre a produrre quella consistenza morbida tipica del risotto all'onda. Anche il rilascio dell'amido da parte del riso durante la cottura gioca il suo ruolo nella cremosità del risotto. Un riso tostato in maniera intelligente rilascerà il giusto amido dopo la prima metà della cottura. Un riso cotto con la giusta quantità di brodo, tostato intelligentemente, senza essere stressato, cuocerà senza attaccare e rispetterà i tempi delle caratteristiche del tipo di riso che andiamo ad usare.
Il burro è anche sapore. Questo perché in generale i grassi contribuiscono al gusto di un piatto riuscendo a sciogliere le molecole aromatiche liposolubili (solubili in grassi) ma non idrosolubili (solubili in acqua). Le goccioline di grasso, con all'interno le varie molecole gustose, porteranno sulle nostre papille quelle molecole che altrimenti verrebbero ingoiate senza lasciare una traccia... gustosa. Pensate a quando preparate un risotto: fate quasi sciogliere le cipolle nel burro, fino a quando non sono translucide. In questo modo le molecole aromatiche della cipolla si sciolgono nei grassi, che si diffondono poi nel risotto e sulle vostre papille. Per molti chef moderni per far pesare meno il ruolo "calorico" del burro questo andrebbe messo a 2/3 di cottura. Per conferire sapore e cremosità in partenza.
Tostatura? Anche il riso è reazione di Maillard
Il risotto rappresenta un mondo affascinante, caratterizzato da alcune regole importanti, da cui è difficile prescindere. Non esiste un unico percorso tecnico per realizzare un risotto perfetto. Tutto dipende dal tipo di riso usato, dagli ingredienti che si adoperano. Anche se alcuni elementi chiave come il brodo o come la tostatura del riso sono la base per realizzare i risotti della tradizione, non è un azzardo affermare che l'evoluzione abbinata alla genialità degli chef di casa nostra, hanno consentito nel tempo di inserire “innovazioni” fino a pochi anni fa impensabili. Alcune straordinarie, altre discutibili, come l'uso di un'acqua salata al posto del brodo, come il salare riso solo in tostatura, come il mantecare non con burro ma con olio extravergine. Ma partiamo oggi da uno dei capisaldi del risotto, il soffritto. E cerchiamo di capire come attraverso la mia “visione zen, ovvero riflessiva e analitica e scientifica” della cucina, basandomi sulla logica della conoscenza chimica e sulla struttura della materia prima, si possa dare una spiegazione fondata alla scuola di pensiero che predilige non usare più il soffritto, di cipolla o scalogno, prima della tostatura del riso.
Perché tostiamo? Porsi le giuste domande in cucina “aumenta in maniera esponenziale” la nostra forza mentale, perché è nella ricerca delle risposte che mettiamo in atto la nostra innata curiosità di cuochi. Non ci accontentiamo, non possiamo, non dobbiamo! Vogliamo essere ogni giorno cuochi diversi, nuovi, capaci di avere sempre qualcosa da dire. Che abbia però logica e sostanza. Qualcosa da raccontare agli attraverso i nostri piatti, quelli che parlano di noi, che devono trasmettere le nostre emozioni a chi ci regala l'onore di assaggiare quello che creiamo. Con la mente e con le mani. E allora nel nostro costante processo di crescita di “cuochi pensatori” che non si esaurisce mai, cerchiamo di comprendere insieme le ragioni che ci portano ad una delle “operazioni base” nella trasformazione di un riso in risotto, ovvero la tostatura.
Tostiamo per quattro ragioni:
- Struttura: perché tostare vuol dire, che possiate essere d'accordo o meno, applicare al riso una tonicità di calore e di aroma attraverso la reazione di Maillard. Tostare vuol dire costruire la differenza tra un riso bollito e un risotto, vuol dire dare lo start up iniziale. Il chicco di riso viene sigillato con il calore, trattiene gli amidi “il giusto tempo”, per tirarli fuori al momento giusto (cremosità finale) con l'apporto del brodo e del grasso freddo finale.
- Cottura: la conseguenza diretta di conferire una corretta struttura al riso che deve diventare risotto, in fase di tostatura, nel suo processo di evoluzione, è senza dubbio la corretta cottura. Che sia tostato con un grasso o che sia tostato a secco, e vedremo le differenze, senza voler prendere posizione “dogmatica” circa una verità assoluta, il riso tostato con intelligenza è un riso destinato a una cottura “importante”, giusta, corretta, non attaccherà mai, non supererà i tempi di preparazione dettati dalle sue stesse caratteristiche unite alla nostra conoscenza, avrà subìto la giusta aromaticità, chiederà a noi la corretta quantità di brodo e alla fine diventerà il nostro risotto: cremoso, gustoso, carico della forza della conoscenza che abbiamo impiegato e della qualità delle materie prime usate.
- Status finale: capiremo insieme che il risotto è uno solo, uno soltanto è il modo in cui può essere presentato. Ovvero deve essere cremoso. Che possa esserlo meno o di più, che possa essere più o meno al dente, la differenza tra un risotto e l'altro in questo senso è sottilissima. Sono gli ingredienti usati a fare la differenza tra un risotto e l'altro non lo status finale, che alla fine ripeto è uno e uno soltanto e capiremo bene più avanti cosa voglio dire. E una corretta tostatura ci porta ad un corretto risotto: cremoso, carico di sapore, capace di accogliere nel migliore dei modi le materie prime usate e cucinate con raziocinio e amore.
- Sapore: un riso che diventa risotto “conclude” il suo straordinario viaggio al nostro palato e ci deve colpire per il suo gusto, e prima ancora per il suo profumo, deve conquistare i nostri occhi, deve regalarci un ricordo indelebile. Un buon risotto è un'esperienza per pochi, e pochi sanno davvero cucinarlo ad arte esaltando all'ennesima potenza le materie prime usate. Ma tutto comincia da una corretta tostatura, da quel punto 1 da cui tutto è iniziato. Ma come si fa a sapere che un riso è tostato correttamente: se non attacca, se rispetta i tempi di cottura legati alla struttura del riso, se avvolge come in un caldo abbraccio i prodotti che abbiamo usato. Ma soprattutto se abbiamo rispettato le sue peculiarità che partono dalla sua corretta conoscenza: quella del riso appunto.
Il riso è carico di amidi (zuccheri complessi) e di acqua. Ma possiede anche una quantità proteica pur non essendo assolutamente una proteina pura. Piccola ma fondamentale. Come tutti gli alimenti carichi di amido, il riso è quindi ricco di carboidrati. L'amido è un composto organico della classe dei carboidrati (o glucide polisaccaride), comunemente contenuto in alimenti come pane, pasta, riso, patate, caratterizzato da un gran numero di unità di glucosio polimerizzate unite tra loro da legame α-glicosidico e costituito da 4/5 di amilopectina e da 1/5 di amilosio.
Attenzione però nel riso è l'amilosio “a farla da padrone”, ed è quest'ultimo il “responsabile” come vedremo in gran parte della cremosità finale del risotto in relazione al brodo (rapporto amido-acqua, ovvero gelatinizzazione) e in relazione al grasso finale (che si lega al riso come struttura e come sapore). Tostare con intelligenza vuol dire applicare quindi la giusta “considerazione” aromatica e strutturale al riso, rispettare le sue caratteristiche. Un carnaroli non tosterà, come tempi, allo stesso modo di un vialone. Ed entrambi daranno vita a due risotti diversi. Molto diversi. Eppure il loro modo di essere tostati, seppur diverso, li accomuna. Perché? Perché la risposta è semplice, più semplice di quello che pensiamo. Sono entrambi un riso, tutti e due devono avere la forza del calore, giusto, con i giusti tempi. Quel calore che dipende dalle loro caratteristiche strutturali, quelle che dobbiamo conoscere, quel calore iniziale che conferisce aromaticità e che ci racconta di un riso che trattiene “la sua forza peculiare” per poi sprigionarla al momento giusto. La conoscenza ci porterà lontano. E la tostatura prima di ogni altra cosa è conoscenza.
La cucina riflessiva, frutto di ragionamento, frutto di analisi profonda delle regole del passato (tradizione) da cui prendere spunto per costruire l'evoluzione del nostro oggi e del nostro domani in cucina, ci portano, giorno dopo giorno, alla conclusione, che in cucina non esiste una verità assoluta, e che il cuoco debba essere la sintesi perfetta tra emozioni e scienza, tra chimica, studio e istinto. Il cuoco è un “viaggiatore”, un artista, capace di comunicare sempre qualcosa di sé attraverso il piatto che crea, non piegandosi alla mercé di quello che chiedono i suoi commensali ma creando una simbiosi perfetta tra le esigenze del territorio, le stagionalità, le tendenze del target del suo pubblico, ma senza snaturare i suoi pensieri e le sue idee frutto di logica.
Il risotto è il piatto italiano che più rappresenta eleganza, varietà di ingredienti, diversificazione di stagionalità. Ma il riso è ingrediente base del risotto, accanto al brodo: entrambi da una parte vivono di vita propria, ovvero hanno la loro identità, ma dall'altra devono legarsi in simbiosi l'unico con l'altro, e il cuoco deve fare sempre in modo di usare il giusto tipo di riso con il giusto tipo di brodo, uniti alle materie prime “visive e masticabili” per completare il mosaico perfetto di un buon risotto, dove ogni ingrediente è se stesso con la sua identità ma è anche qualcosa dell'altro. In questo “progetto” che è il piatto, si inseriscono doverosamente delle regole che sono legate alla struttura chimico-sensoriale delle materie prime che usiamo.
Un riso è un mix di acqua, piccole ma fondamentali proteine e zuccheri complessi (amido): in un risotto il riso si lega in maniera logica e importante al brodo che lo porta a cottura e agli ingredienti principali del piatto che a loro volta devono essere legati al tipo di brodo e adatti al tipo di riso usato. Stiamo analizzando gli aspetti diversi di una tostatura a secco e con grasso, provando a capire che non esiste un unico modo di fare un risotto, come non esiste una cucina migliore in senso assoluto rispetto alle altre, se saremo stati capaci di usare, come ingredienti principali, ragionamento, amore, studio, analisi della struttura della materia, corretta manipolazione. Ma a cosa serve la tostatura del riso? Lo abbiamo detto, lo ripetiamo: la tostatura permette di preservare la compattezza del chicco durante la cottura. Omettere questo passaggio potrebbe far assomigliare il risotto ad un riso bollito aggiunto di condimento. Se si cuoce il riso nel brodo, come ad esempio si fa a Venezia per "risi e bisi" si avrà un buon piatto ma non un risotto.
Tostare vuol dire innanzitutto sigillare gli zuccheri del riso e consentire l'equilibrata fuoriuscita dei suoi due amidi principali (amilosio e amilopectina). Perché tostiamo? Tostiamo per le ragioni poc'anzi indicate, torniamoci su questo discorso non è una ripetizione: potremmo dire senza dubbio sapore, struttura ovvero rispetto delle caratteristiche del riso e corretta cottura finalizzata ad una corretta mantecatura. perché il risotto è uno solo, e va servito cremoso. Poi potrà essere servito più o meno cremoso, a seconda delle esigenze culturali del territorio dove viene servito e del pubblico destinato a mangiarlo. Ma un risotto è un risotto. E non può essere coppato, né può ballare in un brodo, né essere servito su una crema. Perché è già cremoso di suo e in cucina due strutture medesime non vanno mai sovrapposte l'una all'altra. Così come una base cremosa non troverà mai la sua dimensione in un'acqua perché tende a destrutturarsi, trovando invece l'habitat perfetto su una base solida e croccante (una crema di verdure su una fetta di pane caldo).
Tostiamo per applicare anche al riso la reazione di Maillard, che non si limita a una proteina pura, ovvero consentire, a partire dai 130-140 gradi, al riso di cambiare colore e consistenza, di assumere un aroma e di avviarsi verso la cottura con il “fratello” brodo. Tostiamo per sigillare i pori del riso e trattenerne gli amidi. Tostiamo con intelligenza e correttamente per ottenere una cottura equilibrata: un riso ben tostato non si attaccherà mai. Tostiamo correttamente per avere una bella cremosità finale. Un riso non tostato difficilmente avrà un sapore intenso e sarà cremoso. Sarà piuttosto un riso bollito non un risotto. Tostiamo per rispettare le caratteristiche del riso usato. E per non stressarlo.
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