giovedì 7 dicembre 2017

Airbnb, sicurezza e tasse Servono regole certe

Airbnb, sicurezza e tasse
Servono regole certe


Come gli hotel devono registrare gli ospiti, così dovrebbe essere per chi affitta casa, prevedendo un divieto perpetuo per chi dovesse sottrarsi ad un dovere di sicurezza e di trasparenza fiscale,

Per molti è stata una sorta di rivoluzione o almeno un’alternativa alle tradizionali prenotazioni dirette o tramite agenzie di auto. E così per la mobilità privata nelle grandi città (ancora poche in effetti) usare una vettura in sharing (Enjoy è il marchio leader) sta diventando un’abitudine, regolamentata grazie alle transazioni via web. Di fatto un’opportunità in più per il nostro turismo, senza particolari contestazioni nemmeno dall’agguerrita corporazione dei taxisti. È invece a livello di far west l’applicazione della sharing economy all’ospitalità. Dall’affitto di case e appartamenti, fino all’home restaurant, il comparto ha dovuto fare i conti con nuove forme di concorrenza, di fatto anarchiche, che sono sbocciate sull’onda della diffusione capillare delle nuove tecnologie con annessi app e social network.

(Airbnb, sicurezza e tasse Servono regole certe)

Per prenotare oggi un soggiorno in una città d’arte, ad esempio, oltre ad hotel o un b&b, ci si può rivolgere a circuiti paralleli come Airbnb, in cui privati cittadini si improvvisano albergatori e aprono le porte delle proprie abitazioni. Oppure se si desidera assaggiare una nuova cucina basta aprire una app che presenta “menu” di cuochi non professionisti che apparecchiano la propria tavola per dei perfetti estranei. E per tornare alla mobilità, chi ha bisogno di un passaggio in auto e vuole risparmiare i soldi dei mezzi pubblici può condividere un viaggio tramite BlaBlaCar a tariffe concordate.

Il punto che forse sfugge a molti è che l’economia della condivisione (o “consumo collaborativo”) sta di fatto crescendo senza regole certe, o con regolamenti frammentari e contraddittori, tanto dal punto di vista fiscale quanto da quello della sicurezza e dei diritti. In pochi anni in Italia sono nate oltre 200 piattaforme, con un giro d’affari che supera i 3,5 miliardi di euro. Ma quanti di questi soldi sono fiscalmente puliti e non rientrano nel vizio italiano del nero? E tutto ciò senza considerare che al non pagare le tasse si può aggiungere il mancato rispetto di norme igienico sanitarie, con il che si deve parlare di concorrenza sleale.

Quel che è successo in Francia dovrebbe aprire gli occhi a tutti. A partire dai politici condiscendenti verso Airbnb o alla Guardia di Finanza. L’Airbnb d’oltralpe starebbe promuovendo una carta ricaricabile che permetterebbe a chi offre alloggio di evadere il fisco perché non è tracciabile. Più che comprensibile il disappunto delle catene alberghiere, che ritengono sleale la concorrenza dei proprietari di casa che fino ad ora hanno già goduto della tutela del governo, il quale non vuole abbassare la soglia di tassazione di 3.000 euro sugli introiti da locazione. Si tratta di un segnale preoccupante che ha fatto intervenire in Italia anche Federalberghi, che da tempo chiede una normativa che preveda parità di trattamento fiscale per tutti gli operatori.

In Italia sembra che della questione si stiano interessando solo i Comuni, con qualche intesa per ottenere il pagamento della tassa di soggiorno anche da chi affitta casa. Genova, Firenze e Milano si sono mosse, ma francamente sembra davvero una misera cosa. Come gli hotel devono registrare gli ospiti, così dovrebbe essere per chi affitta casa, prevedendo un divieto perpetuo per chi dovesse sottrarsi ad un dovere di sicurezza e di trasparenza fiscale. Ma ci sarà certamente chi lamenterà fastidi burocratici o attentati alla libertà di circolazione...

di Alberto Lupini
direttore italiaatavola


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