Forme rilancia
i formaggi
Un’opportunità
per il turismo
Il settore lattiero caseario italiano esce rigenerato dai quattro giorni bergamaschi durante i quali si sono svolti anche i World Cheese Awards. La convinzione è che i latticini possano attirare turisti anche dall'estero
Brucia ancora il podio perso da un Parmigiano Reggiano a favore di un erborinato statunitense, solo perché il regolamento vieta i pari merito. E i commenti sui social parlano non a caso di una beffa visto che a vincere il World Cheese Awards 2019 è stato un formaggio del Paese che ha messo i dazi sui nostri Dop e punta a promuovere i suoi “super tarocchi”. Sta di fatto che il Blue Cheese americano ha vinto per la scelta finale a tavolino del presidente della giuria, il britannico Nigel Barden, della Bbc. Sottolineiamo non casualmente la nazionalità, perché la composizione della giuria (260 persone) era internazionale e già il fatto che un formaggio italiano abbia avuto un voto di 100/100 è di per sé un successo straordinario, visto che in genere i nostri prodotti non sono mai riusciti a raggiungere il podio, non certo per mancanza di qualità, ma per la poca conoscenza che c’è in giro per il mondo dei formaggi, salvo quelli più noti.
Diciamo questo non già per sciovinismo lattiero-caseario, ma solo per rimarcare al contrario come i piazzamenti italiani siano assolutamente di rilievo, a conferma di come il nostro comparto potrebbe fare molto di più se meglio promosso nel mondo, anche nelle sue componenti meno note. E un merito va all’organizzazione di Forme, che è riuscita a fare di Bergamo per alcuni giorni la capitale mondiale dei formaggi. E ciò non casualmente visto che per il territorio orobico, con le sue 9 Dop (un record europeo), il formaggio è una bandiera e da qui è nata l’idea di candidare Bergamo a Città creativa per la gastronomia Unesco che ha come cuore proprio il formaggio.
Certo affrontare questi discorsi oggi è un po’ difficile, stante la crisi che si prospetta per le esportazioni su alcuni mercati. Pensiamo ai dazi americani in vigore o a quello che potrebbe succedere con la Brexit ancora in bilico. I formaggi sono una componente fondamentale della nostra cultura e della nostra produzione agroalimentare. E soprattutto coinvolgono tutta l’Italia, a partire dalle denominazioni più particolari. Le 50 Dop italiane sono un valore assoluto che dobbiamo saper valorizzare a partire dalla ristorazione di qualità che con timidezza, forse, ma anche determinazione, ha cominciato ad avvicinarsi a questo mondo per anni un po’ dimenticato e relegato a qualche carrello dei formaggi qua e là lungo la Penisola.
Ora è tempo di puntare a fare anche dei formaggi un biglietto da visita della nostra ospitalità e del nostro turismo. Siamo certi che i ristoratori più attenti sapranno cogliere questa opportunità, facendone anche uno strumento per dare più forza alla sala nella presentazione e promozione di piatti o di singole varietà. Anche il riuscito concorso di cucina per promuovere l’abbinamento col pesce (Formaggi d’aMare) ne è stata una controprova. I latticini sono una carta che si può giocare con più sicurezza.
Alla Fiera di Bergamo grande successo per i formaggi italiani e internazionali
E la controprova la si ha nella classifica dei migliori 84 (i SuperGold) sugli oltre 3.800 formaggi in gara (845 quelli italiani): il Paese più premiato con 21 denominazioni è la Gran Bretagna (quasi tutti simili), poi la Spagna con 18 e l’Italia con 16. E nella parte più alta della classifica (i primi 16 posti), è sempre la Gran Bretagna al primo posto con 4 denominazioni piazzate, seguita da Svizzera e Italia con 3 a testa. Per assurdo che possa sembrare, è forse l’incredibile varietà di aromi e gusti delle nostre forme che in qualche modo ci penalizza. Siamo troppo ricchi di varietà mentre le giurie sono un po’ troppo di formazione anglosassone.Diciamo questo non già per sciovinismo lattiero-caseario, ma solo per rimarcare al contrario come i piazzamenti italiani siano assolutamente di rilievo, a conferma di come il nostro comparto potrebbe fare molto di più se meglio promosso nel mondo, anche nelle sue componenti meno note. E un merito va all’organizzazione di Forme, che è riuscita a fare di Bergamo per alcuni giorni la capitale mondiale dei formaggi. E ciò non casualmente visto che per il territorio orobico, con le sue 9 Dop (un record europeo), il formaggio è una bandiera e da qui è nata l’idea di candidare Bergamo a Città creativa per la gastronomia Unesco che ha come cuore proprio il formaggio.
Certo affrontare questi discorsi oggi è un po’ difficile, stante la crisi che si prospetta per le esportazioni su alcuni mercati. Pensiamo ai dazi americani in vigore o a quello che potrebbe succedere con la Brexit ancora in bilico. I formaggi sono una componente fondamentale della nostra cultura e della nostra produzione agroalimentare. E soprattutto coinvolgono tutta l’Italia, a partire dalle denominazioni più particolari. Le 50 Dop italiane sono un valore assoluto che dobbiamo saper valorizzare a partire dalla ristorazione di qualità che con timidezza, forse, ma anche determinazione, ha cominciato ad avvicinarsi a questo mondo per anni un po’ dimenticato e relegato a qualche carrello dei formaggi qua e là lungo la Penisola.
Ora è tempo di puntare a fare anche dei formaggi un biglietto da visita della nostra ospitalità e del nostro turismo. Siamo certi che i ristoratori più attenti sapranno cogliere questa opportunità, facendone anche uno strumento per dare più forza alla sala nella presentazione e promozione di piatti o di singole varietà. Anche il riuscito concorso di cucina per promuovere l’abbinamento col pesce (Formaggi d’aMare) ne è stata una controprova. I latticini sono una carta che si può giocare con più sicurezza.
i Alberto Lupini
direttore
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