C'è un altro virus
che colpisce i ristoranti:
la morsa di usura
ed estorsioni
Finanziamenti in banca difficili, ristori scarsi: così spunta la criminalità organizzata che specula sulle attività in crisi. Tra proposte indecenti di aiuto e avvertimenti mafiosi. Lino Stoppani: nel milanese un locale su 5 è stato contattato da questi avvoltoi. Criminali che dispongono di 500 miliardi. Il 30% del Pil. Lo Stato intervenga.
Lino Stoppani |
Fra chiusure per decreto e crollo della clientela (per mancanza soprattutto dei turisti e degli impiegati in smart working durante la pausa pranzo), il mondo dell’accoglienza si è trovato a disagio e spesso senza liquidità. Lino Stoppani, presidente nazionale della Fipe-Confcommercio, taglia corto: «In banca è stato difficile trovare finanziamenti e i ristori finora ottenuti sono stati troppo scarsi. Ciò ha permesso una forte infiltrazione della criminalità, già largamente presente sul territorio lombardo come da tempo abbiamo segnalato alle autorità di controllo».
Dati preoccupanti: cresce l'indebitamento bancario
Ed ecco allora il clamoroso risultato dell’indagine che evidenzia come fra giugno e novembre è salito a livelli preoccupanti il ricorso al patrimonio personale (dal 64% al 69% delle aziende) o all’indebitamento bancario (dal 43% al 56%), mentre è sensibilmente diminuito il numero delle aziende disposte a fare credito (dal 52% al 67%).
Arrivano i criminali: aiuti da sconosciuti e proposte indecenti
È in questa mancanza di soldi che si inseriscono i criminali, dall’usura alle proposte di comprare le aziende. In 5 mesi sono in particolare aumentate dell’1% proposte di aiuto economico da parte di persone sconosciute (almeno il 4% degli imprenditori ha ricevuto offerte di soldi per usura).
Sono invece cresciute del 5% le proposte di acquisto dell’attività commerciale per un valore inferiore a quello di mercato (coinvolgendo ormai l’11% del campione oggetto della ricerca) e di un altro del 3% le proposte di cessione delle quote aziendali (che hanno coinvolto un altro 4% di aziende). Circa un bar, un ristorante o un albergo dell’area milanese su 5 sono stati quindi contatti direttamente da criminali interessarti a sfruttare la situazione di crisi.
Categorie più a rischio: alloggio e ristorazione
Entrando un po’ nel dettaglio, va detto che i settori maggiormente soggetti a proposte di acquisto dell’attività commerciale per un valore inferiore a quello di mercato sono l’alloggio e la ristorazione. Per entrambe le categorie un imprenditore su 5, come indicato, afferma di aver ricevuto proposte simili durante l’anno in corso. Il problema sembra riguardare meno il commercio di autoveicoli e motoveicoli e i commercianti non alimentari, con percentuali al di sotto della media campionaria (dell’11%).
Avvisi in stile mafioso: danneggiamenti triplicati
E non è detto che questi approcci siano sempre avvenuto coi guanti di velluto. Nel più puro stile mafioso c’è stato in incremento di reati che, sia pure legati magari in parte all’aumento di povertà e disagio, sembrano “avvertimenti”. Ecco allora altri indicatori. Sempre fra giugno e novembre i danneggiamenti sono triplicati in percentuale passando dal 4% al 12% di aziende coinvolte. Un altro 9% ha subito furti, mentre le effrazioni sono passate dall’1% al 4%. Siamo a un locale o un negozio su 4 che è stato oggetto di reati. Numeri sui quali c’è forse troppo silenzio.
Anche in questo caso i pubblici esercizi sono quelli più nel mirino. Sui danneggiamenti, per esempio, a parte i rivenditori di auto e moto colpiti per il 29%, arrivano poi i servizi di alloggio con il 21%, e a poca distanza da quelli di ristorazione con il 19%. Situazione che si conferma anche per i furti dove dopo le gioiellerie (che rappresentano il 14% delle imprese commerciali colpite) troviamo poi la ristorazione con con l’11% e i dettaglianti non alimentari con il 10%. Poco interessati gli hotel con il 4%.
Alta presenza di criminalità: il dato lombardo
E tutto questo si intreccia con altri dati sulla presenza della criminalità nel territorio centrale della Lombardia. In particolare c’è uno stretto legame fra l’aumento dei reati di usura ed estorsione, per singolo comune, e l’incremento, con la stessa velocità, dei casi di aziende e immobili confiscati sul territorio. Analogamente, sempre secondo questa ricerca di Unione del Commercio di Milano e Mine Crime, emerge come all’aumentare del reddito pro-capite in un comune aumenta nella stessa misura la probabilità che nello stesso si verifichi un caso di usura ed estorsione.
Debolezza strutturale e troppe liberalizzazioni
A questo punto ci si potrebbe chiedere come sia possibile che, al di là della crisi drammatica di questi mesi, così tanti commercianti possano trovarsi in balia di mafiosi e camorristi? Lino Stoppani non ha alcun dubbio e punta l’indice sulla «debolezza strutturale di un comparto che paga il prezzo delle assurde liberalizzazioni degli anni passati che hanno deresponsabilizzato l’ingresso e l’avvio di imprese che a volte, per mancanza di controlli, erano strumenti per riciclare denaro sporco».
Così la criminalità «ha attecchito e ha messo solide basi su tutto i territorio e oggi si sente più forte per aumentare la sua presenza grazie agli enormi mezzi finanziari che ha a disposizione. E questo mentre lo Stato o la Regione Lombardia latitano e non intervengono per dare un reale aiuto alle persone oneste per superare questa fase drammatica che porterà a miglia di chiusura, a Milano come in tutta Italia. Siamo stanchi di un atteggiamento formale da parte delle istituzioni. Occorrono sostegni veri per evitare il peggio. Anche a livello sociale», conclude Stoppani.
In mano criminale 500 miliardi di euro: il 30% del Pil
E in effetti il vero nemico oggi non è forse il Covid-19, ma la mancanza di soldi con cui fare fronte alle necessità elementari di molte imprese e famiglie. E dall’altra parte ci sono invece almeno 500 miliardi di euro pronti a essere messi in campo dalla criminalità. È questo il peso economico di ’ndrangheta, camorra e “Cosa nostra” siciliana. Il dato emerge da un’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Parliamo di qualcosa come il 30% del Pil e più del doppio delle somme messe a disposizione per l’Italia dal Recovery fund dell'Unione europea, il piano che in cinque anni dovrebbe portarci fuori dalla crisi del coronavirus e dalla recessione.
direttore
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