giovedì 25 marzo 2021

La “viamaestra” della Via Francigena è candidata per diventare patrimonio Unesco dell’Umanità

  La “viamaestra” 

della Via Francigena 

è candidata per diventare  

patrimonio Unesco 

dell’Umanità


 La “viamaestra” della Via Francigena  Italia  è candidata per diventare un patrimonio Unesco dell’Umanità rappresentando per secoli un itinerario che ha segnato la vita e la storia di popoli, paesi, genti che ha attraversato con alterne vicende. 

A sostegno di questa iniziativa nazionale è nato il primo comitato scientifico e culturale di professionisti volontari a Piacenza, uno dei luoghi strategici per i trasporti e gli spostamenti di merci, persone. Il punto principale di sosta e passaggio rappresentato su tutte le care antiche per i sui porti mercantili fluviali e per i due “guadi” del grande fiume Po, un tempo ostacolo non da poco, paragonabile alle Alpi e Appennini da attraversare. Per 1500 anni Placentia, fondata nel III° secolo a.C. dalle legioni romane all’inizio della conquista dei territori celtici e subalpini della pianura padana, divenne una tappa-sosta obbligatoria, un punto strategico di controllo e di conquista, di difesa e di passaggio per viandanti, pellegrini, commercianti, abati, monaci e perfino banchieri da tutta Europa per le “fiere del cambio” delle monete nel Rinascimento. Molte furono le varianti di cammini nate a causa di epoche storiche diverse, guerre, invasioni barbariche, carestie e malattie, lotte fra ducati e contee italiane e Piacenza assunse nel volgo il termine popolare di crocevia abbinato al termine placentia. 


Piacenza “crocevia” di tante strade romane
  come Aemilia, Postumia, Scauri, Retia, Teutonica, Regia Pompeia (nei 2 secoli a.C. ) e poi anche Transromanica, via degli Abati, dell’olio, del sale…luogo dove sostarono o vissero personaggi “europei” come San Colombano, Carlo Magno, Barbarossa, Teodorico, i Templari, la prima Crociata ... I 3 porti sul Po di Piacenza (uno nella parrocchiale di San Rocco sulla sponda sinistra un tempo sotto il dominio di nobili famiglie piacentine come i Landi e gli Scotti e oggi in Lombardia) erano approdo di tutte le merci da Venezia e da Ravenna destinate alla Milano ducale dei Visconti e degli Sforza. Per questo che Piacenza-Francigena diventa un binomio assoluto per tutto il tratto padano a partire già dai primi anni dell’anno 300 d.C. perché ne scrivono già l’Anonimo di Bordeaux (333 d.C.) , l’Anonimo Piacentino (570 d.C.) e diversi altri monaci e abati svizzeri, francesi, spagnoli che usavano le antiche vie romane per giungere a Roma prima del diario di Sigerico (990 d.C.). La ampiezza della Diocesi di Piacenza (con confini fin quasi alle porte di Pontremoli in Toscana ), i tanti  castelli, conventi e monasteri molto noti, pievi, oratori, mistadelli furono costruiti per segnare e garantire un percorso.

 Per tutto questo nasce il primo comitato storico culturale scientifico paesaggistico di supporto, di valorizzazione e promozione della “Tratta Piacenza” e proporre azioni concrete di sicurezza per i fruitori del cammino, trovare luoghi di sosta e servizi, tutelare la antica storia degli itinerari piacentini e dei simboli architettonici, convittuali e produttivi nel distretto francigeno piacentino in occasione della candidatura Unesco. Dai documenti archivistici – compiuti grazie alla documentazione libraria e cartografica messa a disposizione dalla Banca di Piacenza – emerge una distintiva e autentica funzione della “TrattaPiacenza”, non presente in altre tappe europee, per essere convogliante altre strade, da est a ovest, da nord a sud, offrendo una ospitalità diffusa in 100 chiese, conventi, monasteri, 100 castelli e manieri sparsi, fornendo una alimentazione “da viaggio” particolare che durasse nel tempo, che fornisse energia per i camminatori. 



Piacenza ha nel dna una produzione alimentare autentica e unica “di cibo resiliente e conservato” in piccole aziende famigliari e artigianali molto antiche e non in grandi marchi industriali oggi noti nel mondo e una ospitalità diffusa sostenibile e sussidiaria. Piacenza ha circa 100 “mistadelli” (piccole nicchie di preghiera) che sono icone-simboli convoglianti verso la Via Francigena Piacentina grazie a una ragnatela di itinerari tematici. Per questo il cibo a Piacenza è anche simbolo di no-spreco, di alimenti  che durano nel tempo, di ambasciatore verso i foresti, di segnale di pace con altri popoli. Allora come oggi. Oggi per quella ricerca di cibo sano,  del gusto personale e di esperienza conoscitiva, della motivazione al viaggio, della scoperta di luoghi rurali collinari di prossimalità, delle piccole località e del paesaggio produttivo culturale.

Presidente Comitato

Giampietro Comolli


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La Via Francigena è una strada percorsa da pellegrini, mercanti, soldati che univa l’Europa del nord, dalla cattedrale di Canterbury nel Regno Unito a Roma, e poi  fino a Gerusalemme. Una strada che è stata descritta per intero nel diario di viaggio proprio dall’arcivescovo di Canterbury con il suo rientro da Roma nell’anno 990 d.C. pari allora a circa 2000 km. Già in secoli precedenti furono descritti diversi “tronchi” di questa strada frequentata non solo da pellegrini a partire dalla fine dell’Impero Romano con l’inizio di una cristianizzazione diffusa a partire già dal III°-IV° secolo d.C.. L’associazione europea delle vie Francigene ha presentato la proposta di candidatura al riconoscimento patrimonio Unesco trovando nelle 9 regioni italiane massimo sostegno con la Regione Toscana a fare da coordinatore e capofila anche per la storica attenzione. la candidatura riguarda solo il percorso italiano che consta di 1800 km, 80 tappe, circa 300 comuni coinvolti dal passo del Gran San Bernardo a Santa Maria di Leuca. Tre tappe, circa 80 km,  si svolgono sul territorio piacentino, dal guado del fiume Po ai passi appenninici tosco-emiliani.    

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