venerdì 12 febbraio 2016

CARO RIFIUTI, insostenibile per le imprese

Caro-rifiuti, insostenibile per le imprese 
Fipe: In 5 anni +500% di tasse

La tassa sui rifiuti sta diventando insostenibile: negli ultimi 5 anni
ristoranti e pizzerie l’hanno vista crescere del 500%, per non parlare delle discoteche, per cui l’aumento registrato arriva fino al 700%. Stoppani (Fipe): «L’Italia è costretta a esportare all’estero una parte consistente dei propri rifiuti: un costo enorme»

Nonostante i rifiuti diminuiscano, il peso della Tari (tassa rifiuti) sulle imprese aumenta. Da qui è partita la protesta di Confcommercio contro il caro-rifiuti. Il direttore regionale di Confcommercio Toscana Franco Marinoni sostiene che le imprese producono almeno l’11% dei rifiuti in meno rispetto al 2010. «È curioso che le bollette non si siano adeguate alla nuova realtà», dichiara Marinoni. «È evidente che ci sia una falla nel sistema. Eppure nessuno ancora tocca le aziende partecipate che si occupano di rifiuti».



«È da anni che Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) - dichiara il presidente nazionale di Fipe Lino Stoppani (nella foto) - denuncia l’insostenibile aumento dei tributi. Quanto mostrato oggi da Confcommercio ne è la conferma. È davvero impensabile amministrare un’impresa e pianificarne e gestirne lo sviluppo in una situazione in cui in pochi anni le tasse aumentano addirittura del 500%. È questo il caso di ristoranti e pizzerie, che hanno visto crescere la tassa relativa ai rifiuti del 500% negli ultimi 5 anni, per non parlare delle discoteche, per cui l’aumento registrato arriva fino al 700%». 

«E questo - continua Stoppani - solo per quanto riguarda la Tari. In un momento in cui si intravede l’uscita dal tunnel dopo anni di congiunture economiche sfavorevoli, le imprese andrebbero agevolate anziché tassate sempre di più; in questa situazione non sarà facile per nessuno uscire veramente dalla crisi. Il problema ha una duplice dimensione: macroscopica per i ristoratori e il commercio, ma anche legata al singolo cittadino. In generale i tributi locali hanno infatti avuto un’impennata spaventosa, in maniera difforme sul territorio nazionale, che ha impoverito tutti cittadini, non ripagata da una qualità del servizio». 

Lino Stoppani

«L’Italia è costretta a esportare all’estero - conclude Stoppani - una parte consistente dei propri rifiuti: un costo enorme che arricchisce altri Paesi. Sviluppare con decisione l’economia circolare e considerare i rifiuti una risorsa porterebbe molti vantaggi: risparmi sul bilancio dello Stato, diminuzione del peso fiscale sulla popolazione e salvaguardia dell’ambiente. Auspichiamo quindi che il Governo agisca in maniera drastica intervenendo sulle inefficienze della spesa pubblica e non facendole pagare a imprenditori e cittadini».

Bollette eccessive in tutta Italia
Imprese e famiglie scontano questa inefficienza in quasi sei Comuni su dieci (57,5%), pagando dunque bollette eccessive rispetto all’effettiva quantità di rifiuti prodotti, senza poter contare su servizi pubblici migliori. Tra i Comuni capoluogo, la “palma d’oro” nella classifica dell’inefficienza va a Lucca, dove la spesa supera di quasi la metà (+47,66%) il fabbisogno effettivo. Peggio di Lucca in Italia ci sono soltanto Benevento (+82%), Potenza (+70%), Asti (+51%) e Alessandria (+50%). In Toscana figura al secondo posto Prato con il +43%, poi Siena a quasi +30%. Seguono più a distanza le altre città, che si mantengono intorno al +20%. Tra le più virtuose Arezzo e Pistoia, dove i Comuni spendono rispettivamente “solo” lo 0,45 e lo 0,40% in più. Il costo dell’inefficienza del sistema rifiuti, pari a 1,3 miliardi di euro su scala nazionale, in Toscana è di oltre 44 milioni di euro l’anno, il più alto in Italia solo dopo quello del Lazio, che arriva a quasi 130 milioni. Seguono la Toscana, nell’ordine, Veneto, Puglia e Campania, con quote superiori ai 20 milioni di euro. 



Divari geografici e disparità tra imprese
Ad esasperare gli imprenditori, secondo Confcommercio, è anche la geografia estremamente frammentata della Tari. «Ogni comune italiano fa Stato a sé - commenta Marinoni - e fissa coefficienti diversi per la determinazione della spesa. Per un albergo di mille mq si passa da un minimo di 1.200 euro ad un massimo di 13mila a seconda dell’ubicazione; per un ristorante di 500 mq si va dai 500 euro l’anno ai quasi 10mila, mentre per un negozio di calzature di 50 mq la tariffa è compresa fra le 90 e le 700 euro l’anno. Una Tari ‘geolocalizzata’ che crea sperequazioni e concorrenza sleale tra le imprese anche nel giro di pochi chilometri. C’è solo da sperare di aprire un’azienda nel Comune giusto!»

C’è poi la questione del rapporto proporzionale fra rifiuti prodotti e costo della Tari: «La filosofia a cui si ispirava la legge - continua Marinoni - era quella del chi più inquina più paga, ma la realtà non è così. In certi Comuni vengono tassate anche le aree delle imprese dove non si producono rifiuti, come le hall degli alberghi. Poi ci sono categorie che si trovano a pagare due volte per lo stesso servizio, perché la legge le obbliga a smaltire i rifiuti speciali con sistemi diversi, a pagamento, vedi il caso dei macellai per gli scarti delle lavorazione della carne o i ristoratori per gli oli esausti. Per tutti questi casi - e sono molti - bisogna sempre rimettersi al buon cuore di assessori comunali e uffici tecnici per veder fissati parametri di tassazione più equi».

La richiesta al governo è chiara: il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti va ricalibrato in base alle nuove esigenze e improntato alla massima efficienza. L’obiettivo: eliminare quello spreco di milioni di euro l’anno che adesso suona come una vergogna.
ITALIAATAVOLA

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