Il turismo del cibo “pesa”,
ma servono controlli
Sembra quasi banale doverlo ricordare, ma bar e ristoranti
continuano ad essere uno dei punti di forza del nostro turismo. In occasione della Bit (fiera peraltro lontana dai fasti di qualche anno fa), Fipe-Confcommercio ha stimato in 8,4 miliardi di euro la spesa nel 2015 per il fuori casa. Un importo che dà solo un’idea di quanto conta questo comparto nell’offerta del sistema Italia. A cascata vanno collegate le permanenze in hotel, B&B o agriturismi (dove siamo primi in Europa per presenze) e - aspetto non certo da sottovalutare - le spese per cibo ovino, che rappresentano spesso il valore aggiunto di un territorio in termini di emozioni e di ricordo che ci si porta a casa. Non c’è solo la vista delle Dolomiti o di Pompei a lasciare traccia nella memoria. L’Italia resta negli animi dei turisti di tutto il mondo anche per il cibo e per l’ospitalità della nostra gente.
Parliamo di un mondo che nel suo complesso contribuisce a rafforzare l’immagine del nostro Paese e del nostro stile di vita e che è alla base dell’apprezzamento del Made in Italy in genere. L’enogastronomia, lo ripeteremo fino alla noia, ha un valore di brand come l’arte, la moda, il design o la tecnologia.
Ai turisti piace la nostra capacità di fare accoglienza e, nonostante l’arretratezza dei nostri servizi in genere, continuano a ritenere l’Italia una delle mete più ambite. Negli ultimi anni molte aziende, al di là delle dimensioni, hanno puntato su un miglioramento dell’ospitalità in termini di qualità, ma ancora molto resta da fare per recuperare la posizione di leadership di qualche decennio fa. Serve fare sul serio rete e alzare il livello dei servizi.
Per restare al solo ambito della tavola, ricordiamo che il gradimento dei turisti va a cappuccini, caffè, panini, pizza e gelati, anche se l’esperienza nei ristoranti (soprattutto in quelli gourmet o degli agriturismi) è ormai stabilmente un elemento importante di richiamo. È alla qualità dei nostri cibi che badano i turisti, che spesso cercano l’originalità di quei piatti che a casa loro trovano magari solo sotto forma di imitazioni, neanche ben riuscite. Purtroppo il rovescio della medaglia è costituito dai troppi furbetti che barano al gioco. Da chi tarocca i prodotti e li propone nelle troppe sagre fasulle che infestano l’Italia frequentata da turisti, a chi usa il maiale invece che il vitello per preparare una costoletta alla milanese.
Come dire che per fare vincere il nostro turismo servono anche più controlli.
continuano ad essere uno dei punti di forza del nostro turismo. In occasione della Bit (fiera peraltro lontana dai fasti di qualche anno fa), Fipe-Confcommercio ha stimato in 8,4 miliardi di euro la spesa nel 2015 per il fuori casa. Un importo che dà solo un’idea di quanto conta questo comparto nell’offerta del sistema Italia. A cascata vanno collegate le permanenze in hotel, B&B o agriturismi (dove siamo primi in Europa per presenze) e - aspetto non certo da sottovalutare - le spese per cibo ovino, che rappresentano spesso il valore aggiunto di un territorio in termini di emozioni e di ricordo che ci si porta a casa. Non c’è solo la vista delle Dolomiti o di Pompei a lasciare traccia nella memoria. L’Italia resta negli animi dei turisti di tutto il mondo anche per il cibo e per l’ospitalità della nostra gente.
Parliamo di un mondo che nel suo complesso contribuisce a rafforzare l’immagine del nostro Paese e del nostro stile di vita e che è alla base dell’apprezzamento del Made in Italy in genere. L’enogastronomia, lo ripeteremo fino alla noia, ha un valore di brand come l’arte, la moda, il design o la tecnologia.
Ai turisti piace la nostra capacità di fare accoglienza e, nonostante l’arretratezza dei nostri servizi in genere, continuano a ritenere l’Italia una delle mete più ambite. Negli ultimi anni molte aziende, al di là delle dimensioni, hanno puntato su un miglioramento dell’ospitalità in termini di qualità, ma ancora molto resta da fare per recuperare la posizione di leadership di qualche decennio fa. Serve fare sul serio rete e alzare il livello dei servizi.
Per restare al solo ambito della tavola, ricordiamo che il gradimento dei turisti va a cappuccini, caffè, panini, pizza e gelati, anche se l’esperienza nei ristoranti (soprattutto in quelli gourmet o degli agriturismi) è ormai stabilmente un elemento importante di richiamo. È alla qualità dei nostri cibi che badano i turisti, che spesso cercano l’originalità di quei piatti che a casa loro trovano magari solo sotto forma di imitazioni, neanche ben riuscite. Purtroppo il rovescio della medaglia è costituito dai troppi furbetti che barano al gioco. Da chi tarocca i prodotti e li propone nelle troppe sagre fasulle che infestano l’Italia frequentata da turisti, a chi usa il maiale invece che il vitello per preparare una costoletta alla milanese.
Come dire che per fare vincere il nostro turismo servono anche più controlli.
Alberto Lupini
direttore Italiaatavola
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