domenica 16 aprile 2017

Etichette standard, la birra la scampa

Etichette standard, 

la birra la scampa 
Al sicuro l'identità 

dei birrifici italiani

Indecisioni per giorni, ma alla fine pare l'etichetta nutrizionale non sia obbligatoria per le birre. I birrifici artigianali si salvano così da un processo di adeguamento complesso, che avrebbe comportato costi elevati e la perdità di un'identità ventennale. Il problema è quanto la burocrazia possa ancora far mettere in crisi queste realtà


L’Unione europea ha stabilito di imporre a partire dal 2018 l’indicazione dell’etichetta nutrizionale su tutti i prodotti alcolici, ma la birra sembra riesca a scamparla. La notizia, pubblicata in questi giorni sulle varie testate e rimbalzata su tutti i social, ha dato un’importante scossa all’intero settore e soprattutto a quello birrario che temeva per un’altra beffa.

Le voci che si sono alternate nell’ultimo mese affermavano che i produttori avrebbero avuto 365 giorni utili per scegliere ed eleggere un accordo di autoregolamentazione in grado di prevedere uno standard di etichettatura condiviso da tutti e di esprimere così le modifiche volute da Bruxelles. La decisione di adeguatezza sarebbe poi comunque dovuta passare al vaglio della Commissione che in caso negativo si sarebbe occupata di decidere e vincolare tutti i produttori. 

Etichette standard, la birra la scampa Al sicuro l'identità dei birrifici italiani

In realtà, però, questo vincolo riguarderà solo le produzioni con un grado alcolometrico inferiore all’1,2%, esentando quindi quasi la totalità della birra prodotta a livello mondiale, in particolare quella artigianale. Anche se viene da chiedersi perchè per le birre analcoliche sia necessario riportare le caratteristiche nutrizionali, mentre per quelle normali (e più caloriche) no?
In ogni caso un gran bel sospiro di sollievo per i microbirrifici italiani che già temevano il peggio: l’obbligo di riportare le caratteristiche nutrizionali (probabilmente in forma di tabella) che per 100 ml di prodotto (o 100 g) illustrano i dati relativi alle porzioni di calorie totali, proteine, carboidrati, zuccheri, grassi, grassi saturi e sale.

Nel settembre 2014 si parlò di ipotetici cambiamenti riguardanti le etichette di birra su cui inserire numerose nuove informazioni per il consumatore, tema che però dopo diversi rinvii cadde nell'oblio. L’argomento è tornato ora alla ribalta ma fortunatamente per i birrai le loro etichette potranno continuare a riportare i disegni estrosi da cui sono sempre state caratterizzate e non la dichiarazione nutrizionale. 

Nell’ultimo decennio i piccoli produttori italiani di birra sono stati sovente vittime del sistema che li ha danneggiati economicamente e non solo. Fortunatamente questa decisione evita ai birrifici artigianali di sostenere importanti spese come i costi delle nuove etichette, la riorganizzazione generale e lo svolgimento delle analisi e delle verifiche, oltre a tempo e forza lavoro. 

Di più, c’è un altro aspetto altrettanto importante che avrebbe inciso in maniera ingente sulla confusione generale in tema birrario-burocratico: è abbastanza scontato che parlando di piccole produzioni, basate su ricette non identiche tra loro, le caratteristiche nutrizionali possano variare tra una cotta e l’altra della stessa tipologia di birra. Motivo per cui si sarebbero dovute prevedere centinaia di etichette e analisi ma soprattutto si sarebbe corso il rischio di trasformare un mezzo di riconoscibilità, sicurezza e fidelizzazione del cliente (le etichette sono molto importanti e parecchio utilizzate per la scelta dal consumatore) in dati non precisi e soprattutto non costanti. E poi si sa, per creare e cambiare la scelta di un compratore medio è necessario ben poco, un istante e un numero “fuori posto”. 

Dal canto loro le case della birra industriale hanno adottato invece un’altra posizione, come si legge dal comunicato stampa della più grande multinazionale del settore, la belga AB Inbev, che con un’iniziativa spontanea ha deciso di estendere l’etichetta nutrizionale non solo alle birre sotto l’1,2% (come richiesto dalla norma europea), ma anche a quelle al di sopra del limite. 

Insomma, dopo la batosta delle accise, i birrifici artigianali italiani ed europei non dovranno combattere ancora una volta contro la burocrazia e soprattutto lo stile brassicolo dello Stivale che ha impiegato vent’anni per avere una propria identità riconosciuta, ne esce indenne. Il paradosso però è rappresentato da un sistema legislativo di cui bisogna aver timore, perchè se è vero che le leggi vengono create per il bene di tutti è anche vero che troppo spesso c’è l’incapacità di comprendere i dettagli rispetto al generale, creando problematiche serie a discapito dei “piccoli”.
iGiovanni Angelucci

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