Moria globale di api
arrivano gli zainetti tech
Frutto di uno studio
internazionale per capire lo spopolamento degli alveari:
verranno usati 10mila
sensori per monitorare le loro abitudini e l’inquinamento.
Il perché della moria globale
delle api potrebbe trovare risposta in una nuova tecnologia: minuscoli sensori,
sviluppati dall’Ente nazionale australiano di ricerca Csiro (Commonwealth Scientific and
Industrial Research Organisation) negli ultimi due anni, sono stati attaccati come uno
zainetto sul dorso di 10.000 api sane in diversi Paesi, per aiutare a capire perché tanti di
questi preziosi insetti continuino a morire, registrando fattori come l’esposizione a
pesticidi, l’inquinamento atmosferico e delle acque, le condizioni del tempo e anche la
dieta dell’ape. Questi insetti impollinatori hanno un
valore e un ruolo essenziali
nell’equilibrio degli ecosistemi: fino al 90% delle piante
selvatiche e un terzo del cibo
che mangiamo dipendono dal loro “servizio” di impollinazione
I microchip del Csiro che ora le
api portano sul dorso mandano informazioni a ricevitori
grandi quanto mezza carta di
credito, inseriti strategicamente negli alveari. I sensori
pesano appena 5,4 milligrammi,
circa un terzo della capacità di carico delle api,
contengono una batteria che
genera energia dalle vibrazioni, e registrano tempi e
distanze di volo fuori
dell’alveare. “In alcune parti del mondo un alveare può funzionare
un giorno come un orologio e il
giorno dopo le api sono tutte morte. Sta succedendo
così spesso che il fenomeno è
stato classificato come sindrome dello spopolamento
degli alveari. Nessun scienziato
che operi da solo potrebbe risolvere il mistero.
I risultati di questa ricerca
saranno condivisi dalla comunità scientifica globale”, ha
spiegato Paulo de Souza,
responsabile della Global Initiative for Honey Bee Health, cui
hanno finora aderito scienziati
da Brasile, Messico, Nuova Zelanda e Gran Bretagna.
“Le api sono normalmente creature
prevedibili, quindi variazioni di comportamento
possono indicare fattori di
stress o cambiamenti nel loro ambiente - spiega de Souza -.
Le api munite di sensori non
potranno portare una normale quantità di polline, ma ci
aiuteranno a capire molto su di
loro. Un acaro predatore detto Varroa destructor, che si
attacca al corpo dell’ape e la
indebolisce succhiandone l’emolinfa, è ormai endemico in
quasi tutto il globo, ma le api
australiane sono finora rimaste immuni. Questo pone
l’Australia in posizione ideale
per coordinare uno sforzo globale di ricerca. Il problema
però non è soltanto l’acaro
Verroa, devono esservi altri fattori di stress che colpiscono
le colonie e dobbiamo comprendere
quale sia la loro azione combinata”.
In Europa vietati i
neonicotinoidi
Intanto, dall’altra parte del
mondo, sul grave fenomeno dello spopolamento degli
alveari l’Efsa, l’Autorità
europea per la sicurezza alimentare, dopo lo stop all’uso di
pesticidi dal 2013 pubblicando le
proprie valutazioni sui rischi per le api dei
neonicotinoidi clothianidin,
imidacloprid e thiamethoxam per tutti gli usi che non siano
la concia delle sementi e il
trattamento in forma granulare, avverte che anche gli spray
fogliari a base di pesticidi
neonicotinoidi “rappresentano un rischio per le api”
L’Efsa riferisce che “per i casi
in cui non è stato possibile portare a termine la
valutazione sono stati
individuati o comunque non esclusi rischi elevati. In altri casi la
valutazione del rischio non ha
potuto essere portata a termine a causa di lacune nei
dati”. A fare richiesta di
valutazioni relative a tutti gli altri usi, dopo aver imposto
limitazioni più severe sull’uso
di neonicotinoidi nel 2013, è la Commissione Europea.
L’uso delle tre sostanze per la
concia delle sementi o del terreno, ricorda l’Efsa, è
attualmente proibito sulle
colture che attraggono le api e sui cereali diversi dai cereali
invernali, fatta eccezione per
gli usi in serra. Anche il loro impiego nei trattamenti
fogliari è proibito sulle colture
che attraggono le api e sui cereali, tranne che in serra o
dopo la fioritura.
(a cura di Nerea Bulva)
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