In America vanno pazzi
per la Piquette.
Il ''non vino''
a prezzi stellari
Prodotta aggiungendo acqua alla vinaccia e facendo fermentare ciò che resta degli zuccheri, ha una tradizione antica come bevanda della famiglia. In Europa la vendita è illegale
Conversando amabilmente con Valentin Bufolin, vicepresidente dell'Associazione sommelier della Slovenia, a un certo punto ci chiede se sappiamo qual è il vino più trendy del mercato americano. Rispondiamo il Pinot grigio vista la quantità che viene commercializzata in questo periodo. No, non è questo. Allora trendy potrebbe essere il vino bianco macerato. Non ci siamo. E allora cos’è che piace molto agli americani ora? La Piquette. Cosa? È vino? No. È uno spritz? No. Ma è fatto con l'uva? Sì.
Che cosa è la Piquette
Quindi, cos'è? "Piquette" deriva dalla parola francese piquer, che significa pizzicare, poiché è leggermente frizzante. Il nome è di origine francese, ma è una bevanda che è stata prodotta in tantissimi paesi al mondo con vari nomi. La Piquette tecnicamente non è vino, in quanto non è ottenuta da uve fermentate; invece, è fatta aggiungendo acqua alla vinaccia e facendo fermentare ciò che resta degli zuccheri. Impiegando sottoprodotti che altrimenti verrebbero buttati via.
È caratterizzato da una leggera effervescenza e da una bassa gradazione alcolica che va dai 4 ai 9 gradi circa. Insomma, un sottoprodotto dell’uva.
Tradizione popolare antica
Ci vengono alla mente molti racconti relativi a questa bevanda. Il primo letto nel libro La vite e il vino nell’economia friulana: un rinnovamento frenato di Giovanni Panjek: «Agli inizi dell’Ottocento a coloni e affittuari spettava un terzo del vino di ronco (collina), metà del vino di piano e due terzi delle zarpe (vinacce). Le vinacce quindi costituivano un’importante componente della parte colonica… I contadini non avevano i mezzi né gli strumenti per torchiare le vinacce. Una parte veniva probabilmente utilizzata per ottenere il vino piccolo o zonte, macerandole nell’acqua. La parte più consistente veniva venduta ai distillatori di acquavite». Pertanto, in Friuli il vino piccolo era il vino dei contadini, quello che bevevano normalmente per dissetarsi e per avere un poco di energia in più. Ma ci sovviene che anche in Veneto si usava produrre dalle vinacce una bevanda del genere. La Graspia.
Il “vino” per la famiglia
Nel padovano, ci raccontano, che in un gran contenitore mettevano le vinacce e una fascina nel foro di uscita con 5 o 6 limoni tagliati. Aggiungevano acqua un poco alla volta. Ne usciva un liquido chiamato Graspia leggermente frizzante, rinfrescante, acidulo e drenante. Era la bevanda che i braccianti si portavano in campagna ed era l’unico “vino” che potevano bere le donne di casa.
Nella pagina della Pro Loco di Marano in Valpolicella troviamo: «Ma era la graspìa il “vino” da bere in casa, la vera bevanda dissetante per tutta la famiglia, con potere diuretico e depurativo, tanto che veniva data anche ai bambini (e la pipì era poi dispersa come fertilizzante). Fare la graspìa era molto semplice: le vinacce ben torchiate del recioto venivano sistemate in una tinozza e periodicamente irrorate d’acqua, il liquido che ne risultava era la graspìa. Molte famiglie, per risparmiarsi la fatica di procacciare l’acqua d’inverno lasciavano la tinozza sotto i canali di gronda e una delle leccornìe più ambite dai bambini di allora erano i ghiaccioli di graspìa che si formavano con il gocciolìo della spina della tinozza: se poi cadeva la neve c’era subito pronta la granita di stagione. Chi aveva una buona cantina poteva anche mantenersi la sua graspìa fino all’epoca della raccolta delle ciliegie».
Boom in America
Ma ritorniamo alla Piquette (che non è la stoffa piquet, un cotone finissimo ideale per confezionare eleganti camice maschili). Il pioniere nordamericano della Piquette è Todd Cavallo della Wild Arc Farm nella regione della Hudson Valley nello stato di New York. Nella sua azienda, improntata sulla sostenibilità, il buttare le vinacce era considerato uno spreco. Gli venne consigliato di leggere il manuale Cours complet d'agriculture (Corso completo di agricoltura, volume 7, 1786) del tardo XVIII secolo di François Rozier, dove trova: “Una volta che hai finito di fermentare il vino e hai rimosso il vino dall'uva schiacciata, getta l'uva in una specie di contenitore. Aggiungere tanta acqua quanto il mosto d'uva. Entro la giornata inizierà una piccola fermentazione. Il secondo giorno, aggiungi di nuovo tanta acqua. Se avessi aggiunto tutta l'acqua in una volta, avresti finito con un pasticcio acquoso. Quindi dall'ottavo al decimo o dodicesimo giorno, scolate il liquido in un barile. Il liquido ribollirà e schiumerà come un vino, anche se non è colorato o viscoso come sei abituato. Se vuoi dare corpo al poco vino, devi aggiungere zucchero o miele. Conserva la piquette in una botte: durerà fino al raccolto dell'anno successivo”. Questo è quello che leggiamo in un articolo di Jancis Robinsons sul suo blog. Lui è stato per anni il sommelier di El Bulli di Ferran Adrià
Che cosa è la Piquette
Quindi, cos'è? "Piquette" deriva dalla parola francese piquer, che significa pizzicare, poiché è leggermente frizzante. Il nome è di origine francese, ma è una bevanda che è stata prodotta in tantissimi paesi al mondo con vari nomi. La Piquette tecnicamente non è vino, in quanto non è ottenuta da uve fermentate; invece, è fatta aggiungendo acqua alla vinaccia e facendo fermentare ciò che resta degli zuccheri. Impiegando sottoprodotti che altrimenti verrebbero buttati via.
È caratterizzato da una leggera effervescenza e da una bassa gradazione alcolica che va dai 4 ai 9 gradi circa. Insomma, un sottoprodotto dell’uva.
Tradizione popolare antica
Ci vengono alla mente molti racconti relativi a questa bevanda. Il primo letto nel libro La vite e il vino nell’economia friulana: un rinnovamento frenato di Giovanni Panjek: «Agli inizi dell’Ottocento a coloni e affittuari spettava un terzo del vino di ronco (collina), metà del vino di piano e due terzi delle zarpe (vinacce). Le vinacce quindi costituivano un’importante componente della parte colonica… I contadini non avevano i mezzi né gli strumenti per torchiare le vinacce. Una parte veniva probabilmente utilizzata per ottenere il vino piccolo o zonte, macerandole nell’acqua. La parte più consistente veniva venduta ai distillatori di acquavite». Pertanto, in Friuli il vino piccolo era il vino dei contadini, quello che bevevano normalmente per dissetarsi e per avere un poco di energia in più. Ma ci sovviene che anche in Veneto si usava produrre dalle vinacce una bevanda del genere. La Graspia.
Il “vino” per la famiglia
Nel padovano, ci raccontano, che in un gran contenitore mettevano le vinacce e una fascina nel foro di uscita con 5 o 6 limoni tagliati. Aggiungevano acqua un poco alla volta. Ne usciva un liquido chiamato Graspia leggermente frizzante, rinfrescante, acidulo e drenante. Era la bevanda che i braccianti si portavano in campagna ed era l’unico “vino” che potevano bere le donne di casa.
Nella pagina della Pro Loco di Marano in Valpolicella troviamo: «Ma era la graspìa il “vino” da bere in casa, la vera bevanda dissetante per tutta la famiglia, con potere diuretico e depurativo, tanto che veniva data anche ai bambini (e la pipì era poi dispersa come fertilizzante). Fare la graspìa era molto semplice: le vinacce ben torchiate del recioto venivano sistemate in una tinozza e periodicamente irrorate d’acqua, il liquido che ne risultava era la graspìa. Molte famiglie, per risparmiarsi la fatica di procacciare l’acqua d’inverno lasciavano la tinozza sotto i canali di gronda e una delle leccornìe più ambite dai bambini di allora erano i ghiaccioli di graspìa che si formavano con il gocciolìo della spina della tinozza: se poi cadeva la neve c’era subito pronta la granita di stagione. Chi aveva una buona cantina poteva anche mantenersi la sua graspìa fino all’epoca della raccolta delle ciliegie».
Boom in America
Ma ritorniamo alla Piquette (che non è la stoffa piquet, un cotone finissimo ideale per confezionare eleganti camice maschili). Il pioniere nordamericano della Piquette è Todd Cavallo della Wild Arc Farm nella regione della Hudson Valley nello stato di New York. Nella sua azienda, improntata sulla sostenibilità, il buttare le vinacce era considerato uno spreco. Gli venne consigliato di leggere il manuale Cours complet d'agriculture (Corso completo di agricoltura, volume 7, 1786) del tardo XVIII secolo di François Rozier, dove trova: “Una volta che hai finito di fermentare il vino e hai rimosso il vino dall'uva schiacciata, getta l'uva in una specie di contenitore. Aggiungere tanta acqua quanto il mosto d'uva. Entro la giornata inizierà una piccola fermentazione. Il secondo giorno, aggiungi di nuovo tanta acqua. Se avessi aggiunto tutta l'acqua in una volta, avresti finito con un pasticcio acquoso. Quindi dall'ottavo al decimo o dodicesimo giorno, scolate il liquido in un barile. Il liquido ribollirà e schiumerà come un vino, anche se non è colorato o viscoso come sei abituato. Se vuoi dare corpo al poco vino, devi aggiungere zucchero o miele. Conserva la piquette in una botte: durerà fino al raccolto dell'anno successivo”. Questo è quello che leggiamo in un articolo di Jancis Robinsons sul suo blog. Lui è stato per anni il sommelier di El Bulli di Ferran Adrià
Acquistabile online
Abbiamo anche trovato nel web la possibilità di acquistare la Piquette sia in bottiglia che in lattina, prodotta con vinacce derivanti dalla torchiatura di varie uve, per lo più aromatiche o semiaromatiche che vanno dal moscato, al sauvignon, riesling ma anche syrah e cabernet franc. I prezzi, per noi, non son per niente popolari. Si va da 5,40 dollari per una lattina da 250 cl. Fino a 20 dollari per una bottiglia da 750 cl. Forse son prezzi bassi in America, sicuramente non in Italia o in Europa. Con quei prezzi abbiamo la possibilità di acquistare dei signori vini, non delle risciacquature di vinacce o vinelli o vini piccoli o graspia.
Illegale in Europa
Oltretutto leggiamo su Wineanroal Global Wine Journal che la Piquette non è legale nell'Unione Europea. “L'articolo 44, paragrafo 9, del regolamento del Consiglio della Commissione europea n. 1493 del 1999 recita: "La Piquette, se la sua produzione è autorizzata dallo Stato membro interessato, può essere utilizzata solo per la distillazione o per il consumo nelle famiglie dei singoli viticoltori".
Ma in alcuni paesi, come la Francia, il divieto di vendita è molto più antico. «Conosco un produttore tedesco che ha tentato di vendere piquette e poi ha dovuto distruggere tutto quando le autorità lo hanno scoperto. Un altro mi ha parlato della Piquette che stavano facendo, ma non era disposto a essere registrato a riguardo a causa della sua illegalità», dice Bufolin.
Crediamo fermamente che questa moda rimarrà confinata oltreoceano, noi abbiamo già dato in altre epoche e ora la Piquette non fa per noi. Speriamo tanto di non essere smentiti.
Abbiamo anche trovato nel web la possibilità di acquistare la Piquette sia in bottiglia che in lattina, prodotta con vinacce derivanti dalla torchiatura di varie uve, per lo più aromatiche o semiaromatiche che vanno dal moscato, al sauvignon, riesling ma anche syrah e cabernet franc. I prezzi, per noi, non son per niente popolari. Si va da 5,40 dollari per una lattina da 250 cl. Fino a 20 dollari per una bottiglia da 750 cl. Forse son prezzi bassi in America, sicuramente non in Italia o in Europa. Con quei prezzi abbiamo la possibilità di acquistare dei signori vini, non delle risciacquature di vinacce o vinelli o vini piccoli o graspia.
Illegale in Europa
Oltretutto leggiamo su Wineanroal Global Wine Journal che la Piquette non è legale nell'Unione Europea. “L'articolo 44, paragrafo 9, del regolamento del Consiglio della Commissione europea n. 1493 del 1999 recita: "La Piquette, se la sua produzione è autorizzata dallo Stato membro interessato, può essere utilizzata solo per la distillazione o per il consumo nelle famiglie dei singoli viticoltori".
Ma in alcuni paesi, come la Francia, il divieto di vendita è molto più antico. «Conosco un produttore tedesco che ha tentato di vendere piquette e poi ha dovuto distruggere tutto quando le autorità lo hanno scoperto. Un altro mi ha parlato della Piquette che stavano facendo, ma non era disposto a essere registrato a riguardo a causa della sua illegalità», dice Bufolin.
Crediamo fermamente che questa moda rimarrà confinata oltreoceano, noi abbiamo già dato in altre epoche e ora la Piquette non fa per noi. Speriamo tanto di non essere smentiti.
di Liliana Savioli
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