Con la recrudescenza della pandemia che sta colpendo il Vecchio Continente, le discussioni su eventuali nuove strette per combattere i contagi in Italia (a partire da possibili nuove zone gialle in alcuni territori), la corsa delle materie prime e dei beni energetici che spingono in alto l’inflazione, la chiusura del 2021 per i consumatori rischia di essere più affannosa del previsto. A sottolinearlo è anche la nota sulla congiuntura economica diramata da Confcommercio che stima, per novembre, un incremento generale dei prezzi al consumo pari allo 0,3% su base mensile e del +3,4% su base annua. Incrementi che rischiano di deprimere sia le spese turistiche (ancora legate a flussi domestici o dai Paesi limitrofi) che quelli fuoricasa (a causa dell'innalzamento dei prezzi delle materie prime alimentari)
A ottobre forte crescita per il turismo grazie ai viaggiatori europei
Stime che potrebbero pesare sul recupero dei consumi registrato durante il corso dell’anno e, in particolare, a ottobre quando l’Indice dei consumi elaborato da Confcommercio (Icc) è cresciuto del +3,4% su base annua. «In linea con quanto rilevato nei periodi più recenti e con l’ampliamento delle occasioni di fruizione del tempo libero (cinema, teatri, stadi, discoteche, viaggi, ecc.) la domanda delle famiglie si è orientata in misura più significativa verso i servizi (+21% nel confronto annuo). Segnali di difficoltà cominciano ad emergere per la componente relativa ai beni, che sconta, su ottobre 2020, una riduzione del -2%. Gli importanti recuperi registrati da marzo, non hanno ancora permesso di tornare sui livelli del 2019, sia pure con significative differenze tra i diversi segmenti di consumo», si legge nella nota. Considerando solo i 10 mesi dell’anno in corso, il risultato totale dell’Icc rimane ancora lontano di 8,7% percentuali rispetto allo stesso periodo pre-pandemico.
Concentrandosi solo su ottobre, si segnalano recuperi particolarmente significativi per il turismo che ha beneficiato del ritorno dei turisti stranieri (sebbene quasi esclusivamente europei visto il perdurare del blocco su diverse tratte extra-Ue). Non a caso, la voce “alberghi” segnala un +100% rispetto a ottobre dello scorso anno (sebbene ancora “in difetto” del -12% rispetto allo stesso mese del 2019). Mentre la voce “pubblici esercizi” (a partire da bar, ristoranti, pasticcerie, ecc.) sale del +23,9% rispetto a ottobre 2020 (ma lontana di 17 punti percentuali rispetto allo stesso mese del 2019).
Vola l'inflazione a causa del caro energia
Per quanto riguarda l’analisi dei prezzi al consumo, come detto la variazione attesa per novembre è del +0,3% nel confronto mensile e del +3,4% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. «Anche se la tendenza all’aumento continua a essere guidata dalla componente energetica, il permanere di tensioni sulle materie prime, non solo gas e petrolio, e le strozzature nelle catene di produzione e distribuzione a livello globale consolidano le preoccupazioni di un significativo trasferimento a breve degli impulsi inflazionistici ad altre filiere», è il commento di Confcommercio. Si rafforzano quindi i timori per la durata dell’intensità del fenomeno inflattivo, soprattutto in vista della parte finale del 2021 che a calendario coincide con il periodo natalizio e le eventuali ripercussioni sulla spesa delle famiglie.
Per Coldiretti un italiano su due ha già ridotto il carrello della spesa
Contraccolpi che, secondo Coldiretti, si fanno già sentire: oltre un italiano su due (il 52%) sta tagliando la spesa nel carrello a causa dell’aumento dei prezzi. A causa delle fiammate inflazionistiche il 36% degli italiani dichiara di aver ridotto la quantità degli acquisti, mentre un 16% si è orientato verso prodotti low cost, rinunciando alla qualità e solo un 48% di cittadini non ha modificato le abitudini di spesa.
«Un fenomeno che evidenzia come l’effetto dei rincari record dei costi energetici si trasferisca a valanga lungo tutta la filiera alimentare, dai campi alla tavola, aumentando le difficoltà soprattutto per agricoltori e consumatori. Oltre che sul carrello la scure dei rincari - ha spiegato la Coldiretti - si abbatte, infatti, sulle aziende agricole messe sotto pressione dall’incremento congiunto di gas, carburanti, energia elettrica, plastiche e trasporti». Tanto che il rischio, ora, «è che molte aziende agricole scelgano di fermare la coltivazione dei terreni per timore di non riuscire a coprire neppure i costi di produzione, con ripercussioni sulla capacità di autoapprovvigionamento alimentare nazionale».
Un problema grave per un Paese come l’Italia che deve ancora colmare il pesante deficit produttivo in molti settori importanti dalla carne al latte, dai cereali fino alle colture proteiche necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti. Nel Belpaese è infatti necessario recuperare il deficit del 64% del frumento tenero e del 40% per il frumento duro destinato alla produzione di pasta, mentre copre appena la metà (53%) delle fabbisogno di mais, fondamentale per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop. IAT
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