Il boom degli spirits
ci sarà solo quando avranno la stessa dignità del vino
Francesco Bruno Fadda, direttore di Spirito Autoctono, in questa intervista, sottolinea: «Il mondo degli spirits ha necessità di essere riconosciuto dal comparto agroalimentare». In Italia il settore affronta un momento difficile tra calo delle vendite e mutamenti del mercato. La crescita di grappa, whisky e liquori tradizionali segna un assestamento positivo , mentre lo spiriturismo emerge come opportunità
Tra rallentamenti di mercato e mode transitorie, il mondo degli spirits è costantemente alla ricerca di una identità. E se da un lato è proprio sulla specificità e sulla qualità che dovrebbero prevalere gli spiriti italiani, dall’altro il mercato spinge su grandi brand che occupano trasversalmente le bottigliere di bar e hotel. Qual è allora la sfida che oggi si trovano ad affrontare distillatori e liquoristi del Belpaese? Secondo Francesco Bruno Fadda - direttore della guida Spirito Autoctono, la cui edizione 2024 è uscita l’estate scorsa - servono realismo e capacità di posizionamento. E nell’intervista a Italia a Tavola traccia due traiettorie secondo lui vincenti: spiriturismo e confronto con il mondo dell’hospitality.
Spirits, un momento difficile
Direttore, come stanno gli spirits in Italia?
In pronto soccorso, come tutto il settore beverage alcolico. Il momento è particolarmente difficile: l'onda lunga post pandemica ha ormai esaurito la sua forza, la contrazione del potere di acquisto naturalmente riduce l'attenzione su beni, prodotti e servizi non di prima necessità, l'allarmismo cialtrone in materia di sicurezza stradale non sono certamente boccate d'ossigeno per un settore sempre in forte trend - almeno di facciata - ma costantemente alle prese con la fragilità e la volubilità di un mercato di nicchia.
E qual è il quadro complessivo del settore in questa fase? Esiste ancora un boom legato agli spirits?
Produttori e distributori affrontano il primo semestre del 2025 con il peso di due stagioni di punta con il segno meno davanti. Se l'estate 2024 è stata fiacca e lenta dal punto di vista delle vendite, tanti hanno comunque portato a casa un pareggio (e di questi tempi si può considerare un risultato positivo) e le festività natalizie non hanno proprio rispettato le attese. Un rapido sondaggio tra le aziende tu ha infatti evidenziato un calo delle vendite pari al 40% rispetto al 2023. Più che boom, quello che abbiamo visto in questi ultimi 5\6 anni, è da considerarsi un ritorno di fiamma, più un fenomeno commerciale legato all'entusiasmo mediatico del momento, un palliativo alla terribile e incalzante noia soporifera provocata da altri settori dell'agroalimentare, vino in primis (che continua a parlarsi addosso con le stesse parole degli ultimi quarant'anni). Infatti, in un lasso di tempo relativamente breve, l'entusiasmo relativo agli spirits si è sciolto come la neve a marzo - romantica e suggestiva, ma non si attacca. Il macro-mondo degli spirits ha ancora necessità di essere riconosciuto dal comparto agroalimentare come tessera importante e con pari dignità del vino. Quando questo riconoscimento arriverà, allora si potrà parlare di vero boom e di consolidamento.
Il comparto come reagisce alla congiuntura difficile?
Nel mondo i grandi gruppi serrano i ranghi, concentrano le produzioni riducendo siti e personale. In Italia vedo sì una decisa riduzione delle attività amatoriali - finalmente! - ma anche una buona e positiva presa di posizione dei produttori storici, i quali continuano a innovare, alzare l'asticella della qualità, proporre nuove referenze sempre meno "ampliamento di catalogo" o "famolo strano". Quindi sempre più attenzione ai trend che offrono consolidamento e radici come il whisky e i distillati di frutta. Tante le nuove proposte, alcune anche molto interessanti. La strada è ancora lunga e accidentata, ma stanno mutando anche i canali commerciali: sempre più attenzione all'horeca, settore parallelo ma alternativo a quello della mixology e del notturno, quest'ultimo efficiente e vantaggioso per l'awareness e la promozione del brand e però meno utile per gli utili.
Spirits, il gin rimane un cavallo di Troia
Come sono cambiati gli assetti tra gli spiriti italiani? Riposizionamenti o tramonti?
Il prodotto estero continua a coprire una notevole fetta del mercato nazionale, ma sarebbe ingeneroso non evidenziare la crescita dei brand italiani, soprattutto di quelli che si sono ritagliati uno spazio puntando su storia, artigianalità, cultura e tradizione. La crescita contenuta ma costante di grappa, vermouth e liquori della tradizione sono la dimostrazione più concreta. Il gin tiene ancora banco, seppure con numeri diversi da quelli del 2022 o del 2023. E come detto prima, il whisky italiano continua la sua corsa alla dignità. Al momento non vedo preoccupanti tramonti, ma positivi assestamenti.
Gli spirits vivono un momento complicato
È cresciuta l’attenzione per gli spiriti italiani, rispetto a un passato esterofilo?
Decisamente. La crescita esponenziale della qualità del prodotto italiano, gli investimenti in comunicazione, packaging e rebranding e l'aumento delle produzioni hanno certamente fatto crescere attenzione e interesse. Difficile invertire completamente la rotta, in Italia l'esterofilia, in qualsiasi settore, è sempre stato un virus particolarmente violento, ma possiamo già godere di piccole deviazioni.
Gin e gins, è ancora il traino per il settore?
No, traino non più. Ma certamente il gin è ancora il più efficace dei cavalli di Troia, in Italia come nel resto del mondo, per aprire nuovi mercati. I puristi non me ne vogliano, ma il Metodo Italiano, ovvero quella particolare capacità di rendere liquido un piccolo tratteggio di Italia, nel nostro Paese come sulla Quinta strada più conosciuta nel mondo, con buona pace dei London Dry e dei Martinisti convinti come me, piace e parecchio pure, in particolar modo nel consumo casalingo.
Whisky e rum italiani, come li vedete dall’osservatorio della guida?
Il whisky è in forte ascesa, come previsto anche dalla guida edizione 2023. Sempre più distillerie stanno lavorando in questa direzione. Il know-how è buono e le materie prime locali possono garantire ottimi risultati. Il mercato, anche quello internazionale, inizia a rispondere, aprendo nicchie di interesse per il whisky italiano. Attenzione però, evitiamo i soliti errori: considerarci i migliori seppure appena arrivati, non costruire uno stile preciso e identitario. Il mercato non attende e di rado perdona. Il rum al momento resta una buona promessa, l'estremo sud Italia e le isole hanno potenziale. Ci sono piccoli laboratori che stanno lavorando a nuovi prodotti "agricoli", ma al momento non si può parlare che di sperimentazione e tentativi. Storia (storytelling) e condizioni climatiche non sono proprio dalla parte dell'Italia e il rum, rispetto alle più conosciute tipologie di spirits, ha necessità proprio di microclimi particolari, storia, formazione e grandi investimenti. Ritengo che i tempi non siano ancora maturi per una produzione autoctona rilevante. A mio parere meglio dedicarsi a produzioni meno complesse, visti i chiari di luna.
La grappa, spirito autoctono per eccellenza, è in recupero? Attraverso quali percorsi e strategie?
La grappa continua la sua crescita, i nuovi mercati internazionali, seppur timidamente reagiscono positivamente, in particolare Stati Uniti e Giappone. La regina dei distillati italiani è la dimostrazione concreta di quanto, nonostante l'incalzante volubilità dei consumatori, la storia e la tradizione continuino a contare quale valore aggiunto imprescindibile. Nel mercato interno i risultati sono altalenanti, la grappa è ancora relegata al ruolo di fine pasto, come digestivo. Certo, recuperare i fasti dei consumi degli anni 90 e del primo decennio dei 2000 è impensabile, ma del resto è impensabile per qualsiasi altro liquido alcolico. Positiva invece la curiosità dei 35\40enni, fascia che inizia a riconoscere alla grappa un ruolo più consono anche oltre il fine pasto. Sempre più consueto il consumo in abbinamento al formaggio, al cioccolato e alla pasticceria. Concessioni impensabili sino a qualche anno fa. Giusto evidenziare che la qualità delle produzioni è sempre più elevata, come la sperimentazione di nuove tecniche di lavorazione e di invecchiamento. Le vinacce sono tornate - anzi, meglio, sono diventate - le vere protagoniste del sorso. La mano del distillatore di grappa è sempre più elegante e delicata. Circa le strategie di promozione credo ci sia ancora tanto da lavorare, ma chi ben comincia è a metà dell'opera. Rendere il prodotto e il suo vestito più contemporaneo e diretto si può considerare un bel passo in avanti. Adesso si dia impulso alla formazione professionale e alla tutela.
Spirits, la mixology è una vetrina, non un traino
La mixology sembra essere il traino per gli spirits e per il vino allo stesso tempo… quanta qualità c’è nella scelta dei prodotti?
Non sono proprio l'interlocutore giusto per questa domanda, da semplice osservatore mi viene però da rispondere "tanto rumore per nulla". La mixology per il momento non è un traino, ma più una vetrina, ampia per le grandi major di settore, estremamente ridotta per gli artigiani. Una replica tra banconi e luci soffuse della cucina cosiddetta gourmet. In sostanza restiamo nell'ambito dei fenomeni sociali contemporanei di passaggio. Decisamente meno durevole della cucina di sottrazione e ancora meno durevole della cucina molecolare di Adrià. Il cliente è sempre più un semplice gregario e la forma oscura completamente la sostanza. La grande attenzione, il presunto fermento che si registra negli ultimi tempi è stimolato più dagli addetti ai lavori che dal consumatore. Questa l'evidenza scorrendo numeri e fatturati. La selezione dei prodotti è dettata da budget, regole di inserimento, spazi e potere di contrattazione. Per gli artigiani e le piccole aziende lo spazio è ridotto. Per questa e altre ragioni i produttori più accorti continuano a sviluppare anche altri canali. Gli imprenditori dell'accoglienza più abili e attenti investono in strutture dalla proposta più ampia, dove la bevuta è parte dell'esperienza, non l'unica proposta. E non dimentichiamo la riforma del codice della strada - comunicato da cialtroni irresponsabili - e le contingenze economiche poco favorevoli e il cambio radicale delle abitudini sociali. Quadro completamente opposto per i banconi interni agli hotel che invece continuano a vivere un trend decisamente positivo, in particolare quelli che hanno aperto anche agli esterni.
È stata superata la ritrosia dei produttori e distillatori verso l’utilizzo mixato?
Si, ma per fortuna non da tutti. La convinzione che tutto si possa - e si debba - miscelare credo sia appannaggio solo dei media di settore e dei bartender di nuova generazione. I produttori più saggi diversificano le linee produttive, altri sorridono benevoli davanti alla polibibita con protagonista il loro prodotto più prezioso, ma se avessero un salvacondotto legale aprirebbero il fuoco come in "Bastardi Senza Gloria". Il medesimo discorso vale per il pairing. Togliamoci dalla testa che tutto si può abbinare a tutto, perché quello che conta in fondo è il gusto personale. Fesserie commerciali. Come il cappuccino con i frutti di mare alla tedesca, uno Strawberry Daiquiri abbinato a una pizza capricciosa meriterebbe il daspo per chi lo propone e per chi lo chiede. A tutto c'è un limite. A tavola Gin&Tonic (con grande attenzione al soft drink), Martini Dry, Bloody Mary e poche altre ricette. Bere è una cosa seria.
Spiriturismo, un fenomeno da coltivare
Si inizia a considerare lo spiriturismo una cosa meno bizzarra e anzi alcune aziende ci investono. Come può aiutare il comparto?
Con Spirito Autoctono, guida e giornale online, sin dal principio abbiamo creduto in questa nuova direzione, una visione più ampia e completa di questo settore. Ovviamente, fatto salvo per il termine "spiriturismo", non abbiamo inventato nulla e neanche scoperto l'acqua calda. Nel comparto specifico, gli spirits, è bastato analizzare e trarre spunto dalla Scozia e dall'Inghilterra per comprendere quale valore può generare nel prossimo futuro l'incoming turistico legato alle distillerie. In Italia ci sono già esempi virtuosi e ben strutturati. Non solo visite tra botti e alambicchi, ma anche sale degustazione attrezzate, musei, spa, suite e servizi per rendere l'esperienza più immersiva e completa. L'enoturismo nel nostro Paese segna incrementi costanti in tutte le regioni. Non vedo nessun ostacolo perché anche le distillerie possano diventare una generosa attrazione turistica. Gli stimoli ci sono tutti, i prodotti in sede si vendono molto bene - perché il più musone dei produttori vale come il migliore dei lupi di Wall Street -, i ricarichi sono più vantaggiosi, il cash flow è costante e immediato, il passaparola è un ottimo volano per la promozione del prodotto e del brand. E non parliamo della ricaduta economica sul territorio.
Guardando in avanti, qual è la proiezione per il segmento spirits? E per gli spiriti italiani?
Difficile una proiezione concreta, servirebbe la palla magica e immagino che chi parla di incrementi di fatturato a due cifre entro il 2028 ne abbia una speciale. Io posso al massimo sbilanciarmi con un auspicio, ovvero che il settore riesca a trovare equilibrio, stabilità e concretezza. In Italia, come già detto, abbiamo materie prime di qualità, competenza, tradizione e creatività. Tutti elementi fondamentali per superare la crisi.
Avete riaperto le iscrizioni per la guida 2025. Quando inizieranno le selezioni?
Lo scorso dicembre abbiamo aperto le selezioni per la nuova edizione della Guida e resteranno aperte sino al 15 febbraio. Nel frattempo, in realtà già da settembre, continuano le visite e le selezioni per l'assegnazione degli Award e delle Ampolle nel Piatto riservate alle migliori tavole del bere bene: pizzerie, ristoranti, bistrot, enoteche e bar. Spirito Autoctono La Guida 2025 segna un traguardo importante, è la quinta edizione del volume, e posso anticipare che è stata studiata, rivista e aggiornata per onorare il suo primo lustro, tante le novità e importanti i nuovi focus. Le commissioni regionali sono già all'opera per le prime selezioni, mentre a metà marzo si riunirà la commissione nazionale per decretare le Ampolle d'Oro che saranno annunciate a Milano in maggio.
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