Un'aula mezza vuota, l'opposizione che incalza e il governo che, di fatto, evita la discussione. La seduta di Montecitorio dedicata alla mozione di sfiducia contro la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, è iniziata con toni accesi ma si è conclusa nel silenzio della diretta interessata, che ha preferito lasciare l'emiciclo senza rilasciare alcuna dichiarazione.
Il documento, promosso dal Movimento 5 Stelle e sostenuto da Partito democratico e Alleanza Verdi-Sinistra, ricordiamo, mette al centro le vicende giudiziarie che coinvolgono la Santanchè: la ministra è stata infatti rinviata a giudizio per false comunicazioni sociali riguardanti la sua società Visibilia ed è indagata per truffa ai danni dello Stato. Secondo l'opposizione, la sua permanenza al governo non è più sostenibile e minerebbe la credibilità dell'esecutivo.
Mozione di sfiducia alla Santanchè:
il governo Meloni sceglie il silenzio
Ma se da un lato esponenti di Pd, M5S e Avs sono intervenuti uno dopo l'altro - hanno preso la parola Vittoria Baldino (M5S), Federico Gianassi (Pd), Filiberto Zaratti (Avs), Andrea Quartini (M5S), Toni Ricciardi (Pd), Enrico Cappelletti (M5S) e Francesco Silvestri (M5S) - dall'altro la maggioranza si è praticamente eclissata. I banchi della Lega e di Forza Italia erano deserti, mentre Fratelli d'Italia ha schierato solo una presenza ridotta, con i deputati Antoniozzi e Trancassini. Nella postazione del governo, a sorvegliare la situazione, sedevano i ministri Luca Ciriani e Nello Musumeci, insieme ai sottosegretari Marcello Gemmato e Vannia Gava.
Emblematica l'assenza di reazioni e difese dirette nei confronti della ministra: nessun esponente dell'esecutivo o della maggioranza ha preso la parola per contestare le accuse o replicare alle istanze dell'opposizione. Il vicepresidente di turno, Fabio Rampelli (FdI), ha cercato di stemperare i toni, ricordando che la Santanchè potrà intervenire nella prossima seduta, in occasione del voto sulla mozione di sfiducia. Una “spiegazione tecnica” che però non è bastata a placare la protesta delle opposizioni, convinte che il silenzio della ministra rappresenti un tentativo di evitare il confronto diretto.
Sul fronte di Palazzo Chigi, intanto, filtrano segnali che confermano il clima teso: secondo un'indescrezione del Corriere della Sera, la premier Giorgia Meloni non avrebbe più avuto contatti con Santanchè dal 17 gennaio, giorno del rinvio a giudizio. Lo scopo sarebbe quello di tenere la questione lontana dai riflettori mediatici, per scongiurare ripercussioni politiche che possano danneggiare la stabilità del governo. Una strategia, quella del silenzio, che, però, nell'attesa del voto decisivo, alimenta ulteriormente le polemiche e apre nuovi interrogativi sugli equilibri e la tenuta dell'esecutivo.
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