mercoledì 6 dicembre 2017

Spazio, ultima pattumiera per l’uomo (2)


Spazio, ultima 
pattumiera 
per l’uomo



Dagli anni Cinquanta a oggi 166 milioni di rifiuti tecnologici «galleggiano» attorno alla Terra
Oggi la “frontiera” spaziale è stata ripetutamente varcata, al punto da essere invasa dai nostri rifiuti e già ridotta a pattumiera. Li chiamano “space debris”, sono satelliti, sonde, rottami di veicoli, ma anche “souvenir” più o meno volontariamente lasciati da astronauti di varie missioni: macchine fotografiche, guanti, spazzolini da denti, attrezzi, fino a giungere ai sacchi d’immondizia prodotti dagli occupanti della stazione orbitante MIR in quindici anni di attività.
Facciamo due conti?

 5250 lanci spaziali da quel famoso 4 ottobre 1957 in cui si alzò lo Sputnik 1. Di queste missioni, circa 23 mila sono ancora in orbita, e 1200 di queste sono ancora operative. La percentuale è del solo 6%: un altro 38% è riconducibile a satelliti decommissionati, a stadi di vettori e a oggetti collegati come adattatori, coperture delle lenti, ecc. Circa il 94% degli oggetti in orbita è qualificato come “detrito spaziale”: roba che non serve, in pratica. Il 64% di questi oggetti è dato da frammenti derivanti da rotture, esplosioni e collisioni di satelliti o razzi. C’è poi una grande popolazione di detriti non tracciati. Secondo i modelli statistici ci sono 166 milioni di oggetti con dimensioni tra 1 millimetro e 1 centimetro: 750 mila con dimensioni tra 1 centimetro e 10 centimetri; circa 29 mila superano i 10 centimetri e l’ESA è responsabile per circa 42 mila oggetti, in termini di tracking
Un problema costosissimo
Questi oggetti orbitano attorno alla Terra in zone diverse e a una velocità non inferiore ai 28.000 Km l’ora per arrivare ai 56.000 km/h. Ne sanno qualcosa i sei astronauti che si trovavano sulla Stazione Spaziale Internazionale e che dovettero trasferirsi in fretta e furia nelle capsule di salvataggio. C’era il pericolo, infatti, di entrare in collisione con i detriti di un missile russo, avvistati troppo tardi per tentare manovre elusive.
La spazzatura spaziale rappresenta  una seria preoccupazione perché quasi tutti i nostri dispositivi elettronici si collegano ai satelliti, e qualora questi dovessero collidere con dei pezzi di spazzatura spaziale potrebbero rompersi mandando in tilt le apparecchiature di tutto il mondo. Un impatto di questo genere avrebbe anche ripercussioni sull’economia mondiale.
Più sono piccoli e più sono pericolosi
Il loro movimento è seguito costantemente da radar e telescopi del Norad, il comando americano per la difesa aerospaziale, e dell’ESA, l’agenzia spaziale europea. Il problema più grande è rappresentato dal fatto che in dieci anni i rifiuti spaziali sono raddoppiati e si prevede che nel prossimo decennio saranno mandati in orbita circa 1.150 nuovi satelliti. Diventa di vitale importanza, quindi, cercare di mantenere “pulito” lo spazio.
L’orbita a 800 chilometri di distanza (dove ci sono i satelliti utilizzati per scopi scientifici o militari) e quella a 32 mila chilometri (popolata dai satelliti per le comunicazioni) sono già affollate di detriti. Anzi, nella prima è stato già raggiunto il punto di saturazione. Si va incontro così alla cosiddetta sindrome di Kessler: una catena di urti che moltiplica i frammenti rendendo lo spazio impraticabile. Il problema va gestito perché altrimenti può soltanto peggiorare: si cercherà di diminuire la densità dei rifiuti spaziali soprattutto in orbite importanti come quella della ISS.
(2, fine)
Panorama Edit

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