Vino italiano,
un profilo
chiaroscuro
In 10 anni il trend export del vino italiano nel mondo è cresciuto in valore ben 3 volte più della media dell'intero manifatturiero, più del doppio della gioielleria e quasi il quadruplo rispetto all'abbigliamento.
Ma proprio in un anno che registra un tale incremento statistico, non mancano le contraddizioni all'interno del comparto leader dell'agroalimentare italiano, ancora troppo ancorato ai suoi storici importer (Usa, Germania e Regno Unito) che valgono il 60% delle esportazioni in tutto il mondo, contro il 39% della Francia.Questa l'ultima analisi di Nomisma - Wine Monitor realizzata per Verona Fiere in occasione di Wine2Wine ed esporta al talk show "Vino italiano: bianco o nero?", a cui hanno partecipato, tra gli altri, Ruenza Santandrea (Alleanza delle Cooperative), Matilde Poggi (Federazione italiana vignaioli indipendenti), Sandro Boscaini (Federvini) ed Ernesto Abbona (Unione italiana vini), moderati dal giornalista Paolo Del Debbio.
L'analisi in sostanza traccia un profilo chiaroscuro del fenomeno vino, in grado in un decennio (2006-2016) di incrementare il proprio export del 74%, di generare boom di mercato (+421% il Prosecco negli ultimi 6 anni), di contribuire a un'ascesa dell'arrivo dei turisti in aree rurali come Montalcino (125%), Barolo (+64%) e Valpolicella (+54%) o di raddoppiare la superficie bio del vigneto Italia del 96% in 5 anni.
D'altra parte però aumentano gli aspetti critici: ad esempio la recente perdita, a favore della Francia, del primato in valore nel primo mercato import al mondo, gli Usa, o la debolezza in Cina (5,6% la quota di mercato nel 2016, contro il 42,3% della Francia) e in quasi tutti i mercati emergenti. E ancora il nanismo del tessuto imprenditoriale, la "crisi di crescita" dei vini fermi e soprattutto la questione del prezzo medio, dimezzato rispetto a quello del competitor leader, la Francia.
Denis Pantini, responsabile Nomisma-Wine Monitor
«Il 2017 sarà ricordato come l’anno dei sorpassi. Forte di una ripresa economica ormai consolidata, il commercio internazionale di vino chiuderà l’anno con una crescita in valore superiore al 5% rispetto al 2016, trainato anche dall’imponente recupero della Russia che è cresciuta del 40% nei primi 9 mesi, dall’ennesimo sprint della Cina con +14% ad ottobre e che scalza definitivamente la Germania dal terzo scalino del podio dei top mercati di import, nonché dalla conferma dello stato di salute degli USA che si attestano a +8% a settembre, dove però si assiste anche al sorpasso del vino francese su quello italiano ad opera soprattutto di una rimonta dello Champagne e di un’esplosione delle vendite dei rosè de Provence».
Matilde Poggi, presidente Federazione italiana vignaioli indipendenti
«Vedrei molto bene un’azienda unica partecipata da pubblico e privato che si occupi della promozione di vino del mondo, sul modello francese. C’è sicuramente bisogno di un brand ombrello in grado di vendere il sistema Paese».
Ruenza Santandrea, coordinatrice vino Alleanza delle cooperative settore agroalimentare
«Sono d’accordo con l’ipotesi di un’azienda unica per la promozione, ma sono fondamentali anche gli accordi bilaterali che vanno sviluppati con l’Unione Europea. Non si più andare in ordine sparso nella promozione, serve una grande manifestazione in Asia dedicata al made in Italy. Un evento così costerebbe meno rispetto a tante altre piccole iniziative».
Sandro Boscaini, presidente Federvini
«Abbiamo preso una sbornia, il successo degli anni passati ci ha fatto pensare di poter andare in giro per il mondo a raccontare delle storielle in maniera un po’ naif. Oggi dobbiamo trovare la maniera per metterci insieme, serve centralizzare il modo di raccontare il vino – oggi delegato alle regioni – come ha fatto la Francia. I mezzi ci sarebbero, ma ci facciamo del male da soli perché la burocrazia non li sa gestire e dobbiamo essere messi nelle condizioni almeno di spendere bene i soldi».
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