Stagionalità
e scarto zero
alla Trattoria
Moderna di Firenze
La Trattoria Moderna punta sulla materia prima, a garanzia di qualità e sostanza. Centrali scarto zero, stagionalità e filo diretto tra tradizione e contemporaneità, in armonia con quanto la natura offre ogni giorno.
I più anziani ricordano i racconti dei loro babbi che vi andavano ad ascoltare Odoardo Spadaro quando il ponte si chiamava Ponte di Ferro, e c’è chi dice che Totò vi abbia conosciuto la moglie. Poi negli anni ’60-70, costruito il massiccio condominio fra viale Amendola e lungarno Colombo, divenne consuetudine, in una città dove pochi erano i locali con cucina aperta dopo le dieci di sera, andarvi a mangiare una pizza o un piatto di pasta: si chiamava “Le Follie Estive”, in ragione dell’ampio giardino antistante il locale.Nei decenni semplificò il nome in “Follie” e poi ne cambiò ancora un altro paio, sino alla attuale denominazione “Trattoria Moderna”. In fin dei conti è uno dei più longevi locali di ristorazione di Firenze, oggi non più alla periferia sud della città ma ai confini di uno dei quartieri celebrati della movida quale Santa Croce/Sant’Ambrogio. Con il vantaggio di facile accesso con auto e possibilità di parcheggio. A cosa è dovuta la nuova denominazione? Il richiamo alla “modernità” vale ad una prima occhiata per gli interni del locale, ma poi si conferma nel tocco con cui è declinata una cucina di tradizione.
Il progetto di ristrutturazione degli ambienti presenta un’armoniosa mescolanza di stili che spaziano nel tempo (dalle piastrelle in ceramica decorata che rimandano ai rustici della campagna toscana, passando attraverso la boiserie in legno d’ispirazione nordica) con venature di design industriale (i tubi a vista sul soffitto), l’illuminazione diffusa da vari punti luce dall’elegante linearità minimalista.
Tutto gioca sull’incontro tra stili e materiali diversi; legno, metallo, ceramica, a creare suggestioni variegate con rimandi ora più tipicamente toscani, ora più contemporanei o persino esotici, suggeriti dai quadri in stile micropop dell’artista giapponese Tomoko Nagao, ma anche grazie alle belle veneziane in legno scuro che coprono le vetrate su due lati del locale, e alle palme posizionate in vari angoli. L’importante bancone in legno con il ripiano in marmo è ideale per godere di un drink prima di sedersi a tavola, e il suo prolungamento porta dritto al grande forno a legna e alla retrostante cucina.
Riccardo Serni
Uomo curioso e attento, Riccardo Serni mostra una sensibilità rara che fa di lui un cuoco motivato nella continua ricerca, laddove la tecnica è solo un mezzo per far sì che la materia prima possa emergere ed esprimersi al meglio. Con un percorso professionale che vanta esperienze in cucine importanti, quali il Green Park di Tirrenia (Pi), il Demidoff Country Resort di Firenze e il Plaza e De Russie di Viareggio (Lu), Serni approda a questo nuovo progetto con rinnovata linfa ed entusiasmo. Secondo la sua filosofia, la figura del cuoco è quella di un artigiano, non di una star, missione del cuoco è dare vita con la vita, accogliere le persone, nutrirne il corpo e lo spirito, che mai sono scissi.
Lo chef si è costruito un’attenta rete di fornitori eccellenti: il pesce arriva da San Vincenzo (Li), da un’azienda giovane proveniente da una grande famiglia di pescatori che per quasi un secolo hanno solcato il mare di San Vincenzo con le manaidi e le lampare per pescare il pesce azzurro, oggi all’avanguardia nelle tecniche di refrigerazione e trasporto. Le carni, in particolare il galletto livornese, sono della Macelleria Falaschi di San Miniato (Pi), i cui capi bovini di razza chianina, provengono in gran parte dall'allevamento biologico della Tenuta di San Rossore, mentre le altre razze appartengono rigorosamente al circuito Igp Toscano, e sono allevate in aziende agricole locali. Le verdure provengono dal Mercato centrale di Novoli, mentre erbe, radici e patate provengono rigorosamente dalla zona vocata del Mugello, in particolare le patate di montagna sono dell’Azienda Agricola “Terre Alte di Pietramala” di Simone Menichetti.
A cena, la carta si dispiega tra 4 antipasti, 4 primi e 4 secondi, ed è previsto anche un menu degustazione di 4 portate a 37 euro bevande escluse. A pranzo, oltre alla carta, è previsto un menu degustazione “light lunch” con una formula variabile tra antipasto e primo, o antipasto e un’insalata a 27 euro.
Un ricordo estivo risuona negli antipasti tra la Panzanella con alici marinate e pecorino, in cui il pane croccante incontra una vellutata salsa al pomodoro, esaltati dalla sapidità del pecorino e dell’acciuga, quasi un gazpacho nostrano, in un magnifico connubio mare-terra, e si fa più autunnale nell’Uovo alla coque al cacio e pepe, crema di bietola e pane alle noci, un piatto molto confortevole che gratifica il palato senza appesantire.
Tra i primi piatti, la semplicità è il punto di arrivo di un’attenta ricerca sulla tradizione, che spazia dal ragù, realizzato à l’ancienne con tre tipi di carne, a condire delle tagliatelle fatte in casa, sottili eppure coriacee ad accogliere al meglio il sugo, passando per le penne al pomodoro - Pierangelini docet - con una salsa di pomodoro regina della cucina italiana. Ma non mancano anche guizzi più creativi, come nei Ravioli neri di cacciucco con seppie: qui il ricordo di una Livorno felicemente chiassosa rimbalza al palato, con i sapori decisi e pieni del cacciucco, la zuppa di pesce qui perfettamente incastonata nella pasta fresca la cui consistenza rimanda in perfetta corrispondenza ai ciuffi di seppia in olio cottura della rifinitura del piatto.
Armonia e tradizione anche nei secondi, con un imperdibile baccalà cotto sulla plancia e declinato con purè di patate di montagna all’olio con polvere di capperi e cipolle cotte nella brace e infine caramellate. Sapori decisi per una leggerezza davvero inaspettata, ma che fa la forza di questo luogo, come pure nel caso del Maialino con purè di patate, finocchio e fondo alla liquirizia, con il maialino grigio del Casentino di circa 100 kg cotto per 12 ore a bassa temperatura e poi caramellato.
Una menzione particolare merita il grande forno a legna su cui lo chef ha condotto un attento studio per le tipologie di legno da ardere e le spezie da utilizzare, e che si presta alla perfezione per integrare il menu con verdure cotte nella cenere, primi piatti al cartoccio, in un work in progress senza posa e che riserverà sicuramente sorprese appaganti.
di Annamaria Tossani
Per informazioni: www.trattoria-moderna.it
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