sabato 24 febbraio 2018

VINI OLTREPO’ PAVESE, CALA UN POKER D’ASSI

VINI OLTREPO’ PAVESE, 
CALA UN POKER D’ASSI: 

SEMPLIFICAZIONE, RIDUZIONE, 
SQUADRA,IDENTITA’ 
TERRITORIALE

PROSPETTIVA PER UNA VISIONE INTERREGIONALE PER CERTE TIPOLOGIE DI VINI   

Prendo spunto dalla recente assemblea del Consorzio tutela vini dei cugini Oltrepadani per approfondire un tema oggi, cruciale per il vino italiano. 
Semplificare, ridurre, chiarire, fare squadra, essere uniti. L’Oltrepò Pavese accelera alla grande, risetta la produzione. Leggendo qualche commento di amici giornalisti, salta all’occhio subito la volontà condivisa di emergere dalla normalità trascinata da anni. Con passi avanti e passi indietro, pragmatismo e rinunce, nessun salto nel buio. 
Vince la tutela, la produzione, l’identità territoriale, i “village” che compongono il grande Oltrepò Pavese. Ricordo l’importanza e il valore formativo e di lungo periodo che hanno avuto negli anni ’80-’90 i disciplinare di produzione di tante Doc lombarde, piemontesi, emiliane. Era obbligo puntare a produrre più vini Doc possibili, quando i consorzi di tutela puntavano a una volontaria autotutela, prima dell’erga omnes e delle funzioni interprofessionali dei primi anni 2000. Per l’Oltrepò Pavese era il tempo di 64 Doc! Quegli anni sono tramontati: ora occorre semplificare, ridurre etichette, avere una autodisciplina forte, una equilibrata produzione-commercio, più attenzione alla domanda che all’offerta, più lungo periodo. 

Il  consorzio  Oltrepò ha deciso di ridurre le Doc, spostare fra le Igt certe produzione meno determinanti per l’identità territoriale, fare scelte di tipologie e menzioni. E’ l’inizio di una nuova era enoica oltrepadana. E Piacenza, i Colli Piacentini anch’essi, nel 1986, puntarono alla “doc cappello”, necessaria ancora, conforme al mercato?  

L’Oltrepò ha trovato un equilibrio fra anime diverse, come è in tutti i distretti produttivi del vino e del cibo. Merito di molti, ma qualcuno ha fatto veramente fa differenza come Adriano Giorgi presidente della Cantina coop Terre d’Oltrepò di Broni, Michele Rossetti presidente del Consorzio, abile diplomatico, Massimo Barbieri presidente della Cantina coop Torrevilla, ma anche tanti altri dietro le quinte come Fabiano Giorgi presidente del Distretto e a qualche non pavese. Grande segnale per fare squadra. 
Approvazione avvenuta in una partecipata assemblea, superiore alla aspettative, quasi all’unanimità. Pinot Grigio e Pinot Nero Doc hanno un nuovo disciplinare, Chardonnay e Malvasia non sono più Doc, imbottigliamento solo in zona per il Sangue di Giuda, la Bonarda Doc solo frizzante. Niente Bonarda tranquilla. L’Igt diventa Colline Pavesi, denominazione più consona! Fuori i comuni di pianura, abbassate le rese di uva a ettaro di Barbera e Croatina, ma anche di altre Docg e Doc. Riduzione delle etichette delle denominazione. In questo contesto le grandi cantine lasciano sul terreno una fetta del loro bilancio economico: qualche rinuncia a favore di chiarezza per consumatore.
 La complessità e la ricchezza dell’Oltrepò necessitava sicuramente di un intervento produttivo, non di nuove Doc. Non si vive di sola comunicazione, oggi. I giovani e le piccole realtà familiari hanno chiesto certezze. 
E’ solo l’inizio, ora parte un processo innovativo. E i Colli Piacentini hanno bisogno anche loro di un dimagrimento, di scelte chiare, di identificazione di una Docg, di una tipologia unica per Gutturnio e Malvasia? A quando fare squadra fra Ziano e Vicobarone, fra val Trebbia e val Nure e val d’Arda?  In Oltrepò è un “inizio” di vittoria di tutta la produzione, che necessita di un grande sistema aggregato di funzioni e scopi, consortile o associativo. Oggi i consorzi devono assumere una veste nuova, abbinare territorio e tutela della domanda e della offerta. Certamente sono necessarie altre scelte conformi, l’applicazione delle scelte, formule complementari, un carattere che incida, pochi ma pesanti obiettivi strategici di breve e lungo periodo. Mi auguro quanto successo in Oltrepò porti anche a una visione interregionale di certe produzioni, a una condivisione progettuale ampia, ma soprattutto a  una  riaggregazione locale, a una unificazione forte, di alto profilo e di nuovi investimenti.  

Giampietro Comolli 

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