martedì 27 febbraio 2018

Record per l’export di cibo italiano

Record per l’export 

di cibo italiano
41 miliardi nel 2017. 

2/3 nei Paesi Ue



Èrecord storico per il Made in Italy agroalimentare all’estero con le esportazioni che hanno raggiunto i 41,03 miliardi di euro nel 2017 per effetto di un incremento del 7% rispetto all’anno precedente. Dati che confermano le potenzialità del Made in Italy a tavola per la ripresa economica ed occupazionale del Paese. 

Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentare (26,7 miliardi) interessano i Paesi dell’Unione europea, ma gli Stati Uniti con 4,03 miliardi di euro sono di gran lunga il principale mercato dell’italian food fuori dai confini dall’Unione e il terzo in termini generali dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna.

(Record per l’export di cibo italiano 41 miliardi nel 2017. 2/3 nei Paesi Ue)

Se in Germania le esportazioni alimentari hanno raggiunto quota 6,89 miliardi di euro, confermando il Paese teutonico in testa alla classifica degli appassionati di cibo italiano, in Francia le esportazioni tricolori sono salite a 4,53 miliardi, mentre in Gran Bretagna l’agroalimentare italiano vale 3,34 miliardi. Un vero boom si registra in Cina dove ci sono ancora grandi opportunità di crescita per il Made in Italy a tavola, per ora fermo a 448 milioni di euro, così come in Giappone e in Russia dove però le esportazioni restano fortemente limitate dall’embargo che ha colpito ad una lista di prodotti, frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da tutta l’Unione Europea.

A spingere la crescita sono i prodotti base della Dieta mediterranea a partire dal vino che è il prodotto italiano più esportato e fa segnare un aumento del 7%, secondo la stima Coldiretti, seguito dall’ortofrutta che registra un incremento del 2%, ma ottime performance vedono protagonisti i formaggi con un incremento del 9% in valore, grazie anche all’entrata in vigore dell’obbligo dell’etichettatura d’origine, e i salumi (+8%). Arretra, invece, la pasta tricolore (-3%) che attende ora però gli effetti positivi dell’entrata in vigore dell’obbligo di indicazione dell’origine del grano per ritrovare la fiducia di un mercato che anche a livello europeo è sempre più attento al tema della trasparenza.

«Un risultato importante che è minacciato - ha dichiarato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - da falsi e tarocchi che ogni anno sui mercati internazionali sottraggono al sistema Italia un valore di oltre 60 miliardi di euro. Un fenomeno legittimato dai recenti accordi internazionali sul libero scambio, dal Canada (Ceta) al Giappone fino ai Paesi del Sudamerica (Mercosur) che autorizzano la produzione di Parmesan dagli occhi a mandorla, di Parmesao carioca ed altre brutte copie dei marchi storici del Made in Italy alimentare. È inaccettabile che il settore agroalimentare sia trattato dall’Unione Europea come merce di scambio negli accordi internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale e della salute».
Soddisfazione da parte del Ministro Maurizio Martina  che ha spiegato:
 «Oltre 41 miliardi di euro di export agroalimentare. Mai prima d’ora l’Italia aveva ottenuto un risultato così. Merito delle nostre aziende, piccole, medie e grandi che hanno saputo guardare al mondo, hanno saputo portare il Made in Italy fuori dai nostri confini. Siamo stati al loro fianco in questi anni. Con il palcoscenico straordinario di Expo, con il piano internazionalizzazione voluto dal Governo, con il marchio unico per l’agroalimentare italiano che ora ci caratterizza in tutte le più importanti fiere mondiali».

«Con un lavoro diplomatico - ha aggiunto Martina - che ci ha portato a riaprire tanti mercati che prima erano preclusi alle esportazioni italiane, come succedeva con i salumi negli Stati Uniti o con la carne di maiale in Cina. Opportunità nuove che vanno a tutto vantaggio di agricoltori, allevatori, produttori. Che sono la spina dorsale dell’economia dei nostri territori, che sono i protagonisti del rilancio produttivo e occupazionale che viviamo. Sono il nostro patrimonio e dobbiamo difenderli fino in fondo. Anche valorizzando di più e meglio l’origine sulle etichette, come abbiamo fatto per formaggi, pasta, riso, derivati del pomodoro. Sono convinto che questa scelta sia una delle frontiere più avanzate di una concezione politico culturale che cerca di interpretare nuove vie di protezione nella globalizzazione. Il Made in Italy si protegge davvero portando a 50 miliardi le esportazioni entro il 2020, non con dazi e barriere da propaganda elettorale».

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