Già arrivare a Colloredo di Montalbano regala un fascino d’altri tempi, con quella strada che finisce diritta incontro al magnifico castello dei Conti di Colloredo, letteralmente spazzato via dal tremendo terremoto del 1976 e ora vicinissimo a nuova vita, frutto di un lungo e sapiente recupero che lo sta riportando agli antichi fasti.
La Taverna sta proprio di fronte al maniero, elegante casa che nel 1300 costituiva orangerie, serre e alcuni ambienti di servizio del castello e che Piero Zanini conduce con cuore e sapienza dal 1979. Una passione che si tocca con mano visitando le sale e una cantina che lascia davvero stupefatti per numeri e qualità, perché 2000 etichette e 30.000 bottiglie non possono certo lasciare indifferenti.
Molti sono i cuochi passati dai fornelli di questo bel luogo del gusto, tra i quali Andrea Berton e Roberto Franzin. Da dicembre è la volta di un giovane sorridente veronese, Ivan Bombieri, il quale vanta diverse esperienze di buon blasone, soprattutto nelle cucine di grandi alberghi di lusso. Mano felice per piatti che sanno abbracciare la tradizione trasformandone i tratti senza stravolgerla.
Così si può partire con la croccante armonia delle puntarelle che accompagnano la dolcezza del polpo fondente a sua volta bilanciata dalla nota acida di una riduzione di Schioppettino.
C’è grande piacevolezza nei tortelli ripieni di “polente cuinciade” che una fonduta di Montasio stravecchio rende irresistibilmente golosi. Morbidezza, sapore e varietà si ritrovano nell’agnello “360” in cui vengono proposti vari tagli e una saporita mousse ottenuta da fegato e frattaglie.
Molto interessante anche il capitolo dessert, a partire da una suadente crema di vaniglia e sedano rapa, lo stesso caramellato e gelato di valeriana.Non da meno la squisita bavarese ai cachi con amaretti, melagrana, miele, caco mela sciroppato e spugna alle nocciole. Un’esperienza che lascia un ricordo all’insegna di una complessiva intensa gradevolezza.
Da ricordare, per chi cercasse un pasto rapido ma all’insegna della stessa grande qualità e della tradizione in purezza, quella piccola area del ristorante che alla Taverna hanno chiamato “Cence Mantil”, senza tovaglia per i non autoctoni, che varrebbe la pena provare. Qui il menu incontra piatti semplici e schietti, tra gli altri il muset con la brovada, a prezzi contenuti.
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