Famiglia e lavoro,
che stress
Le mamme
sono le + colpite
Maternità e lavoro si possono conciliare, ma ci sono delle conseguenze da pagare.
Le madri che lavorano infatti sono le più stressate di tutti. Se la prole è composta da un figlio lo stress è in media il 18% in più.
Un dato che era già sotto gli occhi di tutti per via empirica ma oggi è arrivata la conferma ufficiale dal sondaggio redatto dall’Institute for Social and Economic Research at Essex University. Si tratta di una ricerca unica nel suo genere e significativa per il numero di dati esaminati ma soprattutto perché lo studio, che ha analizzato 11 indicatori chiave dei livelli di stress cronico, prende in considerazione parametri biologici come la pressione del sangue e i livelli ormonali e non solo dati “riportati”. Ne ha parlato Katia Rastelli, psicologa di Humanitas, in un articolo apparso su Humanitasalute, che riportiamo di seguito.
“Quello condotto del professor Tarani Chandola della Manchester University insieme a un team dell’Institute for Social and Economic Research at Essex University è il più grande sondaggio di questo tipo mai realizzato. I ricercatori hanno raccolto e analizzato i dati biologici presi dagli infermieri da 6.025 partecipanti alla Household Longitudinal Survey. Secondo la loro ricerca, appena pubblicata sulla rivista British Sociological Association Journal Sociology, né il lavoro da casa né quello flessibile hanno effetti benefici sui livelli di stress cronico delle mamme lavoratrici.
I ricercatori hanno scoperto che i biomarcatori che indicano lo stress cronico erano del 40% più alti per le donne che lavoravano a tempo pieno mentre allevavano due bambini piccoli, rispetto alle donne che lavoravano a tempo pieno senza figli. Il conflitto tra lavoro e famiglia alla lunga si traduce in stress cronico e influenza pesantemente la salute. Solo la riduzione del numero di ore ha dimostrato di avere un impatto positivo sulla riduzione dello stress delle mamma lavoratrici. Ma è davvero l’unica soluzione per le madri che lavorano?
«Lo studio, seppur interessante, riporta soltanto un punto di vista della situazione - ha precisato la psicologa - Esiste sicuramente una correlazione, per le mamme lavoratrici, tra aumento dello stress (segnalato anche da indicatori biologici) e numero di ore lavorative, tuttavia riportare come principale soluzione il lavorare di meno, mi sembra alquanto riduttivo per la lettura d’insieme del fenomeno. Innanzitutto la percezione dello stress è in parte soggettiva, per cui non è detto che nella rilevazione generale dello stato di malessere femminile».
«Il bilancio va fatto - ha proseguito Rastelli - tenendo in considerazione numerosi fattori, tra i quali stabilità lavorativa, aiuto a casa, sostegno alla genitorialità, aiuti statali come nidi, materna, supporto del partner. Ma anche considerando se donna fa un lavoro che le piace o meno e infine le ore lavorative». «In un’ottica biopsicosociale - ha chiosato la specialista - può essere molto più stressata una donna che non lavora, con un solo figlio, che ha dovuto lasciare il proprio impiego che piaceva perché non aveva rete di supporto per la sua crescita e che deve gestire da sola tutto il carico familiare, piuttosto che una madre lavoratrice, con un buon supporto familiare che ha la possibilità di svolgere un lavoro che le piace e che le permetta di ritagliarsi degli spazi personali al di fuori della famiglia. Insomma, più che sulla drastica riduzione delle ore lavorative, mi focalizzerei sul rinforzo delle varie forme di supporto, direi fondamentali per poter conciliare vita familiare e vita lavorativa, in un’ottica di libertà di scelta, più rispettosa della condizione femminile».
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“Quello condotto del professor Tarani Chandola della Manchester University insieme a un team dell’Institute for Social and Economic Research at Essex University è il più grande sondaggio di questo tipo mai realizzato. I ricercatori hanno raccolto e analizzato i dati biologici presi dagli infermieri da 6.025 partecipanti alla Household Longitudinal Survey. Secondo la loro ricerca, appena pubblicata sulla rivista British Sociological Association Journal Sociology, né il lavoro da casa né quello flessibile hanno effetti benefici sui livelli di stress cronico delle mamme lavoratrici.
I ricercatori hanno scoperto che i biomarcatori che indicano lo stress cronico erano del 40% più alti per le donne che lavoravano a tempo pieno mentre allevavano due bambini piccoli, rispetto alle donne che lavoravano a tempo pieno senza figli. Il conflitto tra lavoro e famiglia alla lunga si traduce in stress cronico e influenza pesantemente la salute. Solo la riduzione del numero di ore ha dimostrato di avere un impatto positivo sulla riduzione dello stress delle mamma lavoratrici. Ma è davvero l’unica soluzione per le madri che lavorano?
«Lo studio, seppur interessante, riporta soltanto un punto di vista della situazione - ha precisato la psicologa - Esiste sicuramente una correlazione, per le mamme lavoratrici, tra aumento dello stress (segnalato anche da indicatori biologici) e numero di ore lavorative, tuttavia riportare come principale soluzione il lavorare di meno, mi sembra alquanto riduttivo per la lettura d’insieme del fenomeno. Innanzitutto la percezione dello stress è in parte soggettiva, per cui non è detto che nella rilevazione generale dello stato di malessere femminile».
«Il bilancio va fatto - ha proseguito Rastelli - tenendo in considerazione numerosi fattori, tra i quali stabilità lavorativa, aiuto a casa, sostegno alla genitorialità, aiuti statali come nidi, materna, supporto del partner. Ma anche considerando se donna fa un lavoro che le piace o meno e infine le ore lavorative». «In un’ottica biopsicosociale - ha chiosato la specialista - può essere molto più stressata una donna che non lavora, con un solo figlio, che ha dovuto lasciare il proprio impiego che piaceva perché non aveva rete di supporto per la sua crescita e che deve gestire da sola tutto il carico familiare, piuttosto che una madre lavoratrice, con un buon supporto familiare che ha la possibilità di svolgere un lavoro che le piace e che le permetta di ritagliarsi degli spazi personali al di fuori della famiglia. Insomma, più che sulla drastica riduzione delle ore lavorative, mi focalizzerei sul rinforzo delle varie forme di supporto, direi fondamentali per poter conciliare vita familiare e vita lavorativa, in un’ottica di libertà di scelta, più rispettosa della condizione femminile».
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