I contributi Ue
per l’agricoltura
Angelo Gaja:
Servano
per la ricerca
Il produttore piemontese interviene sul tema dei fondi che ogni anno la Comunità europea mette a disposizione anche per il settore del vino e suggerisce una soluzione nuova, anche nel rispetto dell’ambiente .
Destinare (almeno in parte) i fondi europei per l’agricoltura alla ricerca. È la proposta che arriva da Angelo Gaja, produttore di vino, titolare dell’omonima azienda di Barbaresco, in provincia di Cuneo: «La Comunità Europea – dice – sostiene l’agricoltura con lauta elargizione di denaro pubblico. Ne gode anche il settore vinicolo italiano. Del vino si celebrano i successi per la propensione all’export, la funzione di traino dell’agroalimentare e l’immagine di prestigio che dona al nostro Paese».
«Oltre un centinaio di milioni di euro all’anno di contributi provenienti dalla Comunità Europea - prosegue Gaja - vengono destinati ad azioni di promozione del vino italiano sui mercati extra-europei. È stato possibile beneficiarne per 12 anni. È certo che, almeno agli inizi, il contributo pubblico sia servito per spronare le cantine che seppero beneficiarne ad avviare sui mercati esteri azioni di marketing più coraggiose. Attualmente ne beneficiano cantine che hanno nel frattempo acquisito consapevolezza di quanto sia indispensabile operare sui mercati esteri per realizzare obiettivi di crescita e mettere in sicurezza i fatturati aziendali».
Da qui l’idea di cambiare il trend che si è consolidato negli anni: «La larga maggioranza delle cantine beneficiarie – aggiunge Gaja – avrebbero possibilità ormai di attingere a mezzi propri, rinunciando almeno in parte al sostegno pubblico. Si tratta allora di vedere come potrebbe essere investita parte del finanziamento pubblico, distraendola dalla ripetitiva azione di stimolo all’export a beneficio di tutti gli operatori del settore vinicolo. Proporrei di destinarla alla ricerca. Giusto per fare un esempio, orientandola alla produzione di portainnesti e varietà capaci di fronteggiare gli stress climatici; varietà atte a produrre vini Dop ed Igp che possano essere coltivate con zero-bassissimo impiego di fitofarmaci; sistemi di lotta biologica (attraverso l’impiego di parassitanti dei patogeni), metodi di contrasto all’eccessivo accumulo di zucchero nell’uva; individuazione di lieviti dal minore potere alcoligeno; metodi “puliti” di contrasto dei batteri inquinanti che possono alterare la qualità organolettica del vino»
In presenza delle problematiche causate dal cambiamento climatico, la ricerca scientifica – secondo Gaja – costituisce la risorsa alla quale attingere per ottenere soluzioni di contrasto praticabili e compatibili. La ricerca deve essere sostenuta, non va temuta. «I risultati che sarà in grado di fornire – conclude – dovranno essere disponibili per tutti, alle stesse condizioni. Ai produttori, che non intenderanno attingervi, resteranno maggiori possibilità di differenziazione dei propri vini».
Angelo Gaja
«Oltre un centinaio di milioni di euro all’anno di contributi provenienti dalla Comunità Europea - prosegue Gaja - vengono destinati ad azioni di promozione del vino italiano sui mercati extra-europei. È stato possibile beneficiarne per 12 anni. È certo che, almeno agli inizi, il contributo pubblico sia servito per spronare le cantine che seppero beneficiarne ad avviare sui mercati esteri azioni di marketing più coraggiose. Attualmente ne beneficiano cantine che hanno nel frattempo acquisito consapevolezza di quanto sia indispensabile operare sui mercati esteri per realizzare obiettivi di crescita e mettere in sicurezza i fatturati aziendali».
Da qui l’idea di cambiare il trend che si è consolidato negli anni: «La larga maggioranza delle cantine beneficiarie – aggiunge Gaja – avrebbero possibilità ormai di attingere a mezzi propri, rinunciando almeno in parte al sostegno pubblico. Si tratta allora di vedere come potrebbe essere investita parte del finanziamento pubblico, distraendola dalla ripetitiva azione di stimolo all’export a beneficio di tutti gli operatori del settore vinicolo. Proporrei di destinarla alla ricerca. Giusto per fare un esempio, orientandola alla produzione di portainnesti e varietà capaci di fronteggiare gli stress climatici; varietà atte a produrre vini Dop ed Igp che possano essere coltivate con zero-bassissimo impiego di fitofarmaci; sistemi di lotta biologica (attraverso l’impiego di parassitanti dei patogeni), metodi di contrasto all’eccessivo accumulo di zucchero nell’uva; individuazione di lieviti dal minore potere alcoligeno; metodi “puliti” di contrasto dei batteri inquinanti che possono alterare la qualità organolettica del vino»
In presenza delle problematiche causate dal cambiamento climatico, la ricerca scientifica – secondo Gaja – costituisce la risorsa alla quale attingere per ottenere soluzioni di contrasto praticabili e compatibili. La ricerca deve essere sostenuta, non va temuta. «I risultati che sarà in grado di fornire – conclude – dovranno essere disponibili per tutti, alle stesse condizioni. Ai produttori, che non intenderanno attingervi, resteranno maggiori possibilità di differenziazione dei propri vini».
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