venerdì 28 febbraio 2020

Padova deserta, commercio in crisi Ristorante Fuel: Qui tante disdette

Padova deserta, 

commercio in crisi
Ristorante Fuel: 

Qui tante disdette


Il cuoco Davide Di Rocco e il patron Antonio Greggio inquadrano la situazione in città in questi giorni di psicosi da coronavirus tracciando un bilancio negativo e auspicando un cambio di rotta dei media.

Il Veneto è una delle regioni dove il coronavirus si è diffuso maggiormente e prima di molte altre regioni. Un viaggio tra Padova e Venezia per capire cosa sta succedendo.

Prato della Valle, a Padova - Padova deserta, ristoranti in crisi Il Fuel: «Fioccano disdette»
Prato della Valle, a Padova

PADOVA
Prato della Valle, una delle più grandi e più belle piazze d'Europa con i suoi quasi 90mila mq, si impone per la sua vastità oggi più che mai in una città disertata dalla sua platea di giovani studenti, turisti e dalla gente comune, rinchiusa in casa perché  travolta da una psicosi che non ha eguali da diversi decenni.

Sia a Padova che nella zona dei Colli Euganei (vicino a Vo’, epicentro del secondo focolaio di Covid-19) molti ristoranti e locali, che solitamente traboccano di convivialità e voglia di stare insieme, questa settimana sono stati protagonisti di una sconosciuta solitudine al punto tale da obbligare diversi di loro per la prima volta alla serranda abbassata volontaria: «Non ha senso tenere aperto quando in giro non c'è nessuno». È la voce di alcuni esercenti che hanno preferito la chiusura infrasettimanale nonostante il momento abbia coinciso con la grande festa di fine carnevale. Il Ristorante Fuel ha voluto tenere aperto nonostante tutto. «È dura in questi giorni - sottolineano Davide Di Rocco e Antonio Greggio, rispettivamente cuoco e patron del ristorante - la nostra posizione privilegiata su Prato della Valle ci aiuta, ma le disdette sono fioccate con puntualità anche da noi e i costi fissi di una gestione ristorativa sono continuativi e incidenti. Speriamo quanto prima ad un ritorno alla normalità, confidando soprattutto su una informazione più corretta e soprattutto costruttiva per il bene di tutti».

VENEZIA
Stesso coro anche per Venezia: quello che non ha fatto l'acqua alta di novembre l'ha completato il coronavirus: da più parti sottolineano come all'estero arriva una informazione completamente distorta sui reali accadimenti avvenuti che genera allarmismo incontrollato e ingiustificato. Risultato? Pioggia di disdette sulle prenotazioni, soprattutto dal settore asiatico, e un visibile calo di presenze (40% secondo secondo Federturismo) che ha reso quello del 2020 il più triste carnevale di Venezia. Ed era proprio il mercato asiatico a tenere in piedi il settore del turismo, con soggiorni più lunghi rispetto ai turisti italiani che preferiscono soste brevi.

Anche Venezia sta pagando lo scotto del virus - Padova deserta, ristoranti in crisi Il Fuel: «Fioccano disdette»
Anche Venezia sta pagando lo scotto del virus

Come reagire? Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto: ecco come Giuliano Baldessari del ristorante 1 stella Michelin Aquacrua di Barbarano Vicentino ha pensato bene di portare ristoro a domicilio: «In questa situazione di caos e ansia ho pensato di non poter fare nulla di meglio che il mio lavoro. Prepariamo dei piatti da asporto, e li portiamo anche a casa di chi non può o vuole muoversi».

La situazione comunque deve virare alla normalità: nonostante questo ingiustificato allarmismo collettivo rischia di incidere in modo serio sui bilanci di attività commerciali già sfavoriti da costi di gestione sempre più penalizzanti, la voglia di contrattaccare è ben visibile. Si leccano le ferite, si contano i danni, è vero, ma bisogna reagire alle emergenze con intelligenza, lasciandosi travolgere non da psicosi collettive ma dal saper fare e dal far sapere che contraddistingue la gente veneta.
di Giulia Marruccelli
Giulia Marruccelli

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