Piadina,
da cibo povero
a Igp
La Piadina anche conosciuta come Piada |
Una delle protagoniste della cucina romagnola ha alle spalle almeno 5 secoli di storia e fa parte di una vasta famiglia di schiacciate di cereali macinati, impastati con acqua e cotti senza lievito.
La prima citazione scritta che rimanda alla piadina risale al XIV secolo, anche se tracce letterarie sono state riscontrate all’interno dell’Eneide di Virgilio. Sopravvisse fino al Medioevo, nel Rinascimento inizia a subire un declino a causa delle nuove tendenze culinarie e per molti anni rimase il semplice pasto dei contadini e di coloro che non potevano permettersi qualcosa di più e dovevano accontentarsi dei prodotti della terra.
La Piadina romagnola ha ottenuto il riconoscimento Igp nel 2014 ed è tutelata dall’omonimo Consorzio. La zona di produzione comprende il territorio amministrativo delle province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna ed alcuni comuni della provincia di Bologna. Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle tipologie Piadina Romagnola Igp (compatta, friabile e spessa) e Piadina Romagnola Igp alla Riminese (morbida, Sottile e di diametro maggiore).
La piadina tradizionale andrebbe cotta sulle teglie di Montetiffi, località sulla montagna romagnola. Purtroppo è sempre più difficile incontrarne una nei chioschi di Romagna. La teglia, chiamata anche testo, è rotonda con bordi rialzati ed è realizzata con un impasto di argille, una di colore rosso e una di colore grigio. Queste sono pezzi unici, lavorati a mano e cotti nel forno a legna. Su ognuna vi è impresso il marchio Montetiffi. Cotta su una di queste teglie, la piada acquista gusti e aromi che la rendono diversa e speciale rispetto a una cotta su un moderno piano riscaldato. Sono invece infinite le varianti per la farcitura, quella tradizionale con lo Squaquerone di Romagna Dop, formaggio vaccine a pasta molle e salumi locali.
La Piadina è anche conosciuta con il nome di Piada
Fu Giovanni Pascoli a darle dignità citandola all’inizio del Novecento in varie sue opere, definendola il pane, anzi il cibo nazionale dei romagnoli ed in seguito ne parla anche La guida Gastronimica d’Italia del Touring (1931). Senza dubbio è il pane azimo senza lievito più famoso. Una precisazione: a nord di Rimini Cesena e Ravenna si mangia la piadina, da Rimini a Cattolica invece la piada. A parte il nome, la piadina risulta più spessa della piada, per l’aggiunta di un pizzico di bicarbonato. In entrambi i casi, la piadina o piada si presenta come una sfoglia circolare e sottile a base di farina di frumento, acqua, sale e strutto.La Piadina romagnola ha ottenuto il riconoscimento Igp nel 2014 ed è tutelata dall’omonimo Consorzio. La zona di produzione comprende il territorio amministrativo delle province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna ed alcuni comuni della provincia di Bologna. Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno nelle tipologie Piadina Romagnola Igp (compatta, friabile e spessa) e Piadina Romagnola Igp alla Riminese (morbida, Sottile e di diametro maggiore).
La piadina tradizionale andrebbe cotta sulle teglie di Montetiffi, località sulla montagna romagnola. Purtroppo è sempre più difficile incontrarne una nei chioschi di Romagna. La teglia, chiamata anche testo, è rotonda con bordi rialzati ed è realizzata con un impasto di argille, una di colore rosso e una di colore grigio. Queste sono pezzi unici, lavorati a mano e cotti nel forno a legna. Su ognuna vi è impresso il marchio Montetiffi. Cotta su una di queste teglie, la piada acquista gusti e aromi che la rendono diversa e speciale rispetto a una cotta su un moderno piano riscaldato. Sono invece infinite le varianti per la farcitura, quella tradizionale con lo Squaquerone di Romagna Dop, formaggio vaccine a pasta molle e salumi locali.
di Piera Genta
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