Da Cagliari a Rimini
ognuno per sé.
Per l'estate siamo
al fai da te
Per il turismo non ci sono progetti sulla sicurezza: fra passaporto vaccinale e aree covid-free, regioni e albergatori senza regole. Grecia e Spagna danno garanzie. Cagliari viola la Costituzione e blocca l'accesso alle case dei non residenti. E intanto non sa controllare chi sbarca, non fa le vaccinazioni e ridiventa arancione
Una precisazione a scanso di equivoci. Siamo stati i primi in Italia a proporre un passaporto vaccinale e la garanzia di locali e località covid-free grazie a massicce campagne di vaccinazione. E a maggior ragione lo ribadiamo ora che la contrarietà iniziale di tanti si è trasformata via via in un flusso costante di richieste e sostegni. A oggi però la politica non ha ancora deciso cosa fare e gli stessi operatori sono divisi. Un’incertezza che mette a rischio l’indispensabile ripresa del turismo estivo che, oggi più che mai, ha bisogno di norme chiare, agevolazioni e protocolli.
Secondo un andazzo tipicamente italiano ognuno va per la sua strada e le autorità regolatorie (termine che oggi sembra coprire come una foglia di fico chi deve decidere) tacciono, in attesa di non si sa che cosa. Probabilmente un via libera europeo che però arriverà tardi, a giugno, quando i giochi saranno già fatti. Comprese le prenotazioni di italiani e stranieri.
Eppure, in altri Paesi non hanno certo aspettato la lenta burocrazia dell’Europa per muoversi. Le isole greche stanno registrando l’overbooking per l’estate. E lo stesso avviene in Spagna con le Baleari invase da prenotazioni di tedeschi e inglesi. E appena fuori dai confini comunitari c’è il caso di Israele quale novella terra promessa fuori dalla pandemia.
Da noi che si fa invece? Chiudiamo e ci rinchiudiamo mandando pessimi segnali a tutto il mondo. Ancora una volta a guidare questo carro della schizofrenia è la Regione Sardegna che, dopo avere avviato una strategia di controllo degli accessi, ha fatto i conti con l’incapacità di gestirla, come già successo l’anno scorso. Dopo aver stabilito che per sbarcare sull’isola occorre essere vaccinati o essere negativi ai test, la giunta regionale si è infatti precipitata a sbarrare ogni accesso dopo aver accertato di non riuscire a controllare chi arriva.
Pur in un periodo con gli spostamenti al minimo storico, la Sardegna non è assolutamente in grado di controllare gli sbarchi dai traghetti. E figuriamoci cosa potrebbe succedere d’estate con movimenti dieci volte più numerosi e con in più tutti i porti turistici aperti, dove già l’anno scorso non era stato fatto alcun controllo scatenando poi i picchi di contagi in Costa Smeralda.
La giunta regionale di Christian Solinas ha così deciso di impedire ai proprietari di seconde case che non vivono in Sardegna di raggiungere le loro abitazioni, pur essendo in una regione in zona bianca al momento della decisione e quindi senza divieto di accesso. Una scelta discutibile sul piano costituzionale e che si spera venga al più presto impugnata da Governo per evitare un fai da te anarchico delle diverse regioni. La scelta di Cagliari apre fra l’altro la strada ad una serie di valutazioni sull’inaffidabilità della Regione che, guarda caso, pur avendo in quel momento il vantaggio di essere come detto l’unica in zona bianca, è anche l’ultima in Italia per le vaccinazioni effettuate in rapporto alla popolazione. E questo alla lunga rischia di vanificare il pur lodevole obiettivo di Solinas di fare dell’isola la più grande zona covid-free d’Europa. E alla fine si scopre che quello Solinas e dei suoi assessori era solo un bluff, visto che in pochi giorni da bianca la Sardegna è precipitatata ad arancione. quasi a comferma che nell'isola non è possibile controllare nulla. Altro che aprire ai ristoranti, illudendoli, fino alle 23!
Ma il caso Sardegna è solo uno dei tanti esempi di incoerenza e piccola furbizia dell’Italia. Gli albergatori sono ad esempio divisi a livello territoriale proprio sul tema green pass. In penisola sorrentina si lavora ad esempio per avere tamponi per ospiti e personale, così da prefigurare un’area quasi covid-free, mentre i colleghi di Rimini bocciano ogni ipotesi di passaporto covid. Costanzo Iaccarino, presidente di Federalberghi Penisola Sorrentina, è più che chiaro: «Eleviamo gli standard di sicurezza delle nostre strutture e rispondiamo alle sollecitazioni in tal senso rivolteci dai tour operator. Il progetto consentirà di proteggere ulteriormente gli alberghi dalla diffusione del Covid-19 e di offrire ai viaggiatori una vacanza al riparo dai timori legati al virus. Così la penisola sorrentina si rilancia come modello di ospitalità italiana».
Nettamente contraria al passaporto vaccinale è invece Fabrizia Rinaldis, presidente di Federalberghi di Rimini (il più grande polo di hotel in Italia), per la quale sarebbe «una grande discriminazione e potrebbe fortemente limitare le prenotazioni che già si annunciano inferiore agli standard di prima della pandemia. Aumenteremo i nostri livelli di sicurezza e piuttosto cercheremo di diventare una località covid-free».
A bollini per alberghi “sicuri” e a certificati covid-free lavorano invece la Regione Lazio e il Comune di Roma, che puntano anche a protocolli specifici con albergatori e ristoratori. E questo per tentare di riattivare un comparto che l’anno scorso è crollato di oltre il 70% del suo fatturato. Il tutto però anche qui con incertezza perché sia il Governatore Zingaretti, sia la Sindaca Raggi preferiscono aspettare che la Commissione europea approvi le regole della green card... ma a quel punto potrebbe essere troppo tardi anche per Roma.
Secondo un andazzo tipicamente italiano ognuno va per la sua strada e le autorità regolatorie (termine che oggi sembra coprire come una foglia di fico chi deve decidere) tacciono, in attesa di non si sa che cosa. Probabilmente un via libera europeo che però arriverà tardi, a giugno, quando i giochi saranno già fatti. Comprese le prenotazioni di italiani e stranieri.
Eppure, in altri Paesi non hanno certo aspettato la lenta burocrazia dell’Europa per muoversi. Le isole greche stanno registrando l’overbooking per l’estate. E lo stesso avviene in Spagna con le Baleari invase da prenotazioni di tedeschi e inglesi. E appena fuori dai confini comunitari c’è il caso di Israele quale novella terra promessa fuori dalla pandemia.
Da noi che si fa invece? Chiudiamo e ci rinchiudiamo mandando pessimi segnali a tutto il mondo. Ancora una volta a guidare questo carro della schizofrenia è la Regione Sardegna che, dopo avere avviato una strategia di controllo degli accessi, ha fatto i conti con l’incapacità di gestirla, come già successo l’anno scorso. Dopo aver stabilito che per sbarcare sull’isola occorre essere vaccinati o essere negativi ai test, la giunta regionale si è infatti precipitata a sbarrare ogni accesso dopo aver accertato di non riuscire a controllare chi arriva.
Pur in un periodo con gli spostamenti al minimo storico, la Sardegna non è assolutamente in grado di controllare gli sbarchi dai traghetti. E figuriamoci cosa potrebbe succedere d’estate con movimenti dieci volte più numerosi e con in più tutti i porti turistici aperti, dove già l’anno scorso non era stato fatto alcun controllo scatenando poi i picchi di contagi in Costa Smeralda.
La giunta regionale di Christian Solinas ha così deciso di impedire ai proprietari di seconde case che non vivono in Sardegna di raggiungere le loro abitazioni, pur essendo in una regione in zona bianca al momento della decisione e quindi senza divieto di accesso. Una scelta discutibile sul piano costituzionale e che si spera venga al più presto impugnata da Governo per evitare un fai da te anarchico delle diverse regioni. La scelta di Cagliari apre fra l’altro la strada ad una serie di valutazioni sull’inaffidabilità della Regione che, guarda caso, pur avendo in quel momento il vantaggio di essere come detto l’unica in zona bianca, è anche l’ultima in Italia per le vaccinazioni effettuate in rapporto alla popolazione. E questo alla lunga rischia di vanificare il pur lodevole obiettivo di Solinas di fare dell’isola la più grande zona covid-free d’Europa. E alla fine si scopre che quello Solinas e dei suoi assessori era solo un bluff, visto che in pochi giorni da bianca la Sardegna è precipitatata ad arancione. quasi a comferma che nell'isola non è possibile controllare nulla. Altro che aprire ai ristoranti, illudendoli, fino alle 23!
Ma il caso Sardegna è solo uno dei tanti esempi di incoerenza e piccola furbizia dell’Italia. Gli albergatori sono ad esempio divisi a livello territoriale proprio sul tema green pass. In penisola sorrentina si lavora ad esempio per avere tamponi per ospiti e personale, così da prefigurare un’area quasi covid-free, mentre i colleghi di Rimini bocciano ogni ipotesi di passaporto covid. Costanzo Iaccarino, presidente di Federalberghi Penisola Sorrentina, è più che chiaro: «Eleviamo gli standard di sicurezza delle nostre strutture e rispondiamo alle sollecitazioni in tal senso rivolteci dai tour operator. Il progetto consentirà di proteggere ulteriormente gli alberghi dalla diffusione del Covid-19 e di offrire ai viaggiatori una vacanza al riparo dai timori legati al virus. Così la penisola sorrentina si rilancia come modello di ospitalità italiana».
Nettamente contraria al passaporto vaccinale è invece Fabrizia Rinaldis, presidente di Federalberghi di Rimini (il più grande polo di hotel in Italia), per la quale sarebbe «una grande discriminazione e potrebbe fortemente limitare le prenotazioni che già si annunciano inferiore agli standard di prima della pandemia. Aumenteremo i nostri livelli di sicurezza e piuttosto cercheremo di diventare una località covid-free».
A bollini per alberghi “sicuri” e a certificati covid-free lavorano invece la Regione Lazio e il Comune di Roma, che puntano anche a protocolli specifici con albergatori e ristoratori. E questo per tentare di riattivare un comparto che l’anno scorso è crollato di oltre il 70% del suo fatturato. Il tutto però anche qui con incertezza perché sia il Governatore Zingaretti, sia la Sindaca Raggi preferiscono aspettare che la Commissione europea approvi le regole della green card... ma a quel punto potrebbe essere troppo tardi anche per Roma.
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di Alberto Lupini
direttore
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