domenica 6 gennaio 2019

Sclerosi multipla e osteoporosi Scoperto un legame tra le due patologie

Sclerosi multipla 

e osteoporosi
Scoperto un legame 

tra le due patologie


Dagli ultimi studi è stata confermata una maggior incidenza di fratture rispetto a soggetti di pari età. L’annuncio a Pisa, nel corso del 17° congresso nazionale della Società italiana di riabilitazione neurologica. 

È stato annunciato a Pisa, nel corso del 17° congresso della Società italiana di riabilitazione neurologica (Sirn), il legame, finora solo ipotizzato, tra sclerosi multipla e osteoporosi. Dagli ultimi studi, infatti, è stata confermata una maggior incidenza di fratture, specie agli arti inferiori, rispetto a soggetti di pari età. Questo fatto non è legato solo al maggior rischio di caduta, secondario alle problematiche neurologiche, ma anche a una netta riduzione della massa ossea, un’osteoporosi vera e propria.

Sclerosi multipla e osteoporosi Scoperto un legame tra le due patologie

«Ciò pare dipendere dalla riduzione sostanziale dell'attività fisica, dalla ridotta concentrazione nel sangue di vitamina D e, molto probabilmente, anche da fattori neuro-infiammatori che inducono un aumento della degradazione dell’osso. Ne consegue la necessità di prendere in considerazione il rischio osteoporosi in tutti i pazienti con sclerosi multipla, anche se giovani e in discrete condizioni neurologiche, e, nel caso, di impostare un idoneo trattamento», ha dichiarato Carlo Cisari, incoming president di Sirn.

In tutto il mondo sono circa 2,5 milioni le persone che soffrono di sclerosi multipla, delle quali circa 600mila in Europa. In Italia, in particolare, si contano 180 casi ogni 100mila abitanti. La malattia esordisce prevalentemente nei giovani adulti (20-40 anni) nei quali rappresenta, dopo i traumi cranio-spinali da incidenti stradali, la patologia neurologica invalidante più frequente.

«Negli ultimi anni - ha sottolineato Maria Grazia Grasso, direttore Neuroriabilitazione 5 presso la Fondazione Santa Lucia di Roma - è stato possibile anticipare notevolmente la diagnosi e aumentare così l’aspettativa di vita dei pazienti, ma diversi studi hanno anche evidenziato, da 20 anni a questa parte, un aumento della prevalenza della malattia. Difficile dire cosa avverrà in futuro, perché al momento non è possibile intervenire sulla causa della malattia, non ancora chiaramente identificata».

Nessun commento:

Posta un commento